mercoledì 05/06/2024 • 12:16
La Corte Costituzionale, con pronuncia 4 giugno 2024 n. 99, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa sul trasferimento del neogenitore nel pubblico impiego, nella misura in cui questa non prevede che il dipendente possa essere spostato anche ove la propria famiglia ha la residenza.
redazione Memento
La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42 bis D.Lgs. 151/2001, per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli minori fino a tre anni di età, possa essere disposto «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa», anziché «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella quale l'altro genitore eserciti la propria attività lavorativa». Il caso La questione analizzata dalla Corte Costituzionale riguarda il caso di un vigile del fuoco operativo a Firenze ma residente a Napoli (genitore di un bambino con meno di 3 anni) che si vedeva negata la richiesta di trasferimento in quest'ultima città poichè l'altro genitore lavorava in Molise: il rigetto della richiesta si basava su un'interpretazione letterale dell'art. 42 bis D.Lgs. 151/2001. Il TAR Toscana ha accolto il ricorso del lavoratore e contro questa pronuncia ha poi presentato appello il ministero dell'Interno: il giudice rimettente ha ritenuto di dover sollevare questione di legittimità costituzionale. I motivi che hanno portato all'accoglimento della questione di legittimità costituzionale Il rimettente denuncia l'illegittimità costituzionale dell'art. art. 42 bis D.Lgs. 151/2001, là dove consente il trasferimento del dipendente pubblico solo presso «una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa» e non anche presso una sede ubicata nella stessa provincia o regione ove è fissata la residenza del nucleo familiare. Secondo la Corte Costituzionale, il legislatore statale, nel consentire ai dipendenti pubblici di ottenere il trasferimento temporaneo solo «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa», ha introdotto un requisito che condiziona il concreto ambito di applicazione dell'istituto, anche sul piano soggettivo. In base a tale previsione, infatti, è stata esclusa la possibilità di accedere al beneficio del trasferimento per quei dipendenti pubblici che hanno deciso di fissare la residenza familiare (ove vive il figlio minore) in una regione o provincia diversa da quelle in cui lavorano entrambi i genitori. Il trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici, proponendosi di favorire la ricomposizione dei nuclei familiari nei primissimi anni di vita dei figli, nel caso in cui i genitori si trovino a vivere separati per esigenze lavorative, è preordinato alla realizzazione dell'obiettivo costituzionale di sostegno e promozione della famiglia, dell'infanzia e della parità dei genitori nell'accudire i figli. Non risulta pertanto ragionevole consentire il trasferimento temporaneo del genitore solo nella provincia o regione in cui lavora l'altro genitore: tale limitazione, infatti, si fonda sul presupposto per cui il figlio minore da accudire si trovi necessariamente nella medesima provincia o regione in cui è fissata la sede lavorativa dell'altro genitore. Tuttavia, una simile presunzione non tiene adeguatamente conto della maggiore complessità ed eterogeneità che oggi caratterizza l'organizzazione della vita familiare, alla luce delle trasformazioni che hanno investito sia le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, grazie anche alle nuove tecnologie, sia i sistemi di trasporto. In relazione a tali casi, è opportuno consentire almeno a uno dei genitori di lavorare, sia pur nel primo triennio di vita del minore, in una sede che si trova nella regione o nella provincia in cui è stata fissata la residenza della famiglia e, quindi, in cui è domiciliato il minore . Fonte: C.Cost. 4 giugno 2024 n. 99
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