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martedì 12/11/2024 • 06:00

Lavoro CCNL E PRESTAZIONE LAVORATIVA

Trasferta e tempi di viaggio per raggiungere la sede di lavoro

I principi giuridici generali prevedono che il tempo di viaggio per recarsi in trasferta non rientri nella nozione di orario di lavoro. Due però le possibili deroghe: l'intervento della contrattazione collettiva, ovvero il caso in cui le ore viaggio siano “funzionali” alla prestazione lavorativa.

di Marco Micaroni - Responsabile Relazioni Industriali di Autostrade per l'Italia s.p.a.

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  • Tempo di lettura 2 min.
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In termini generali, il tempo necessario a raggiungere la sede di lavoro, sia essa quella normale ovvero quella dove il lavoratore sia comandato in trasferta, non rientra nell'orario di lavoro e, conseguentemente, non dà diritto alla retribuzione.

E sempre secondo i principi generali, è opportuno ricordare che, per giurisprudenza consolidata, il dipendente non può rifiutarsi di prestare la propria opera in una sede diversa da quella abituale, perché sicuramente passibile di provvedimenti disciplinari.

Ciò detto, la materia della trasferta è di norma disciplinata in dettaglio dalla contrattazione collettiva, perché, nella pratica, soprattutto in settori operativi, non farlo significherebbe avere molti risvolti negativi nell'organizzazione del servizio. Ed è per questa ragione che i contratti collettivi spesso prevedono forfettizzazioni e/o specifici trattamenti economici per retribuire anche i tempi di viaggio.

Solo per fare un esempio, il contratto collettivo nazionale di lavoro autostrade prevede che le ore di viaggio - fuori dal normale orario di lavoro- trascorse alla guida di un mezzo sociale o privato di proprietà, purché preventivamente autorizzato, da personale che non sia adibito a mansioni di autista, sia retribuito con quote orarie normali ovvero, se trascorse come trasportato su mezzi pubblici o privati, con una retribuzione pari al 40% della quota oraria normale.

Ma quali sono gli obblighi per il datore di lavoro nel caso il ccnl (o la contrattazione aziendale) non disciplini la tematica del tempo di viaggio per la trasferta?

Dall'analisi della giurisprudenza e di alcuni interpelli del Ministero del Lavoro, fermo rimanendo il principio generale che le ore di viaggio in trasferta non possono essere considerate come lavoro vero e proprio -peraltro anche per la motivazione che di norma il disagio psicofisico e materiale conseguente al raggiungimento di una diversa sede di lavoro è compensato dall'indennità di trasferta - sembrerebbe emergere una fattispecie in cui invece sussiste un obbligo alla retribuzione anche per il tempo di viaggio.

Secondo per esempio Cassazione n. 5496/2006 “…il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell'attività lavorativa vera e propria (e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario), allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione; in particolare, sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa. Analogo carattere deve riconoscersi, in generale, in tutte le ipotesi in cui il lavoratore sia obbligato dal datore di lavoro, per ragioni inerenti alla prestazione, a risiedere in un determinato luogo, sì che lo spostamento da questo alla sede aziendale per lo svolgimento delle ordinarie attività lavorative è senz'altro computabile nell'orario di lavoro”.

Il Ministero del Lavoro si esprime in coerenza e conformemente a tali principi, in particolare nell'Interpello n.13 del 2010: occupandosi di operai, il discrimine appare chiaro: se i lavoratori prima di recarsi ad un cantiere si incontrano, per propria comodità, tra di loro, l'orario di lavoro decorre dal momento in cui sono operanti presso il cantiere, viceversa, se comandati a recarsi in un punto di raccolta per prendere ad esempio l'attrezzatura di lavoro o per mettersi a disposizione dell'azienda, l'orario di lavoro decorre dal momento in cui arrivano nel luogo dove sono stati obbligati ad andare.

In sintesi, quindi (secondo il ragionamento esplicitato dal Ministero):

  • per orario di lavoro si intende qualsiasi periodo nel quale il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni (cfr. art. 1 lettera a del D.lgs n.66/2003);
  • il tempo di viaggio per recarsi al lavoro non rientra nel concetto di orario di lavoro ( cfr. art.8, comma 3 D.lgs n.66/2003, letto congiuntamente con articolo 5, R.D. n.1955/1923 e art.4, R.D. n.1956/1923);
  • pertanto, il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante la trasferta non costituisce esplicazione dell'attività lavorativa e il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall'indennità di trasferta.

Due sono le possibili deroghe ai principi generali:

  • la contrattazione collettiva che, secondo quanto espressamente previsto dall'art.8, comma 3 del D.lgs n.66/2003, può stabilire diverse regole;
  • il caso specifico che le ore viaggio siano funzionali rispetto alla prestazione lavorativa, ovvero nel caso in cui il lavoratore sia obbligato a presentarsi in sede prima di recarsi in trasferta.

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