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lunedì 07/10/2024 • 06:00

Caso Risolto CESSIONI DI BENI

Esportazioni per finalità umanitarie oltre 180 giorni: modalità di regolarizzazione

Seppure non espressamente specificato, le indicazioni della prassi amministrativa relative alla regolarizzazione delle cessioni all'esportazione di beni con trasporto/spedizione dei beni a cura del cessionario non residente dovrebbero applicarsi anche alle cessioni all'esportazione per finalità umanitarie, quando l'invio dei beni al di fuori della UE non avvenga entro il termine previsto.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCEC

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Requisiti della non imponibilità

L'art. 9, comma 1, della L. n. 167/2017 (Legge europea 2017), in attuazione dell'art. 146 della Direttiva n. 2006/112/CE, ha inserito la lett. b-bis) nell'art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, ai sensi della quale costituiscono cessioni all'esportazione, non imponibili ai fini dell'IVA, le cessioni con trasporto/spedizione fuori dal territorio della UE entro 180 giorni dalla consegna, a cura del cessionario e per suo conto, effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, nei confronti delle Amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'art. 26, comma 3, della L. n. 125/2014, in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo.

Nelle more dell'emanazione del decreto attuativo, continua a trovare applicazione il D.M. n. 379/1988, attuativo delle disposizioni contenute nell'art. 14 della L. n. 49/1987, applicabile ai sensi dell'art. 1, comma 140, della L. n. 190/2014 (risposta all'interpello dell'Agenzia delle Entrate 12 settembre 2024, n. 182).

La disposizione sostituisce quanto in precedenza previsto dall'art. 26, comma 5, della L. n. 125/2014, che è stato espressamente abrogato con la Legge europea 2017.

In sostanza, la novella normativa di cui alla lett. b-bis) dell'art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 dispone che sono considerate cessioni all'esportazione, non imponibili IVA, le cessioni nei confronti delle Amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'art. 26, comma 3, della L. n. 125/2014, n. 125, ma a determinate condizioni.

In particolare:

  • il cessionario deve trasportare/spedire i beni fuori del territorio della UE, anche attraverso un soggetto che lo effettua per suo conto, entro 180 giorni dalla consegna;
  • le cessioni dei beni devono avvenire in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo;
  • la prova dell'avvenuta esportazione dei beni deve essere costituita dalla documentazione doganale.

A quest'ultimo riguardo, anche se la destinazione della merce all'esportazione deve essere provata da adeguata documentazione doganale - oppure dalla vidimazione apposta dall'Ufficio doganale sulla fattura o su un esemplare del documento di trasporto, oppure secondo modi e tempi previsti da appositi decreti ministeriali - la Corte di Cassazione ha ammesso che, a determinate condizioni, la prova in esame possa essere fornita con ogni mezzo, non potendosi addebitare all'esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non abbia la disponibilità (sent. 12 ottobre 2018, n. 25454).

Ai fini della validità della prova, la Suprema Corte richiede che la stessa sia certa e incontrovertibile, qual è, per esempio, l'attestazione di Pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell'avvenuta presentazione delle merci in dogana (sent. 6 aprile 2022, n. 11112 e sent. 31 marzo 2022, n. 10356).

Tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale in esame, con la risposta n. 182/2024, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nello specifico caso considerato, la notifica che la Pubblica amministrazione è tenuta ad effettuare nei confronti del cedente italiano possa essere qualificata come prova certa e incontrovertibile dell'avvenuta esportazione, presentando i requisiti l'assimilazione alla documentazione doganale.

In particolare, tenuto conto che la Pubblica amministrazione è in grado di ottenere la prova della definitiva uscita dei beni anche mediante interlocuzione diretta con i propri referenti UE, l'apposita attestazione che la Pubblica amministrazione provvede a rilasciare al cedente può costituire, pertanto, prova idonea della destinazione finale dei beni al di fuori della UE.

Ai sensi del citato art. 26, comma 3, della L. n. 125/2014, sulla base di parametri e criteri fissati dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, vengono verificate le competenze e l'esperienza acquisita nella cooperazione allo sviluppo dalle organizzazioni e dagli altri soggetti ai fini dell'iscrizione in un apposito elenco pubblicato e aggiornato periodicamente dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

Nel suddetto elenco sono iscritti i soggetti della cooperazione allo sviluppo di seguito richiamati:

  • le organizzazioni non governative (ONG) specializzate nella cooperazione allo sviluppo e nell'aiuto umanitario;
  • le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) statutariamente finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale;
  • le organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito che nel proprio statuto prevedano come finalità prioritaria la cooperazione internazionale allo sviluppo;
  • le organizzazioni e le associazioni delle comunità di immigrati che mantengano con le comunità dei Paesi di origine rapporti di cooperazione e sostegno allo sviluppo o che collaborino con soggetti provvisti dei requisiti di cui al presente articolo e attivi nei Paesi coinvolti;
  • le imprese cooperative e sociali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato di cui alla L. n. 266/1991 e le associazioni di promozione sociale di cui alla L. n. 383/2000, qualora i loro statuti prevedano la cooperazione allo sviluppo tra i fini istituzionali;
  • le organizzazioni con sede legale in Italia che godono da almeno quattro anni dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).

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