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lunedì 17/02/2025 • 06:00

Caso Risolto ONERE DELLA PROVA

Lavoro durante l’infortunio o la malattia: rilievi disciplinari

Lo svolgimento di attività lavorative durante la malattia o l'infortunio non può dare necessariamente luogo a una condotta disciplinarmente rilevante. Affinché detto rilievo possa sussistere è necessario che il datore di lavoro fornisca la prova dei fatti e dell'incompatibilità della condotta del lavoratore con la sua guarigione.

di Marcella De Trizio - Avvocato - Studio ArlatiGhislandi

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  • Tempo di lettura 6 min.
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L'azienda Alfa svolge attività di produzione di lenti oftalmiche ed applica ai propri dipendenti il CCNL di settore.

Il sig. Mario Rossi, assunto dall'azienda con le mansioni di operaio addetto alla pulizia delle lenti, risultava assente per infortunio. Il sinistro veniva generato da una caduta del dipendente che gli aveva procurato una distorsione di due dita della mano.

Attraverso le testimonianze raccolte da altri dipendenti, l'azienda veniva a conoscenza del fatto che, a pochi giorni dalla fine del periodo di diagnosticata inabilità, durante l'assenza, il dipendente aveva svolto attività lavorativa nel ristorante di sua proprietà.

Nel corso dell'attività lavorativa risultava anche che il dipendente usasse la mano infortunata frequentemente per attività leggere (come fumare, impiegare il telefono cellulare per attività di risposta alle chiamate e scrittura sullo stesso, salutare con la mano destra stringendo la mano dell'interlocutore, mantenere documenti etc,).

Occasionalmente, il lavoratore veniva visto anche utilizzare la mano in questione  per attività lavorative più pesanti (come aprire e chiudere la porta del locale, sollevare sedie in plastica, anche con pezzi sovrapposti impilabili, sollevare tavoli, portare zaini e pacchi, aprire e chiudere la tenda parasole, aprire e chiudere la serranda del locale, caricare e scaricare masserizie dall'autovettura).

Pochi giorni prima dei fatti l'INAIL aveva confermato la totale e assoluta inabilità del dipendente. Ciò era confermato anche dalle dichiarazioni rese dallo stesso lavoratore che precisava di poter attendere solo ad attività di minimo utilizzo dell'arto infortunato.

L'azienda vorrebbe conoscere se detta condotta è passibile di licenziamento per giusta causa.

Quadro normativo

Preliminarmente occorre chiarire che i principi in materia espressi dalla Giurisprudenza in materia di lavoro durante i periodi di assenza per malattia siano gli stessi applicabili nelle ipotesi di infortunio.

Per costante giurisprudenza prima di procedere al licenziamento di un lavoratore per condotte irregolari legate allo svolgimento di attività lavorativa durante la malattia il datore di lavoro é onerato di provare i fatti posti a fondamento della sanzione disciplinare. In particolare dovrebbe essere in grado di verificare se:

a) l'attività svolta dal dipendente è tale da mettere a rischio la sua piena guarigione e, quindi, compromettere l'interesse di esso datore;

b) se la condotta è incompatibile con lo stato di malattia del lavoratore;

Invero, per costante giurisprudenza (ex multis Corte di Cassazione 4 settembre 2024 n. 23747), in caso di licenziamento disciplinare per lo svolgimento di altra attività durante l'assenza per malattia, il datore di lavoro ha l'onere di dimostrare che tale attività sia idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione del dipendente o che la malattia sia simulata.

In assenza della suddetta prova, il licenziamento irrogato è illegittimo per "insussistenza del fatto contestato", con applicazione della tutela reintegratoria.

LA SOLUZIONE

Nel caso che ci occupa, non si ritiene opportuno procedere con un licenziamento per giusta causa, stante la circostanza che il datore di lavoro dovrebbe essere in grado, in un eventuale giudizio, di provare i fatti posti a fondamento della contestazione e stante, altresì, l'assenza di prove certe a riguardo.

In particolare, la condotta del lavoratore sarebbe affidata unicamente alle dichiarazioni di testimoni che potrebbero rivelarsi (così come già appaiono) generiche con riferimento alle circostanze spazio-temporali.

Ardua apparirebbe, inoltre, la prova dell'incompatibilità della condotta del dipendente con la guarigione.

Di fatto le attività più leggere sopra descritte non apparirebbero incompatibili con la guarigione di una distorsione. Le attività più pesanti, invece, sembrerebbero essere state svolte in via del tutto occasionale. 

Sarebbe, quindi, molto ampia la discrezionalità del giudice nel valutare quest'ultima circostanza e, conseguentemente, molto ampia l'alea del giudizio.

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Paolo Patrizio

- Avvocato - Professore - Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite

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