giovedì 24/10/2024 • 06:00
L'Ispettorato del Lavoro ribadisce, con Nota n. 7020/2024, che l'autorizzazione per il controllo a distanza dei lavoratori è possibile solo nei confronti del datore di lavoro per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
L'Ispettorato Nazionale del Lavoro ritorna ad affrontare il tema della possibilità del controllo a distanza della prestazione lavorativa ribadendo, con la nota n. 7020/2024, che l'autorizzazione ai sensi dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori è possibile soltanto nei confronti del datore di lavoro, ricorrendo effettivamente i presupposti indicati dalla norma (per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, preventivo accordo collettivo o autorizzazione da parte dell'ispettorato), nonché l'esclusione della possibilità di un controllo esclusivo della prestazione lavorativa.
L'occasione
Nell'ambito di un contratto di appalto, la società vettore ha richiesto l'autorizzazione alla installazione di sistemi GPS sui veicoli destinati a rendere il servizio oggetto dell'appalto, richiesta dalla quale risultava però che l'esigenza della predetta installazione proveniva dalla società committente, che l'aveva imposto quale specifico obbligo, ai fini della verifica delle modalità attraverso le quali veniva resa la prestazione del servizio oggetto dell'appalto. Secondo la nota n. 7020/2024 dell'INL, quando risulta che il datore di lavoro non è il titolare dei dati acquisiti dai sistemi per i quali si richiede l'autorizzazione, in quanto il trattamento, la conservazione e la titolarità della protezione di tali dati sono invece riconducibili alla diretta disponibilità di un diverso soggetto imprenditoriale, terzo rispetto alle parti del rapporto di lavoro e quindi come tale estraneo all'istanza, ancorché titolare di rapporto di natura commerciale (ad es. società committente nell'ambito di un contratto di appalto, franchising) con il medesimo istante, l'autorizzazione ex art. 4 St. lav. non può essere rilasciata.
Il controllo a distanza della prestazione lavorativa. Le garanzie
L'art. 4 dello Statuto dei lavoratori regola la fattispecie del controllo a distanza della prestazione lavorativa, perseguendo l'equilibrio tra gli interessi datoriali di controllo e la necessità della garanzia che questi avvengano nel rispetto della dignità della persona dei lavoratori eventualmente coinvolti. La composizione del potenziale conflitto è assicurata dalla limitazione ai suddetti controlli, che non possono mai riguardare direttamente la prestazione lavorativa, ma questa eventualità può rappresentare soltanto una occasione incidentale, nell'ambito di controlli giustificati da ragioni organizzative, di sicurezza, di tutela del patrimonio aziendale.
La norma è stata oggetto di un significativo aggiornamento nel 2015, attraverso il quale sono stati meglio specificati alcuni principi già patrimonio acquisito attraverso la giurisprudenza, nonché attualizzato il dato testuale della norma, alla luce del mutato contesto tecnologico. Ne deriva un primo comma che prevede un regime generale, per effetto del quale la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, è giustificata esclusivamente da esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. La installazione di impianti, o comunque la presenza di strumenti dai quali possa derivare il controllo in oggetto, è consentita all'esito di uno specifico accordo sindacale a tal fine o, in subordine, alla autorizzazione amministrativa da parte dell'Ispettorato del lavoro. La norma, come premesso, conferma l'intenzione originaria della sua previsione statutaria: il controllo a distanza della prestazione lavorativa è tollerato dall'ordinamento soltanto se incidentale, quale conseguenza inevitabile della installazione o dell'utilizzo degli strumenti che sono necessari alle distinte e primarie esigenze organizzativo-gestionali o di sicurezza. È confermato il divieto di una installazione esclusivamente destinata a controllare la prestazione lavorativa.
Il secondo comma dell'art. 4 prevede poi un regime speciale, nel quale rientrano gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In questi casi non è richiesto alcun accordo o autorizzazione per il loro impiego, perché la necessità – e la giustificazione della dotazione – sono dettate dalle modalità della stessa prestazione lavorativa, così come riconosciute dal legislatore.
