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lunedì 04/11/2024 • 06:00

Lavoro Rapporto di lavoro

Lavoratore in trasferta: esempi di gestione dei fringe benefit

Nel caso in cui il lavoratore viene inviato in trasferta, l’azienda deve prestare particolare attenzione alla gestione dei fringe benefit, prevedendo il rimborso delle spese sostenute dal dipendente. Alcuni esempi di modalità di rimborso spese, dall’utilizzo dell’auto aziendale ai buoni pasto.

di Massimiliano Matteucci - Consulente del lavoro - Nexumstp Spa

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  • Tempo di lettura 9 min.
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Negli ultimi anni il tema dei fringe benefit è stato spesso al centro del dibattito politico del nostro Paese, trattandosi di strumenti in grado di attrarre risorse umane per le aziende e soddisfare le esigenze dei lavoratori, andando oltre il piano squisitamente economico; tuttavia, gli aspetti operativi legati al trattamento previdenziale e fiscale dei fringe benefit sono stati oggetto di numerosi interventi di riforma da parte del legislatore, che ogni anno, con la Legge di Bilancio, ne rivede la disciplina, creando non pochi dubbi tra gli operatori del settore.

Cosa si intende per fringe benefit

Innanzitutto, non esiste a livello legislativo una definizione di fringe benefit: con questo termine intendiamo i compensi in natura, sottoforma di beni e servizi, che il datore di lavoro eroga ai propri dipendenti, in aggiunta alla retribuzione e per fini non direttamente collegati allo svolgimento della prestazione. Questi beni e servizi, infatti, dovrebbero incentivare i lavoratori ad una maggiore produttività, in quanto soddisfano esigenze legate alla loro sfera personale e familiare, generando una maggiore affiliazione all'impresa.

Sono sempre di più le aziende disposte a fornire servizi come asili nido, buoni pasto, rimborsi per le utenze domestiche o per il carburante: in questo modo il lavoratore percepisce una maggiore sensibilità al suo benessere e svolge la sua attività in maniera più serena e appagata.

L'imponibilità fiscale

Il legislatore ha colto l'importanza di questo fenomeno ed è intervenuto sul piano fiscale per incentivarne ulteriormente la diffusione: l'art. 51 TUIR, dopo aver affermato al primo comma che tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, in relazione al rapporto di lavoro, concorrono a formare il reddito di lavoro, prosegue poi al terzo comma stabilendo che “non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a € 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.

Il limite annuo individuato dalla norma non costituisce una franchigia di esenzione, ma una soglia massima di beni e servizi cedibili in esenzione di imposta; quindi, se il valore annuo complessivo supera tale soglia, tutto l'importo deve essere assoggettato a tassazione.

In base al principio di armonizzazione dell'imponibile fiscale e contributivo, quest'ultimo viene determinato secondo i criteri contenuti nel TUIR; pertanto, nei limiti previsti dalla normativa fiscale, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati a titolo di fringe benefit non è soggetto contribuzione.

Per l'anno di imposta 2024, la soglia di non imponibilità è stata innalzata da 258,23 euro a 1.000 euro per la generalità dei dipendenti e a 2.000 euro nei confronti dei dipendenti con figli fiscalmente a carico. Si attende la definitiva approvazione della Legge di Bilancio 2025 al fine di individuare quale sarà la soglia prevista.

Trasferte e rimborsi spese

In questa sede non ci soffermeremo sulla disciplina generale dei fringe benefit, ma ci occuperemo di una particolare casistica, ossia il relativo trattamento fiscale e previdenziale in caso di lavoratore inviato in trasferta.

La trasferta, o missione, in assenza di una definizione legale, può essere intesa come lo spostamento temporaneo del lavoratore verso un'altra località rispetto a quella in cui egli esegue normalmente la sua attività.

