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giovedì 31/10/2024 • 06:00

Impresa Crisi d’impresa

Verificazione del passivo: è efficace il giudicato endofallimentare

La Cassazione, con pronuncia 22 ottobre 2024 n. 27282, conferma il principio secondo cui se il Giudice ha riconosciuto una determinata natura al credito in sede di insinuazione al passivo, è onere del curatore impugnare lo stato passivo, al fine di impedire che sul punto si formi il giudicato endofallimentare.

di Giovanni Ricci - Avvocato in Milano Studio legale Edoardo Ricci – Avvocati

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  • Tempo di lettura 5 min.
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Con l'ordinanza n. 27282 del 22 ottobre 2024 la I^ Sezione della Corte di Cassazione ribadisce il principio in forza del quale nel giudizio di verificazione dello stato passivo è pienamente efficace la regola del giudicato endofallimentare ex art. 96 l. fall..

In particolare, “il giudice dell'opposizione non può ex officio prendere nuovamente in considerazione la questione relativa all'ammissione del credito ed escluderlo dallo stato passivo in base ad una rivalutazione dei fatti già oggetto di quel provvedimento, essendo l'ammissione coperta dal predetto giudicato”.

Il caso

Alla riaffermazione del principio richiamato in premessa la Corte di Cassazione giunge in esito al seguente iter processuale.

Il proprietario di un immobile concesso in locazione ad una società, in seguito ammessa a concordato preventivo e poi dichiarata fallita, svolge istanza di insinuazione al passivo della relativa procedura fallimentare quanto ai crediti maturati sulla base del contratto; e così:

  • €13.612,00 a titolo di canoni di locazione maturati dalla data di risoluzione del contratto, sino alla data di deposito del ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fal., con privilegio mobiliare speciale ex art, 2764 c.c.;
  • €32.742,00 a titolo di indennità di occupazione maturata dalla data di deposito del ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fal., sino alla data del rilascio dell'immobile, in prededuzione, ai sensi degli artt. 111 e/o 161 l. fall..

Il giudice delegato accoglie la seconda istanza, relativa alla indennità di occupazione, ma quanto al minor importo di €15.600,00, in prededuzione, al chirografo, liquidando la stessa in €400,00 al mese in via equitativa, per 39 mesi.

La proprietà dell'immobile svolge opposizione allo stato passivo, mentre il curatore resiste, senza impugnare a sua volta sotto alcun profilo il provvedimento di ammissione; ed in particolare, senza mettere in discussione la natura prededucibile del credito ammesso.

Il Tribunale accoglie parzialmente l'opposizione, ammettendo al passivo il credito per l'ulteriore importo di €17.362,80, ma al chirografo; in quanto, da un lato, la prededuzione andava riconosciuta solo con riferimento al periodo relativo alla procedura di concordato preventivo (dalla data di iscrizione della domanda di concordato nel registro delle imprese, alla data di omologa del medesimo); mentre dall'altro lato, l'indennità di occupazione per l'intero periodo doveva essere liquidata, non in via equitativa, ma facendo riferimento al canone di locazione pattuito, di ben maggiore entità.

La proprietà dell'immobile impugna il provvedimento del Tribunale davanti alla Corte di Cassazione, formulando un unico motivo di gravame per violazione o falsa applicazione degli artt. 96 u. c., 111, 98,99 l. fall, 112 c.p.c. e 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p,c, nonché per la nullità del decreto (in ragione di ultra/extra petita) ai sensi dell'art. 360, n. 4 c.p.c..

Secondo parte ricorrente il Tribunale aveva erroneamente negato la prededuzione all'ulteriore credito (oltre a quello già ammesso dal giudice per € 15.600,00) azionato in sede di opposizione allo stato passivo, non avendo tenuto conto che, quanto al riconoscimento della prededuzione sull'intero credito si era già formato il giudicato endofallimentare; e ciò, sulla base dei seguenti elementi:

  • Il giudice aveva riconosciuto la prededuzione al credito insinuato, ancorché ammettendolo al passivo per un importo inferiore rispetto a quello insinuato;
  • l'opposizione svolta dal ricorrente ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall. aveva ad oggetto esclusivamente la porzione di credito non ammessa al passivo dal giudice;
  • il curatore, per altro verso, non aveva impugnato il provvedimento del giudice per contestare la natura prededucibile del credito.

Il curatore deve impugnare il passivo

Secondo la Corte, era incontroverso che in sede di insinuazione al passivo il giudice avesse riconosciuto la natura prededucibile del credito.

Era inoltre confermato sotto il profilo documentale che, in sede di opposizione allo stato passivo il ricorrente si era limitato a contestate esclusivamente la misura della ammissione al passivo, come da provvedimento del giudice.

Sempre dai documenti risultava che, parallelamente, il curatore, in sede di opposizione, si era limitato a resistere alla pretesa del creditore, senza impugnare a sua volta il decreto del giudice, quanto al riconoscimento della natura prededucibile del credito.

In diritto, il principio secondo il quale “il giudice dell'opposizione non può ex officio prendere nuovamente in considerazione la questione relativa all'ammissione del credito ed escluderlo dallo stato passivo in base ad una rivalutazione dei fatti già oggetto di quel provvedimento, essendo l'ammissione coperta dal predetto giudicato” è pressoché incontroverso e cristallizzato in un filone giurisprudenziale assolutamente chiaro e costante.

Correttamente, ne discende che, laddove il giudice abbia riconosciuto una determinata natura al credito in sede di insinuazione al passivo, è onere del curatore che intenda contestare il merito di tale accertamento impugnare lo stato passivo, al fine di impedire che sul punto si formi il giudicato endofallimentare.

Fonte:  Cass. 22 ottobre 2024 n. 27282  

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