lunedì 17/06/2024 • 06:00
Il testo di riforma del Codice della Crisi d’impresa, approvato dal Consiglio dei Ministri, contiene una serie di interventi ispirati alla semplificazione e allo snellimento della procedura e degli adempimenti a corollario. Le modifiche coinvolgono anche le norme che regolano gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro subordinato.
Gli effetti sui rapporti di lavoro subordinato Da quanto emerge dalle bozze conosciute, dal primo comma dell'art. 189 D.Lgs. 14/2019, che regola gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro subordinato, pare debba scomparire l'affermazione che “l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento”. Verosimilmente la scelta di snellimento del testo si è intesa giustificata dal fatto che, comunque, la seconda parte del capoverso specifica l'efficacia sospensiva della sentenza dichiarativa dell'apertura medesima, fino alle determinazioni del curatore. È altrettanto probabile che l'affermazione cassata possa essere stata ritenuta superflua, perché sostanzialmente riproduttiva del principio, simile, già recato dall'art. 2119 c.c., che esclude l'apertura della procedura concorsuale dal novero delle potenziali ragioni di licenziamento per giusta causa. Tuttavia, la previsione del primo comma dell'art. 189 D.Lgs. 14/2019, che pare andare adesso verso l'abrogazione, era stata accolta anche con favore, perché pur apparendo ripetitiva del dettato della norma del codice, in effetti, oltre a rendere esplicito e sistematico all'interno del Codice della crisi tale principio condiviso, ne afferma(va) la maggiore ampiezza, escludendo che la procedura concorsuale possa costituire motivo di licenziamento, non soltanto giusta causa, stabilendo così, senza incertezze, un principio fondamentale per la gestione stessa dei rapporti di lavoro subordinato. Il dies a quo e gli oneri di comunicazione Non muta la disciplina che regola gli effetti delle scelte del curatore, considerato che rimane identica la prima parte del secondo comma dell'art. 189 D.Lgs. 14/2019, per cui il recesso del curatore ha efficacia dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, mentre il suo eventuale subentro nei rapporti di lavoro sospesi spiega la propria efficacia dal ricevimento della comunicazione in tal senso da parte dei lavoratori. Dal testo delle modifiche approvate, scompare l'onere per il curatore di trasmettere all'Ispettorato territoriale del lavoro del luogo dove è stata aperta la liquidazione giudiziale, entro 30 giorni dalla sua nomina, l'elenco dei dipendenti in forza al momento dell'apertura della liquidazione. Pragmaticamente la scelta può ritenersi condivisibile, considerato che al tempo in cui tale comunicazione è imposta – prima di ogni decisione in merito alla gestione dei rapporti di lavoro – può essere poco significativa rispetto alle conseguenze ed alle eventuali azioni da intraprendere e che, in ogni caso, l'interlocuzione con l'ufficio può sempre intervenire nel momento dell'insorgenza di effettiva utilità, una volta operata l'opzione per la risoluzione dei rapporti o per il subentro da parte del curatore. La risoluzione dei rapporti di lavoro subordinato Riguardo agli effetti della risoluzione dei rapporti di lavoro subordinato, il terzo comma dell'art. 189 D.Lgs. 14/2019 subisce un restyling stilistico, che pare voler valorizzare l'esercizio di discrezionalità da parte del curatore. Il riferimento alla mancata prosecuzione dell'esercizio dell'impresa fa riferimento, nel testo del Correttivo-ter, al fatto che questa non sia stata “disposta né autorizzata”, in luogo dell'originario “qualora non sia possibile”. Ciò quasi ad escludere qualsiasi momento di sindacato della scelta operata, perlomeno in questa fase del procedimento, dal quale scaturiscono gli adempimenti dei quali il Codice onera il curatore, che rimangono sostanzialmente identici. Il curatore dovrà provvedere alla comunicazione del recesso con ragionevole tempestività, evidentemente nell'interesse dei creditori, della celerità della procedura, della definizione delle posizioni dei lavoratori e, non ultimo suo, quale espressione del diligente adempimento dell'incarico. A tali fini scompare l'inciso “senza indugio”, atecnico e poco significativo, considerata la scansione dei tempi e dei termini comunque presente nel corpo complessivo della norma. È cassata anche l'espressione della “cessazione di diritto” dei rapporti di lavoro, con la conferma della efficacia della risoluzione del rapporto che decorre dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, e la specificazione che in tal caso non è dovuta dal lavoratore interessato la restituzione delle somme eventualmente ricevute, a titolo assistenziale o previdenziale, nel periodo di sospensione. La possibilità della prosecuzione dell'esercizio dell'impresa Anche il comma 4, con riferimento alle modalità per verificare l'eventualità per la prosecuzione dell'attività dell'impresa, pare subire modifiche del dato testuale con significativo portato sostanziale. Innanzi tutto, la facoltà dell'iniziativa è rilasciata in via esclusiva al curatore (oltre che ai lavoratori interessati), venendo eliminata la possibilità attualmente concessa anche al direttore dell'Ispettorato territoriale del lavoro del luogo dove è stata aperta la liquidazione giudiziale. La possibilità a tal fine, di chiedere al giudice delegato la proroga del termine di quattro mesi per provvedere, che dal testo vigente è riconosciuta “qualora ritengano sussistenti possibilità di ripresa o trasferimento…”, nelle modifiche prospettate è subordinata alla sussistenza di elementi concreti, testuale: “se sussistono elementi concreti per l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa o per il trasferimento dell'azienda…”. Il cambio testuale pare indicare un mutamento di registro, con spostamento dell'inerzia del giudizio verso il giudice delegato, oggettivizzando l'esercizio discrezionale, prima fondato quasi esclusivamente sulla valutazione del curatore, adesso giustificato da ragioni oggettive, perciò evidentemente sindacabili, senza limiti, dal giudice che riceve l'istanza. Non si prospettano, per altro, ulteriori modifiche di particolare significato, con riferimento alla gestione dei rapporti di lavoro subordinato, se si escludono le modifiche di lessico del comma 8, che trasposte in quello che sarà il comma 9 del nuovo testo dell'art. 189 D.Lgs. 14/2019, senza mutarne la sostanza, confermano le intenzioni di snellimento definitorio e semplificazione procedurale. Nell'introducendo settimo comma, infine, è esplicitata l'estraneità della disciplina delle delocalizzazioni (art. 1, commi da 224 a 238, Legge 234/2021), a quella, speciale, in discorso, evidentemente soggetta a condizioni ed esigenze diverse dalla chiusura aziendale determinata da mere ragioni di opportunità e strategia economica.
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