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lunedì 13/01/2025 • 06:00

Caso Risolto OPERAZIONI SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI

Frodi IVA: la regolarità contabile non prova la diligenza del contribuente

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, il contribuente deve uniformarsi a standard di diligenza assai rigorosi, adottando le misure che si possono richiedere a un operatore commerciale accorto. Pertanto, per assolvere al proprio onere probatorio, non potrà dimostrare la semplice regolarità contabile.

di Matteo Dellapina - Avvocato, Cultore in Diritto Tributario presso l’Università di Pavia

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  • Tempo di lettura 1 min.
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Operazioni soggettivamente inesistenti: il percorso probatorio

Il contribuente deve essere consapevole di aver partecipato ad una frode IVA commessa a monte? La risposta alla domanda richiede di seguire il percorso che la Cassazione, grazie ad approdi ben nitidi tracciati dalla CGUE, ha seguito negli anni passati e fino alle recenti pronunce, arrivando così a delineare in primis quali sono gli oneri probatori spettanti anzitutto al fisco che, se assolti, faranno ricadere poi il peso sul contribuente.

Anzitutto, occorre rammentare che, in relazione alla valutazione dei fatti noti adotti dall'Ufficio (cd. elementi indiziari), secondo cui spetti al giudice di merito apprezzarne l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, i quali vanno valutati sia analiticamente (dando un adeguato peso ponderale a ciascun elemento), sia sinteticamente nella loro globalità, valutando se la combinazione di tali elementi sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (Cass. 19353/2020; 26802/2020).

Quindi dovrà essere effettuata una valutazione degli indizi, in termini globali, in modo che i vari elementi adotti consentano al giudice di merito di cogliere ma anche di apprezzare il quadro complessivo, ossia il framework, che l'Amministrazione finanziaria ha inteso dare al coacervo degli stessi, al fine di trarre la presunzione del fatto ignoto, quale la consapevolezza di partecipare ad una frode IVA (Cass. 22003/2020).

Con particolare riferimento all'oggetto della prova (il fatto ignoto), ove il fisco contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti ai fini del disconoscimento della detrazione dell'IVA a monte da parte del contribuente, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione IVA.

Ciò comporta che incombe all'Amministrazione dimostrare che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a tale onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta a evadere l'IVA, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass. 19387/2021; 20648/2021; 22969/2021).

Questi principi sono conformi al diritto dell'Unione, secondo cui l'evasione tributaria ai fini IVA si configura anche nel caso in cui un soggetto passivo avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l'operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un'operazione che si iscriveva in un'evasione dell'IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (CGUE, Litdana, C-624/15; Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti, C-131/13, C-163/13 e C-164/13; Bonik, C-285/11; Mecsek-Gabona, C-273/11; Mahagében e David, C-80/11 e C/142/11; Kittel e Recolta Recycling, C- 439/04 e C-440/04).

Prove stringenti per il contribuente?

Alla fine la posizione del contribuente risulta ben imbrigliata siccome dovrà conformarsi a standard di diligenza rigorosi, ritenendosi esigibile in capo a costui l'adozione di tutte le misure che si possano richiedere a un accorto operatore commerciale al fine di assicurarsi che l'operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Bakati Plus, C-656/19; Unitel, C-653/18; Vin, C-275/18; Cartrans Spedition, C-495/17).

Sarà pertanto irrilevante, ai fini dell'assolvimento dell'onere probatorio, l'aver tenuto la contabilità regolarmente, come anche aver effettivamente eseguito le prestazioni ed in relativi pagamenti, posto che oggetto della prova richiesta al fisco (e della conseguente prova contraria del contribuente) è una frode commessa a monte della catena distributiva e non dal contribuente (Cass. 9851/2018; 27566/2018).

Recentemente la CGUE (Dranken Van Eetvelde NV, C-331/23) ha ritenuto che sussista una responsabilità in solido oggettiva di un soggetto passivo diverso da quello che sarebbe di norma debitore, senza tuttavia che il giudice competente possa esercitare un potere di valutazione in funzione della partecipazione delle diverse persone coinvolte in una frode fiscale, purché tale soggetto abbia la possibilità di dimostrare di aver adottato ogni misura che può essergli ragionevolmente richiesta per garantire che le operazioni da esso realizzate non facessero parte di tale frode.

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