lunedì 30/09/2024 • 06:00
La Cassazione conferma il licenziamento di un rappresentante sindacale che durante la fruizione di permessi sindacali si occupa di faccende personali. Per i Giudici è un vero e proprio abuso del diritto, assumendo quindi maggiore gravità rispetto a una normale assenza dal lavoro, di norma punita dai contratti collettivi con provvedimenti conservativi e non espulsivi.
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Lo Statuto dei Lavoratori, soprattutto con riferimento al Titolo III - Dell'Attività Sindacale, garantisce ampie libertà al sindacato, per consentirgli di svolgere liberamente le proprie funzioni.
In particolare, le tutele sono previste:
Molto spesso i contratti collettivi e/o specifici accordi aziendali ampliano tali diritti stabilendo un plafond più alto rispetto ai limiti numerici stabiliti dallo Statuto, sempre al fine di accrescere il loro fondamentale ruolo collettivo.
Il che non significa che al rappresentante sindacale, durante la fruizione dei suoi permessi, sia consentito di occuparsi di sue faccende personali: anzi al contrario, nel caso in cui lo faccia, tale comportamento assume una particolare gravità, configurandosi come un vero e proprio abuso del diritto. Questo, in sintesi, quanto sancito dall'ordinanza della Corte di Cassazione n.20972 del 26 luglio 2024.
Il fatto
Un lavoratore di un'azienda tessile veniva licenziato per aver utilizzato illecitamente in due giornate di lavoro i permessi sindacali richiesti, occupandosi di questioni personali. I fatti venivano rilevati attraverso il controllo di un'agenzia investigativa.
La Corte di Appello di Venezia, nel confermare la sentenza di primo grado, rilevava come particolarmente grave il comportamento del sindacalista: …” il fatto non è semplicisticamente riconducibile ad alcuni giorni di assenza ingiustificata, di per sé sanzionabili teoricamente con sanzione conservativa… il fatto contestato riguarda ben altri aspetti … la condizione soggettiva dell'autore, sindacalista, ossia persona preposta alla tutela di interessi collettivi e per questo beneficiario del permesso retribuito dell'art. 30 dello Statuto, è valorizzabile ben al di là dell'assenza ingiustificata di qualsiasi lavoratore …”.
I giudici di appello giudicano tale comportamento alla stregua di quanto avviene per gli illeciti nella fruizione scorretta di permessi ex Legge n.104/92, qualificandosi sostanzialmente come abuso del diritto: …” alla pluralità dei giorni si assomma la reiterazione della condotta, elemento che è fortemente indicativo della palese indifferenza del lavoratore verso i propri doveri nei confronti del datore di lavoro, aggravati dalla strumentalizzazione del ruolo sindacale rivestito.”
I principi giuridici alla base della decisione della Cassazione
La Cassazione conferma pienamente le decisioni della Corte di Appello.
Dopo aver dichiarati inammissibili una serie di motivi impugnati dal lavoratore, non sindacabili in cassazione se adeguatamente motivati nei gradi riservati ai giudici di merito, la Corte si esprime su alcuni aspetti prettamente giuridici:
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