giovedì 06/06/2024 • 15:09
L'Agenzia delle Entrate, con Risp. 6 giugno 2024 n. 130, ha chiarito che l'indennità risarcitoria onnicomprensiva deve essere assoggettata a tassazione separata.
redazione Memento
Con la risposta n. 130 del 6 giugno 2024, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'indennità risarcitoria onnicomprensiva dovuta a seguito di una sentenza di condanna è qualificabile come risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente e come tale ha una valenza sostitutiva del reddito non conseguito; tali somme devono essere assoggettate a tassazione separata (art. 17 c. 1 lett. b) DPR 917/86). Si ricorda che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (c.d. principio di onnicomprensività - art. 51 c. 1 DPR 917/86). I proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati (art. 6 c. 2 DPR 917/86). In linea generale, se l'indennizzo percepito compensa, in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro o il mancato guadagno, le somme corrisposte sono da considerarsi dirette a sostituire un reddito non conseguito (c.d. lucro cessante) e conseguentemente vanno ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente ed assoggettate a tassazione. Se, invece, il risarcimento è erogato con la finalità di indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite o di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (c.d. danno emergente), le somme corrisposte non sono assoggettata a tassazione. In tale caso, infatti, viene meno il presupposto impositivo, dal momento che l'indennizzo assume un carattere risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi. Per qualificare giuridicamente le somme corrisposte, deve essere cura dell'interessato provare concretamente l'esistenza e l'ammontare di tale danno, in quanto in assenza di tale prova torna applicabile il principio secondo cui alla somma versata dal datore di lavoro in base ad una definizione transattiva della controversia, che tenga ferma la cessazione del rapporto, deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante (cfr. Cass. 12 gennaio 2009 n. 360, Cass. 24 settembre 2003 n. 14167) Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, si applica l'art. 6 L. 604/66. Se il giudice accoglie la domanda, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Tale indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro (art. 39 D.Lgs. 81/2015). Fonte: Risp. AE 6 giugno 2024 n. 130
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