Le spese sostenute dai lavoratori in occasione delle trasferte possono essere rimborsate secondo tre differenti modalità:

1- Rimborsi analitici o a pié di lista: il rimborso spese piè di lista identifica il rimborso delle spese che il lavoratore sostiene per l'esecuzione o in occasione di lavoro prestato fuori dalla sede contrattuale di lavoro. I rimborsi spese non hanno natura retributiva, ovverosia non incidono su altri elementi della retribuzione o sul TFR. Le spese rimborsate analiticamente sono quelle relative a:

  • Vitto
  • Alloggio
  • Viaggio/Trasporto
  • Altre spese, anche eventualmente non documentabili, sostenute dal dipendente, per un importo giornaliero massimo di 15,49 € entro il territorio nazionale e di 25,82 € fuori il territorio nazionale (es. lavanderia, parcheggio, mance);

2- Indennità di trasferta forfettaria o diaria: in questo caso il datore corrisponderà un importo predeterminato, senza tener conto delle spese effettivamente sostenute dal lavoratore. Fuori dal territorio comunale, le indennità forfettarie godranno di un trattamento fiscale di favore (art. 51 TUI.): in particolare saranno esenti fino alla somma di € 46,48 al giorno (€ 77,47 per le trasferte all'estero). L'importo dell'indennità di trasferta forfettaria può essere stabilito in sede di accordo individuale o dalla contrattazione collettiva;

3- Rimborsi misti: il lavoratore potrebbe anche ricevere un rimborso misto ovvero un riconoscimento di un rimborso a piè di lista (nota spese) per il vitto e l'alloggio più un'indennità forfettaria («diaria»). Nel caso in cui venga rimborsato analiticamente solo uno tra vitto e alloggio, la soglia di esenzione prevista per le trasferte fuori dal comune (€ 46,48 per l'Italia) sarà ridotta di 1/3 (€ 30,99); laddove ci sia il rimborso di entrambe le voci, quindi sia del vitto che dell'alloggio, la riduzione sarà pari ai 2/3 (€ 15,49).

Tutte le tre tipologie di rimborso sono escluse dall'esenzione fiscale in caso di trasferte svolte all'interno del comune della sede di lavoro.

L'esempio dell'autovettura

Una prima ipotesi da analizzare è quella di trasferta effettuata con l'autovettura personale, che costituisce un classico esempio di fringe benefit; i rimborsi delle spese sostenute in tale ipotesi dal dipendente sono esenti da imposizione fiscale:

- per i viaggi effettuati al di fuori del comune ove avviene normalmente la prestazione lavorativa;

- se l'ammontare sia determinato entro i valori stabiliti dalle tabelle annuali ACI (sulla base di marca e modello veicolo, alimentazione, percorrenza media annua, etc.);

- quando riepilogati in un “piè di lista” attestante i viaggi e la percorrenza;

- quanto l'utilizzo del veicolo sia strettamente correlato con la prestazione lavorativa.

Sempre con riferimento all'utilizzo dell'autovettura personale durante la trasferta, occorre prestare attenzione al regime fiscale e previdenziale relativo ai parcheggi. Sul tema, l'Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 5/2019, ha chiarito che nel caso di trasferta fuori dal Comune della sede di lavoro:

  1. il rimborso delle spese di parcheggio ai dipendenti è assoggettabile interamente a tassazione nell'ipotesi in cui il datore di lavoro abbia adottato i sistemi del rimborso forfettario e misto;
  2. b) rientra, invece, tra le spese escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente fino all'importo massimo di 15,49 euro giornalieri (25,82 euro per le trasferte all'estero) nei casi di rimborso analitico.

L'esempio dei buoni pasto

Un'altra ipotesi interessante da analizzare è quella dell'erogazione di buoni pasto in occasione di trasferta: come abbiamo visto, il limite di esenzione della trasferta è ridotto se il lavoratore riceve un rimborso o una prestazione sostitutiva di alloggio o vitto. La riduzione del limite di esenzione è di tipo forfettario: o si riduce di un terzo (ristoro del vitto o dell'alloggio) o si riduce di due terzi (ristoro sia del vitto che dell'alloggio). Ne deriva che una qualunque prestazione sostitutiva del vitto, compresi buoni pasto o indennità sostitutiva di mensa, riduce il limite di esenzione di un terzo.

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