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lunedì 30/09/2024 • 06:00

Lavoro DALLA CASSAZIONE

Confermato il licenziamento del sindacalista che abusa dei permessi sindacali

La Cassazione conferma il licenziamento di un rappresentante sindacale che durante la fruizione di permessi sindacali si occupa di faccende personali. Per i Giudici è un vero e proprio abuso del diritto, assumendo quindi maggiore gravità rispetto a una normale assenza dal lavoro, di norma punita dai contratti collettivi con provvedimenti conservativi e non espulsivi.

di Marco Micaroni - Responsabile Relazioni Industriali di Autostrade per l'Italia s.p.a.

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Lo Statuto dei Lavoratori, soprattutto con riferimento al Titolo III - Dell'Attività Sindacale, garantisce ampie libertà al sindacato, per consentirgli di svolgere liberamente le proprie funzioni.

In particolare, le tutele sono previste:

  • nell'art. 23 dove viene sancito il diritto, per i dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali nell'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti
  • nell'art.24, che prevede altresì la possibilità, per gli stessi, di richiedere permessi non retribuiti
  • nell'art.30, dove i componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni.

Molto spesso i contratti collettivi e/o specifici accordi aziendali ampliano tali diritti stabilendo un plafond più alto rispetto ai limiti numerici stabiliti dallo Statuto, sempre al fine di accrescere il loro fondamentale ruolo collettivo.

Il che non significa che al rappresentante sindacale, durante la fruizione dei suoi permessi, sia consentito di occuparsi di sue faccende personali: anzi al contrario, nel caso in cui lo faccia, tale comportamento assume una particolare gravità, configurandosi come un vero e proprio abuso del diritto. Questo, in sintesi, quanto sancito dall'ordinanza della Corte di Cassazione n.20972 del 26 luglio 2024.

Il fatto

Un lavoratore di un'azienda tessile veniva licenziato per aver utilizzato illecitamente in due giornate di lavoro i permessi sindacali richiesti, occupandosi di questioni personali. I fatti venivano rilevati attraverso il controllo di un'agenzia investigativa.

La Corte di Appello di Venezia, nel confermare la sentenza di primo grado, rilevava come particolarmente grave il comportamento del sindacalista: …” il fatto non è semplicisticamente riconducibile ad alcuni giorni di assenza ingiustificata, di per sé sanzionabili teoricamente con sanzione conservativa… il fatto contestato riguarda ben altri aspetti … la condizione soggettiva dell'autore, sindacalista, ossia persona preposta alla tutela di interessi collettivi e per questo beneficiario del permesso retribuito dell'art. 30 dello Statuto, è valorizzabile ben al di là dell'assenza ingiustificata di qualsiasi lavoratore …”.

I giudici di appello giudicano tale comportamento alla stregua di quanto avviene per gli illeciti nella fruizione scorretta di permessi ex Legge n.104/92, qualificandosi sostanzialmente come abuso del diritto: …” alla pluralità dei giorni si assomma la reiterazione della condotta, elemento che è fortemente indicativo della palese indifferenza del lavoratore verso i propri doveri nei confronti del datore di lavoro, aggravati dalla strumentalizzazione del ruolo sindacale rivestito.”

I principi giuridici alla base della decisione della Cassazione

La Cassazione conferma pienamente le decisioni della Corte di Appello.

Dopo aver dichiarati inammissibili una serie di motivi impugnati dal lavoratore, non sindacabili in cassazione se adeguatamente motivati nei gradi riservati ai giudici di merito, la Corte si esprime su alcuni aspetti prettamente giuridici:

  • il fatto che la concessione dei permessi sindacali non è soggetta ad alcun potere discrezionale ed autorizzatorio da parte del datore di lavoro (cfr. Cassazione n.454/2003), non può consentire certo che gli stessi possano essere utilizzati al di fuori della previsione normativa e per finalità personali;
  • la sussistenza di un diritto potestativo del rappresentante sindacale a fruire dei permessi non esclude la possibilità per il datore di lavoro di verificare che effettivamente i permessi siano stati utilizzati nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori;
  • il controllo può essere svolto anche tramite un'agenzia investigativa, visto che non riguarda direttamente l'adempimento della prestazione lavorativa e non è quindi preclusa dagli artt. 2 e 3 L. n.300/1970, poiché accerta un comportamento illegittimo - disciplinarmente rilevante - posto in essere al di fuori dell'orario di lavoro;
  • il comportamento nel caso specifico – utilizzo del permesso sindacale per finalità diverse da quelle istituzionali – esclude la riconducibilità della condotta alle norme del contratto collettivo applicabile che puniscono con una sanzione conservativa l'assenza dal lavoro, la mancata presentazione o l'abbandono ingiustificato dal servizio, in quanto, in questa fattispecie, non assume rilievo la sola assenza ingiustificata ma una condotta di vero e proprio abuso del diritto e quindi connotata da una maggiore gravità oggettiva e soggettiva, rispetto a quella considerata dalla norma collettiva (cfr. Cassazione n. 26198/2022).

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