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venerdì 07/02/2025 • 06:00

Impresa Dalla STAMPA SPECIALIZZATA

Verifiche antiriciclaggio: valenza delle regole tecniche secondo la GdF

Secondo la Guardia di Finanza, in tema di antiriciclaggio, le Regole tecniche devono essere intese come strumenti di concreto ausilio per i professionisti, ma non possono determinare esclusioni a priori sulla sussistenza di rischio e, conseguentemente, di eventuali responsabilità.

di Piercarlo Felice - Avvocato, consulente AML/231/Privacy

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  • Tempo di lettura 5 min.
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La Guardia di Finanza, in occasione di un incontro con la stampa specializzata, ha risposto ad alcuni quesiti in materia di antiriciclaggio, focalizzandosi sulla valenza giuridica delle regole tecniche.

In un primo quesito si interpellava la GdF sull’opponibilità, agli accertatori in sede di ispezione e verifica antiriciclaggio, delle regole tecniche antiriciclaggio emanate dalle autorità per i soggetti vigilati e dagli organismi di autoregolamentazione per i professionisti. Secondo la GdF, le regole tecniche, emanate ai sensi dell’art. 11 c. 2 del Decreto Antiriciclaggio, rappresentano uno strumento fondamentale per supportare i soggetti obbligati nella corretta applicazione degli adempimenti previsti dalla normativa in esame. Le regole tecniche sono finalizzate a fornire indicazioni operative utili per l'analisi e la valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo in relazione a specifiche prestazioni professionali e rapporti continuativi. Il principio dell’approccio basato sul rischio, che impone una valutazione ponderata e proporzionata a seconda della natura e della complessità delle operazioni svolte, deve guidare i soggetti obbligati nell’adempimento di quanto normativamente previsto. In sede di ispezioni e controlli antiriciclaggio, in base a quanto sottolineato dalla GdF, rilevano le regole tecniche elaborate sia dalle Autorità di vigilanza per i soggetti sottoposti a supervisione, sia dagli Organismi di autoregolamentazione per i professionisti, ma le stesse non sono opponibili tout court. A fondamento della tesi espressa è stato enfatizzato il principio secondo cui la normativa vigente esclude la possibilità di predeterminare in modo rigido e automatico categorie di operazioni o situazioni in cui possa essere presunta, asetticamente, l’assenza di rischio di riciclaggio. La GdF ha, poi, evidenziato, con un passaggio estratto dalle regole tecniche, che “la rilevazione del rischio si pone a valle di un processo di valutazione più ampio che, seppur non necessariamente formalizzato, deve essere sempre svolto dal professionista per ciascun caso concreto”. Da ciò discende che, seppur la normativa non imponga necessariamente una formalizzazione scritta di tale valutazione, è fondamentale che il professionista effettui, costantemente, un’analisi puntuale con riferimento a ciascun cliente e a ciascuna prestazione professionale. In virtù di quanto premesso si può evincere che le regole tecniche devono essere intese come strumenti di concreto ausilio per i professionisti, che richiedono un approccio critico e consapevole, non potendo determinare esclusioni a priori sulla sussistenza di rischio e, conseguentemente, di eventuali responsabilità.

Relativamente alle violazioni per mancata adeguata verifica e mancata conservazione, è stato chiesto alla GdF se sia possibile configurare il c.d. assorbimento, per cui contestare, esclusivamente, la mancata adeguata verifica.

I militari della GdF, sul punto, hanno chiarito che nell’ambito dell’applicazione delle sanzioni previste dal c.d. Decreto Antiriciclaggio non è possibile irrogare congiuntamente la sanzione di cui all’art. 57 (inosservanza degli obblighi di conservazione di documenti, dati e informazioni) e quella prevista dall’art. 56 (inosservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela) quando la violazione degli obblighi di conservazione riguarda la stessa documentazione per cui si contesta l’omessa adeguata verifica.

Pur essendo astrattamente configurabile, in queste ipotesi, la violazione degli obblighi di conservazione, la stessa viene considerata assorbita dalla contestazione relativa alla mancata adeguata verifica della clientela.

Al fine di esplicare al meglio la fattispecie è stato citato il caso in cui un soggetto obbligato omette di acquisire un documento identificativo necessario per l’adeguata verifica del cliente: in tale ipotesi, non potrà contestarsi anche la violazione dell’obbligo di conservazione in relazione a quel documento, non essendo lo stesso mai stato acquisito. Da ciò discende la constatazione per cui la mancanza del documento rientra, esclusivamente, nella sanzione per omessa adeguata verifica, senza che possa concretizzarsi una violazione autonoma dell’obbligo di conservazione.

La coesistenza delle violazioni, con ipotesi sanzionatorie distinte, può invece verificarsi nel caso in cui gli elementi presi in considerazione per la contestazione non coincidano: il soggetto obbligato ha correttamente acquisito il documento identificativo del cliente, ma non lo ha successivamente conservato secondo le modalità previste dalla normativa, allora potrà essere sanzionato sia per l’inosservanza degli obblighi di conservazione sia per eventuali altre carenze nella procedura di adeguata verifica.

Sarebbe stato interessante anche un focus su altri aspetti specifici in ambito di conservazione, ad esempio con riferimento all'identificazione del titolare effettivo, per cui le regole tecniche precisano che il professionista non è tenuto ad acquisire copia del documento identificativo dello stesso, analogamente a quanto già previsto dalle Regole Tecniche dei notai, ma contrariamente alle indicazioni generalmente fornite dalla Guardia di Finanza…

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