lunedì 17/02/2025 • 06:00
Il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie ha affrontato la questione della legittimità della clausola di riscatto convenzionale nell'ipotesi in cui il socio si rifiuti irragionevolmente di approvare un progetto di scissione risolutiva di uno stallo decisionale.
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I dissidi fra i soci sono un evento comune durante la vita di una società e possono essere alimentati da una molteplicità di ragioni e fattori.
In tale contesto, si può verificare non solo la contrapposizione fra soci di maggioranza e minoranza, ma anche una vera e propria situazione di “stallo decisionale” (il cd. “deadlock”), nella quale, proprio a causa del dissenso fra i soci o del loro disinteresse, non si raggiungono le maggioranze necessarie per prendere decisioni cruciali.
È evidente come tale situazione determini un turbamento nell'attività della società, motivo per cui il nostro ordinamento prevede una serie di strumenti atti a risolvere lo stallo generatosi fra cui la scissione societaria, regolata dagli artt. 2506 e ss., c.c., operazione straordinaria che permette di scorporare una parte del patrimonio sociale a favore di un'altra società, già costituita o di nuova costituzione.
Nello specifico, uno strumento per risolvere una situazione di stallo decisionale è quello della scissione societaria asimmetrica prevista dall'art. 2506 c. 2 secondo periodo c.c., con cui vengono attribuite a ciascun gruppo dei soci opposti esclusivamente le partecipazioni in una società ad essi dedicata.
Tale strumento consente quindi di risolvere lo stallo decisionale, con superamento dei conflitti tra i soci, evitando la liquidazione anticipata della società.
L'art. 2506 c. 2 secondo periodo c.c, norma imperativa e inderogabile, precisa altresì che la scissione asimmetrica è ammessa solo con il consenso di tutti i soci.
Ci si è dunque interrogati su cosa accada nel caso in cui il socio si rifiuti irragionevolmente di approvare un progetto di scissione asimmetrica predisposto dagli amministratori ai sensi dell'art. 2506 c. 2 secondo periodo c.c per risolvere una situazione di stallo decisionale.
Occorre infatti tener presente che la predisposizione di un progetto di scissione è un atto gestorio di competenza esclusiva degli amministratori e non può essere a questi ultimi imposto dallo statuto.
Quanto precede osta alla formulazione di clausole statutarie che obblighino gli amministratori a predisporre un progetto di scissione asimmetrica in ipotesi di stallo e ai soci ad approvarlo. Non si ravvede neppure la possibilità di realizzare la scissione senza l'intervento degli amministratori o l'approvazione unanime dei soci in quanto tale soluzione si porrebbe in contrasto con quanto previsto dalla normativa in esame.
Ci si è quindi chiesti se sia legittima o meno una clausola statutaria che preveda che le azioni siano riscattabili, dalla società o dagli altri soci, ai sensi dell'art. 2437 sexies c.c., qualora il socio titolare di tali azioni si rifiuti irragionevolmente di approvare un progetto di scissione asimmetrica predisposto dagli amministratori ai sensi dell'art. 2506 c. 2 secondo periodo c.c, al dichiarato fine di risolvere un conclamato stallo decisionale dell'assemblea dei soci.
Sulla questione è recentemente intervenuto il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie che con la massima 10/24 ha ritenuto legittima la predetta clausola statutaria.
Nella propria motivazione, il Comitato ha rilevato che laddove gli amministratori, nell'esercizio dei loro poteri gestori, siano in grado di formulare con diligenza e indipendenza un progetto di scissione asimmetrica risolutiva di uno stallo, sia corretto ritenere che, in assenza di un ragionevole interesse di uno o più soci ad opporsi all'approvazione di tale progetto, il loro eventuale voto contrario - da considerarsi sempre legittimo salva l'ipotesi teorica dell'eccesso di potere - possa integrare una causa di riscatto delle loro azioni.
A detta del Comitato, infatti, il riscatto non comporterebbe alcuna alterazione dei diritti sostanziali del socio dissenziente, facendo sorgere il suo diritto ad essere liquidato e dunque portando ad un risultato uguale a quello dello stallo irrisolto, ossia la cessazione del suo investimento secondo quanto previsto dall'art. 2484 c. 1 num. 3) c.c. che così dispone: “Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono […] 3) per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea”.
Inoltre nelle s.p.a. è prevista l'introduzione di clausole statutarie, fra cui quella di riscatto, che abbiano quale obiettivo quello di contrastare e risolvere eventuali condotte del socio ritenute lesive dell'interesse della società.
Si è altresì rilevato come l'art. 2437-sexies c.c., in materia di s.p.a., non imponga che il riscatto sia assistito da “giusta causa” o legato a situazioni specifiche oggettive e predeterminate.
Pertanto, potendo i soci determinare liberamente il contenuto della clausola di riscatto convenzionale, nella motivazione di cui alla massima in commento il Comitato ha rilevato come sia possibile prevedere che le azioni siano riscattabili al verificarsi di una specifica causa consistente in una condotta riferibile al socio.
Si è quindi ritenuto che nello statuto possa essere prevista una clausola che consenta di estromettere il socio quale titolare di azioni riscattabili. La clausola di riscattabilità potrà riguardare solo alcune azioni in circolazione o tutte le azioni emesse, al verificarsi di un determinato evento.
La clausola di riscattabilità relativa a tutte le azioni emesse potrà essere introdotta attraverso una deliberazione dell'assemblea straordinaria con le maggioranze previste per le modifiche statutarie, mentre laddove la stessa si riferisca solo ad una parte delle azioni, dovrà farsi riferimento a quanto previsto in tema di creazione di speciali categorie di azioni e alla conversione forzosa di azioni già in circolazione in azioni di diversa categoria.
Il prezzo di acquisto delle azioni riscattabili andrà inoltre ancorato al valore reale delle stesse, tenuto conto di quanto previsto dal richiamo operato dall'art. 2437-sexies c.c. agli art. 2437-ter e 2437-quater c.c. in tema di recesso, in quanto compatibili.
In altre parole, il socio che si rifiuti irragionevolmente di approvare un progetto di scissione asimmetrica predisposto dagli amministratori ai sensi dell'art. 2506, comma 2, secondo periodo, c.c., al dichiarato fine di risolvere un conclamato stallo decisionale dell'assemblea dei soci, potrà essere escluso forzosamente in forza di una clausola di riscattabilità e liquidato secondo il valore reale ascrivibile alle proprie azioni.
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