venerdì 14/06/2024 • 06:00
La Cassazione, con sentenza 5 giugno 2024 n. 15695, ribadisce la necessità, nell’ambito di una crisi aziendale, di verificare che il contratto di mutuo di scopo contenga sia l’obbligo espresso del mutuatario di rispettare le modalità di utilizzo della somma erogata, sia l’indicazione dell'interesse del mutuante a tale vincolo di destinazione.
Ascolta la news 5:03
La sentenza della Cassazione del 5 giugno 2024 n. 15695 ha ora forse meglio precisato questo principio, enfatizzando il concetto di interesse del soggetto mutuante rispetto allo scopo dedotto nel contratto con la clausola di destinazione.
Si legge infatti che “il mutuo può essere qualificato di scopo solo allorché la clausola di destinazione coinvolga l'interesse diretto o indiretto dell'istituto finanziatore, mentre l'indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato, non accompagnato da uno specifico programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non basta ai fini di tale qualificazione”.
La vicenda oggetto della decisione della Cassazione.
Un istituto di credito proponeva ricorso in opposizione ex art. 98 l. fall. avverso la decisione del Giudice delegato di un fallimento che non aveva ammesso il credito ipotecario relativo ad un mutuo, qualificato come “mutuo di scopo”, ritenendolo nullo per distrazione delle somme erogate dall'impiego concordato.
Il Tribunale confermava la decisione del Giudice delegato ammettendo al passivo il residuo capitale non restituito, maggiorato dei soli interessi legali dalla domanda al saldo, in via chirografaria (e non con il privilegio ipotecario) e a titolo di ripetizione di indebito.
Il collegio giudicante, infatti, qualificava il rapporto come “mutuo di scopo” e decideva per la sua nullità avendo rilevato nell'esecuzione del rapporto una deviazione dalla sua causa in concreto: gli importi finanziati non erano stati utilizzati per l'acquisto di un determinato ramo d'azienda di terzi, come previsto dal contratto, ma per rientrare dallo scoperto del conto corrente in essere presso l'istituto finanziatore.
Avverso la decisione del Tribunale veniva proposto ricorso per cassazione per violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1813 cod. civ.
L'unico motivo proposto si basava sul rilievo che la pattuizione contrattuale relativa alla destinazione delle somme erogate non fosse sufficiente per qualificare il rapporto come mutuo di scopo, essendo invece necessario che “la clausola di destinazione a una specifica modalità di utilizzazione delle somme erogate coinvolga, oltre all'interesse del finanziato, anche quello - diretto o indiretto - del finanziatore”.
La decisione della Cassazione
La decisione in commento si colloca nel solco dei principi generali già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “mutuo di scopo”.
Il mutuo di scopo rappresenta un tipo particolare di mutuo (ex art. 1831 c.c.), in cui una somma di denaro viene concessa per il perseguimento di uno “scopo”, sia esso:
Il mutuatario è strettamente legato all' impiego della somma di denaro ricevuta per il raggiungimento della finalità dedotta in contratto, tanto che lo scopo perseguito è espressamente inserito nel sinallagma contrattuale.
Su questo elemento caratterizzante le Sezioni Unite della Cassazione avevano già avuto modo di precisare che “la presenza dell'obbligazione di destinazione contrassegna il negozio, in quanto la funzione economica e sociale di esso non si esaurisce nel godimento del danaro(e nel susseguente obbligo di restituzione), ma implica la realizzazione del risultato economico ultimo, rispetto al quale il godimento rappresenta un momento strumentale” (Cass. SU 13046/1997), andando così ad incidere sulla causa concreta del negozio.
L'evoluzione giurisprudenziale ha quindi portato a riconoscere la nullità del contratto in ipotesi di inosservanza della clausola di destinazione ma solo qualora con tale clausola il mutuatario si fosse assunto espressamente un obbligo nei confronti del mutuante, in ragione dell'interesse di quest'ultimo - diretto o indiretto - ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo (cfr. Cass. I Sezione Civile, 19 ottobre 2017 n. 24699 e 18 giugno 2018n. 15929).
La sentenza in commento ha ora forse meglio precisato questo principio, enfatizzando il concetto di interesse del soggetto mutuante rispetto allo scopo dedotto nel contratto con la clausola di destinazione.
Si legge infatti che “il mutuo può essere qualificato di scopo solo allorché la clausola di destinazione coinvolga l'interesse diretto o indiretto dell'istituto finanziatore, mentre l'indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato, non accompagnato da uno specifico programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non basta ai fini di tale qualificazione”.
Alla luce di tale principio la Corte ha quindi accolto il ricorso ritenendo errata la pronuncia del Tribunale che non aveva verificato se ricorresse un interesse anche dell'istituto di credito al perseguimento della destinazione della somma erogata.
Fonte:
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.