In entrambi i casi, a garanzia delle condizioni dei lavoratori, il terzo comma dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, impone che le informazioni raccolte in conseguenza delle installazioni o dell'utilizzazione degli strumenti, possono essere utilizzate a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (e dunque anche ai fini disciplinari) “a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
I limiti al controllo a distanza dei lavoratori
Appare perciò chiaro il quadro dettato dal legislatore in materia di controlli a distanza dei lavoratori: sono legittimi soltanto se preterintenzionali, e quindi conseguenti necessariamente alla utilizzazione di strumenti o impianti che hanno come finalità primaria ragioni diverse dal controllo, organizzative, produttive, di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale, o comunque necessarie per rendere la prestazione lavorativa. Nel primo caso è necessario condividerne l'utilizzo con le rappresentanze sindacali e raggiungere l'accordo in tal senso, salvo ottenere l'autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro in caso di esito negativo, nel secondo, tale attività preventiva non è necessaria. Il lavoratore deve comunque essere puntualmente informato di tali installazioni o dotazioni, anche in conformità alla disciplina di tutela dei dati personali, pena l'inutilizzabilità dei dati eventualmente estrapolati dalle suddette installazioni o forniture.
Il titolare dell'esercizio di tale diritto è il datore di lavoro, ed è l'unico soggetto nei confronti del quale si giustifica, nell'ambito della verifica della sussistenza delle ragioni che consentono l'installazione si strumenti di controllo a distanza dei lavoratori, la verifica del bilanciamento di valori tra l'intangibilità della sfera privata dei lavoratori, anche mentre rendono la prestazione lavorativa e pur trovandosi sul luogo di lavoro nella disponibilità del datore, e le esigenze organizzative e di sicurezza, necessarie alla prestazione lavorativa. Non a caso, l'utilizzo degli impianti e degli strumenti dal quale possa derivare il controllo dei lavoratori è subordinato a un preventivo accordo collettivo, la cui previsione e contenuto sono evidentemente prescritti ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni di liceità del controllo. L'accordo deve essere raggiunto con la RSU o le RSA (art. 4, c. 1, L. 300/70). È evidente che l'interlocutore per elezione con questi soggetti non può che essere il datore di lavoro, effettivo titolare del rapporto di lavoro, dovendosi escludere la possibilità di interventi di soggetti terzi o comunque estranei alla organizzazione produttiva. Titolarità esclusiva che non muta nel caso della alternativa della richiesta di autorizzazione all'Ispettorato del lavoro che, nella previsione normativa, si colloca non come una alternativa libera, ma soluzione subordinata, “di ripiego” nelle intenzioni del legislatore, in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, che è individuato quale soluzione primaria, proprio perché nella sede sindacale si presume possa realizzarsi un più efficace compendio delle diverse esigenze.
L'esclusività della autorizzazione al datore di lavoro
Con la nota n. 7020/2024, l'INL ha ribadito i limiti della possibilità dei controlli, legata esclusivamente alla sussistenza della effettività delle esigenze previste dalla legge, ed alla necessità che tali parametri possano essere verificati rispetto al datore di lavoro: nella fattispecie oggetto della nota, la richiesta proveniva dal datore di lavoro dei lavoratori oggetto di tracciamento, ma la necessità di installare tali sistemi GPS sui veicoli risultava, nel contesto di quell'appalto, “dettata, più che da ragioni strettamente legate all'istante, da un obbligo imposto dai committenti nei contratti stipulati con quest'ultimo. Inoltre, nella documentazione tecnica allegata alla medesima istanza, spesso non è chiaro chi ricopra effettivamente i ruoli di Titolare del trattamento e di Responsabile del trattamento dei dati desunti dai suddetti sistemi, diversamente da quanto indicato nell'informativa consegnata in un secondo momento ai lavoratori interessati, in cui si evince in maniera chiara che il Titolare del trattamento di fatto è la società committente e non il vettore/datore di lavoro. Infine, non di rado, lo stesso contratto tra committente e società vettore prevede anche l'obbligo, in capo a quest'ultima, di allontanare immediatamente dal luogo di prestazione dei servizi, a richiesta del committente, il collaboratore o il dipendente il cui comportamento non sia coerente con i requisiti di capacità professionale, serietà e moralità richiesti dall'esecuzione dei servizi di cui al contratto”.
