martedì 03/12/2024 • 06:00
La Cassazione, con ordinanza 14 novembre 2024 n. 29391, fornisce una nuova (e non condivisibile, a parere dell'autore) definizione di presupposto per l'invio della segnalazione di operazioni sospette: l'idoneità delle operazioni a eludere le disposizioni dirette a prevenire e punire l'attività di riciclaggio.
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La Corte di Cassazione Civile è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso - promosso dagli incolpati della violazione di omessa segnalazione di operazione sospetta - per la riforma della sentenza della Corte d'Appello di Roma che confermava, a sua volta, il provvedimento con cui il giudice di prime cure ha rigettato l'opposizione a decreto sanzionatorio.
La Corte d'Appello, per quel che concerne i profili di merito della vicenda, aveva riconosciuto piena rilevanza alla “valutazione globale delle condotte del cliente sulla base di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi conosciuti in ragione delle funzioni esercitate”, nell'ambito della verifica sulla compatibilità delle operazioni realizzate con la conoscenza che il soggetto obbligato deve possedere del proprio cliente, dell'operatività e dello score di rischio di riciclaggio associato al medesimo.
Mette conto rilevare che l'impianto difensivo dei due gradi di giudizio precedenti sembra basarsi, tra l'altro, sulla considerazione che l'assolvimento degli obblighi di identificazione, unito al ricorso agli indicatori di anomalia per i gestori delle sale da gioco (il soggetto giuridico incolpato è un casinò) avrebbe escluso l'insorgenza di sospetto su un determinato cliente che avrebbe avuto rapporti con il casinò esclusivamente legati al gioco e privi di finalità di riciclaggio.
Secondo la Corte d'Appello, che il gioco possa essere uno strumento di riciclaggio ex se costituisce un assunto tale da potersi prescindere addirittura dall'accertamento successivo della provenienza delittuosa della provvista effettivamente riciclata.
Valga, quanto alle modalità di reimpiego, l'esemplificazione delle anomalie riportate dall'allegato 1 al D.M. 17.2.2011, dedicato appunto alle sale da gioco e richiamate nella fattispecie de qua: “acquisto di gettoni cui non segua la partecipazione al gioco oppure segua la partecipazione, anche da parte di più soggetti, in misura ridotta; richiesta di emissione di un certificato o assegno di vincita a nome di soggetto terzo non legato da rapporti personali; acquisto, anche ripetuto, di rilevante quantitativo di gettoni senza partecipazione al gioco o con partecipazione molto ridotta e successiva richiesta di conversione dei gettoni in assegno”.
Anomalo, nella ricostruzione che la Corte Suprema esegue del fatto sulla scorta delle argomentazioni offerte dalla sentenza della Corte d'Appello, è risultato l'“intero comportamento […] protrattosi nel tempo con un volume di giocate altissimo, dell'utilizzo di mezzi di pagamento che avrebbe dovuto indurre il Casinò ad un adeguato approfondimento se non ad una immediata segnalazione data la funzione di prevenzione ad esso demandata”.
L'analisi dell'ordinanza
In via preliminare e sotto il profilo metodologico, l'interesse suscitato dall'ordinanza in commento non è legato tanto al fatto contestato o alle caratteristiche soggettive ed operative degli incolpati quanto ad alcuni principi e/o valutazioni espressi nella parte motiva del provvedimento nella misura in cui sembrano non del tutto allineati alla ratio che informa l'art. 35 del D.Lgs. n. 231/2007.
Per quanto l'arresto giurisprudenziale vada inquadrato ratione temporis, la Corte Suprema sembra non voler tenere in debito conto che il processo valutativo, funzionale all'invio di una segnalazione di operazione sospetta, si basa sull'insorgenza anche dei soli ragionevoli motivi di sospetto circa l'esecuzione in corso, il tentativo o l'avvenuto compimento di un'operazione di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
La Corte di Cassazione, al riguardo, prima ribadisce che “l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette nasce dall'operazione e non richiede che si abbia la certezza del compimento di un reato a monte e della finalità di riciclaggio dell'operazione”, affermazione coerente con l'impossibilità ontologica di assimilare i soggetti obbligati, per attività e ruolo, agli organi di polizia giudiziaria o alla magistratura inquirente.
Tuttavia, a valle di tale principio, l'ordinanza in commento chiarisce che “in tema di disciplina antiriciclaggio, l'obbligo di segnalazione […] di operazioni che potrebbero provenire da taluno dei reati di cui all'art. 648-bis c.p.[…] non è subordinato all'evidenziazione dalle indagini preliminari dell'operatore e degli intermediari di un quadro indiziario di riciclaggio, e neppure all'esclusione, in base al loro personale convincimento, dell'estraneità delle operazioni ad un'azione delittuosa, ma ad un giudizio obiettivo sull' idoneità di esse ad eludere le disposizioni dirette a prevenire e punire l'attività di riciclaggio (Sez. 2, Ordinanza n. 11440 del 29/04/2024, Rv. 671033 - 01)”.
La disamina può quindi interessare due parti distinte. Una prima che, come già detto, esclude correttamente l'accertamento del fatto penalmente rilevante come sicura condotta da ricomprendere nell'ambito applicativo dell'art. 648bis c.p. ai fini dell'invio di una segnalazione. La seconda parte, in cui la Corte fa riferimento al giudizio obiettivo sull'idoneità delle condotte ad eludere disposizioni del D.Lgs. n. 231/2007, sembra innanzitutto in contrasto col processo valutativo di tipo soggettivo che l'art. 35 affida al responsabile per l'invio delle segnalazioni di operazioni sospette. Un conto è oggettivizzare i parametri di valutazione (attività cui apprezzabilmente invita il Provvedimento UIF del 12.5.24) per un'analisi volta non già alla conferma del sospetto quanto all'impossibilità di escluderlo, proprio in forza della conoscenza che il soggetto obbligato ha del cliente.
Del resto, non è dato capire come l'idoneità richiamata debba essere valutata: se fosse da intendere in concreto, si finirebbe con eseguire una valutazione così vicina all'accertamento ex post del fatto penalmente rilevante tale da richiedere ai destinatari del D.Lgs. 231/2007 uno sforzo non compatibile con i mezzi e gli strumenti a loro disposizione.
Se invece l'idoneità fosse da considerare in astratto, si rischierebbe un'aberrazione tale da ritenere atte ad eludere le disposizioni in materia di contrasto al riciclaggio un numero imprecisato di condotte con il conseguente proliferare di segnalazioni evidentemente infondate che proprio l'UIF, anche attraverso i nuovi indicatori di anomalia, non ha intenzione di gestire, se non in pregiudizio della concreta (stavolta sì) attivazione della fase di repressione.
Fonte:
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