sabato 06/07/2024 • 06:00
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 luglio 2024, n. 121, dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 144 e 146 DPR 115/2002, nella parte in cui non prevedono l’ammissione al gratuito patrocinio e la prenotazione a debito delle spese per la liquidazione controllata.
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Il liquidatore di una procedura di liquidazione controllata chiede al giudice delegato di essere autorizzato a costituirsi nel reclamo proposto contro la sentenza di apertura della procedura stessa. Il giudice, nell'autorizzare la costituzione in giudizio, attesta l'indisponibilità di attivo per fare fronte alle spese del procedimento; ciò premesso, riconosce di non poter ammettere la procedura al patrocinio a spese dello Stato, né alla prenotazione a debito di spese di giustizia, posto che tali benefici non sono previsti per la liquidazione controllata.
Il giudice delegato, dunque, solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 144 e 146 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002), nella parte in cui non ammettono né l'accesso della liquidazione controllata al patrocinio a spese dello Stato (art. 144), né la prenotazione a debito delle spese di tale procedura (art. 146).
L'ordinanza di remissione
Nel dettaglio, il giudice delegato sostiene che gli artt. 144 e 146 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia contrasterebbero con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal momento che:
In particolare, il giudice de quo osserva che il combinato disposto delle norme impugnate riguarda unicamente il fallimento (rectius: la liquidazione giudiziale): per tale procedura, infatti, ove il giudice delegato abbia riconosciuto l'assenza di attivo, è prevista l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 144); inoltre, “se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario” (art. 146).
Lo stesso, tuttavia, non può dirsi per la liquidazione controllata, che non rientra nel perimetro delle norme impugnate e neppure può rientrarvi in forza di un'interpretazione analogica delle stesse: l'incidenza delle norme in questione sul bilancio pubblico, infatti, esclude il ricorso all'analogia.
Per questo motivo, il giudice delegato rimette la questione alla Corte Costituzionale, chiedendo che con una pronuncia additiva estenda alla liquidazione controllata i benefici già previsti per la liquidazione giudiziale.
La decisone della Corte Costituzionale
Nell'accogliere le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice delegato, la Corte Costituzionale anzitutto ricostruisce la ratio dei benefici dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e della prenotazione a debito delle spese della procedura.
In particolare, la Corte Costituzionale osserva che gli istituti in questione sono improntati al “principio di solidarietà sociale” (art. 2 Cost.) e volti a garantire il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti di chi si trovi in uno stato di non abbienza (art. 24, co. 3, Cost.): attraverso l'ammissione al gratuito patrocinio, infatti, è lo Stato a farsi carico delle spese relative al patrocinio, e alcune voci di spesa (i.e. quelle per il contributo unificato, per le imposte di bollo, di registro, ipotecaria e catastale, le spese forfettizzate per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile e i diritti di copia) vengono unicamente prenotate a debito, vale a dire annotate a futura memoria ai fini dell'eventuale successivo recupero.
Per accedere a tale beneficio, nel processo civile è necessario dimostrare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere in giudizio. Per quanto attiene, nello specifico, alla procedura fallimentare, la valutazione in questione viene compiuta dal giudice delegato, che, quando autorizza il curatore ad agire o resistere in giudizio, implicitamente riconosce la non manifesta infondatezza della pretesa. Ne consegue che se il giudice delegato autorizza l'azione (o la costituzione in giudizio) e attesta la mancanza di attivo, la procedura fallimentare viene automaticamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato e al regime della prenotazione a debito.
Come si è detto, tale automatismo non è previsto per la liquidazione controllata.
Il Giudice delle leggi, riconosciuta la legittimazione del giudice a quo a sollevare la questione di legittimità in ragione della natura giurisdizionale dei provvedimenti con cui si ammette o esclude il gratuito patrocinio, osserva che il legislatore “gode di ampia discrezionalità” nel determinare i giudizi e le situazioni in cui le spese del patrocinio possono essere poste a carico dello Stato.
Nondimeno, tale discrezionalità - che è volta a individuare un “punto di equilibrio” tra le esigenze di difesa e “contenimento della spesa pubblica” - è comunque sottoposta al limite della ragionevolezza.
Limite che, ad avviso della Corte Costituzionale, nel caso di specie non è rispettato: la disparità di trattamento fra la liquidazione controllata e la liquidazione giudiziale con riferimento alle norme impugnate non risponde, infatti, ad alcun criterio di ragionevolezza.
Ciò in quanto le procedure in questione condividono i medesimi aspetti strutturali e funzionali, posto che entrambe:
In concreto, l'unica differenza fra le due procedure attiene alla circostanza che alla liquidazione giudiziale viene sottoposto l'imprenditore medio-grande, laddove invece la liquidazione controllata è rivolta a debitori minori e, dunque, “si atteggia a procedura minore”.
La ridotta consistenza del patrimonio del debitore sottoposto a liquidazione controllata, tuttavia, ad avviso del Giudice delle leggi non giustifica un diverso regime per quanto concerne l'attuazione del diritto alla difesa.
Per tale motivo, la Corte accoglie la questione di legittimità costituzionale degli artt. 144 e 146 del D.P.R. n. 115 del 2002 nella parte in cui non sono estesi anche alla procedura di liquidazione controllata.
Fonte: C. Cost. 4 luglio 2024 n. 121
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