Il rigetto dell'autorizzazione è stato perciò così motivato:
I precedenti
Le conclusioni cui è giunto nell'occasione l'Ispettorato, oltre che evidentemente coerenti con il dettato normativo, non sono nuove, ed anzi riprendono precedenti posizioni di identico tenore. Già qualche anno fa infatti l'INL, investito della questione, aveva avuto modo di chiarire che quando la titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso gli strumenti di controllo della prestazione lavorativa fanno effettivamente capo a soggetti diversi dal datore di lavoro, si debbono ritenere disattese le finalità per le quali la installazione degli impianti audiovisivi può essere autorizzata in base alla norma, con la conseguenza che tali circostanze evidenziano l'assenza di una base giustificativa del trattamento dei dati, tale da configurare un'ipotesi di “controllo fine a se stesso, eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione”, che in quanto tale, “continua a essere vietato” (INL, nota n. 7482/2022).
L'affermazione del principio ed i confini applicativi
Va detto che le conclusioni cui giunge l'INL, confermando come accennato propri precedenti, appaiono in linea con l'approccio da sempre condiviso sul tema, in quanto conformi alla tradizionale chiave di lettura dell'impianto regolatorio dell'art. 4 dello Statuto, che inquadra il controllo a distanza dei lavoratori in uno spettro di incidentalità ed eccezionalità; vietato direttamente, tollerato se conseguenza inevitabile dell'utilizzo di sistemi e di strumenti che hanno finalità primarie diverse (esigenze organizzative e produttive, di sicurezza delle condizioni di lavoro, di tutela del patrimonio aziendale). In ogni caso, anche quando tale controllo incidentale è ammesso, per effetto del preventivo accordo sindacale in tal senso o dell'autorizzazione amministrativa, deve essere circoscritto alle necessità delle esigenze accertate e, soprattutto, deve essere informato ai princìpi di tutela e garanzia del trattamento dei dati personali. A tal proposito, deve pure escludersi la possibilità di riconoscere la titolarità di tali trattamenti a soggetti estranei al rapporto di lavoro, quandanche coinvolti nell'ambito di un contratto di appalto, quando la titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso il controllo in oggetto fanno effettivamente capo a soggetti diversi dal datore di lavoro, con la conseguenza che risultano disattese le finalità per le quali l'installazione degli impianti audiovisivi può essere autorizzata in base alla norma dello Statuto. Opportunamente l'INL ribadisce che nelle fattispecie come quella occasione della scaturigine della nota n. 7020/2024, il provvedimento autorizzativo riguarderebbe il committente, soggetto che rispetto al rapporto di lavoro risulta estraneo, ed in ogni caso non in grado di essere qualificato quale effettivo portatore degli interessi di organizzazione e sicurezza che autorizzano il controllo da parte del datore di lavoro, rispetto ai suoi dipendenti, nell'ambito della sua organizzazione produttiva e degli ambienti e strumenti ad essa destinati. Diniego al quale ovviamente consegue quello di ammettere provvedimenti disciplinari fondati sull'acquisizione di informazione per il tramite di tali controlli. È evidente, infatti, che ciò si rivelerebbe esorbitante rispetto ai limiti ed alla ratio imposta dall'art. 4 dello Statuto.
Quindi: solo il datore di lavoro può essere autorizzato al controllo a distanza della prestazione lavorativa, con le preclusioni ed i limiti riassunti. Qualsiasi altra informazione acquisita da remoto al di fuori delle regole di cui all'art. 4 dello Statuto, non può legittimare provvedimenti conseguenti sui lavoratori. Un soggetto terzo, estraneo al rapporto lavorativo, non può essere il destinatario delle prerogative di controllo di cui alla suddetta previsione dello Statuto dei lavoratori.
Ciò posto, appare lecita, in conclusione, una suggestione: condiviso l'assetto appena sintetizzato, riconducibile alla affermazione del divieto di controllo a distanza della prestazione lavorativa da parte di soggetti estranei ad essa, nell'ambito di un appalto come quelli occasione delle pronunce dell'INL, potrebbe esprimersi identico giudizio di divieto, laddove il controllo, sempre incidentale, che dovesse ancora derivare da impianti predisposti dal committente, si risolvesse in esigenze di questo, senza alcuna conseguenza per la gestione del rapporto di lavoro e/o trasmissione delle informazioni acquisite al datore di lavoro?
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Pasquale Staropoli
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