venerdì 08/11/2024 • 06:00
Il dovere di lealtà e probità non consente alla parte di scindere la propria posizione processuale per convenienza. Questo in quanto l’utilizzo di un documento in un primo giudizio impedisce successivamente alla curatela di contestarne l’inopponibilità in quanto privo di data certa. Lo prevede la Cassazione con ordinanza 4 novembre 2024 n. 28214.
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Il caso in esame riguardava l'insinuazione di più crediti nel passivo di una procedura di concorsuale.
Più in particolare, una banca insinuava al passivo taluni crediti traenti origine da diversi rapporti contrattuali e così: un certo importo a titolo di scoperto di conto corrente, da una parte, e un ulteriore importo a titolo di rate insolute afferenti ad un finanziamento, da un'altra parte.
La domanda di insinuazione veniva accolta solo parzialmente, avuto riguardo cioè ai soli insoluti ricollegati al contratto di finanziamento inadempiuto da parte della società poi fallita; mentre veniva respinta la richiesta di insinuazione dei crediti scaturenti dallo scoperto di conto corrente, in quanto supportata da documentazione (i.e. gli estratti dei conti corrente) non opponibile alla procedura concorsuale.
Il provvedimento in questione veniva impugnato dalla banca davanti al tribunale in composizione collegiale. In particolare, data per ammessa la posizione di terzietà in capo alla curatela, essa evidenziava come consonante gli estratti dei conti corrente prodotti a riprova del credito insinuato fossero in realtà opponibili alla procedura medesima, in considerazione del fatto che proprio quegli estratti erano stati utilizzati da quest'ultima a fondamento di un'azione revocatoria intrapresa nei confronti della banca opponente.
Tale argomentazione veniva tuttavia disattesa dal tribunale che conseguentemente confermava il decreto impugnato, dando adito al ricorso alla base della pronuncia in commento.
La decisione della Corte
Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione riteneva fondato il primo motivo di ricorso formulato dalla banca, laddove la stessa aveva stigmatizzato l'impossibilità per la curatela – giusto il disposto dell'art. 88 c.p.c. – di avvalersi dell'eccezione di inopponibilità avuto riguarda alla documentazione dalla stessa impiegata a supporto delle proprie domande nel contesto di un autonomo e differente giudizio intrapreso nei confronti della banca.
Nel fare ciò, la Corte richiamava un proprio precedente orientamento – già ribadito da Cass. n. 13282, 26 luglio 2012 – in ragione del quale “nella verifica del passivo fallimentare, l'accertamento dell'anteriorità della data della scrittura privata che documenta la pretesa creditoria è soggetto alle regole dell'art. 2704, c. 1, cod. civ., essendo il curatore terzo rispetto ai creditori concorsuali e allo stesso fallito, e la questione può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Tuttavia, la domanda proposta dal curatore in un separato giudizio per sentir accertare l'inadempimento del medesimo creditore alle pattuizioni trasfuse nella scrittura implica il riconoscimento dell'anteriorità della scrittura stessa, atteso che il dovere di lealtà e probità ex art. 88 cod. proc. civ. non consente alla parte di scindere la propria posizione processuale a seconda della convenienza. Ne consegue che, in tale ipotesi, il giudice dell'opposizione allo stato passivo, tenuto a verificare anche d'ufficio l'anteriorità del credito insinuato, deve considerare certa la data della scrittura, pur in difetto di un'espressa rinuncia del curatore all'eccezione concernente il difetto di data certa”.
Il curatore non può scindere la propria posizione
Richiamati tali principi, la Corte concludeva dunque nel senso che il giudice del merito, nel decidere la controversia e così la questione dell'opponibilità alla procedura della documentazione prodotta dalla banca a fondamento della propria domanda, avrebbe dovuto escludere la possibile per la curatela di scindere la sua posizione processuale a seconda delle ragioni di convenienza sottese ai due rapporti processuali in corso, vale a dire: azione revocatoria, da un lato, e insinuazione al passivo, dall'altro lato.
Fonte: Cass. 4 novembre 2024 n. 28214
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Francesco Bartolini
- Magistrato di cassazione a riposoRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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