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lunedì 03/06/2024 • 06:00

Fisco VERSIONE ITALIANA

Vat in the Digital Age: aggiornamenti dall’ultimo ECOFIN del 14 maggio 2024

Nell'ambito del progetto ViDA della Commissione UE proposto l'8 dicembre 2020, finalizzato a semplificare le procedure amministrative per le imprese al fine di ridurre la perdita di entrate finanziarie legate alla riscossione di tale imposta, nell'ultima riunione ECOFIN del 14 maggio 2024 non si è raggiunto un accordo sul pacchetto ViDA.

di Gabriele Damascelli - Avvocato

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  • Tempo di lettura 1 min.
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I tre Pilastri del progetto ViDA

Con il progetto ViDA sono state formulate dalla Commissione alcune proposte di modifica al sistema unionale dell'IVA al fine di adattarlo alle sfide delle nuove transazioni nell'era digitale ed al contempo ridurre sia gli oneri amministrativi per i soggetti passivi sia il VAT gap nel bilancio unionale, rendendo il sistema più efficiente per le imprese nelle transazioni intra UE.

Il pacchetto di riforme proposto dalla Commissione UE è teso a porre rimedio alla perdita di gettito unionale dell'IVA (quale risorsa propria unionale che nel 2022 ha contribuito al bilancio UE per circa 20 miliardi di EUR), stimata complessivamente dal rapporto sul gap IVA del 2023 pari a 61 miliardi di euro di entrate IVA nel 2021 (93 miliardi di EUR di perdita nel 2020), di cui una quota parte significativa è dovuta alle frodi intra UE.

Le proposte della Commissione UE, contenute in COM (2022) 701, 703 e 704 ed esplicitate nei relativi report, hanno ad oggetto la modifica e l'implementazione, rispettivamente, della Direttiva IVA 2006/112, del Reg. 904/2010 (riguardo gli accordi di cooperazione amministrativa in materia di IVA necessari per l'era digitale) e del Regolamento 282/2011 (di esecuzione della direttiva IVA).  

La scansione temporale delle riforme (i tre pilastri), a meno di ulteriori proroghe, prevede un'entrata in vigore graduale a partire dal 2027.

Una delle finalità rilevanti è quella di “potenziare i controlli delle transazioni intraunionali, vista la scarsa se non nulla utilità dei modelli INTRASTAT” (v. al riguardo COM (2022) 701, pag. 5, note 21 e 22, in tema di “elenchi riepilogativi”) laddove la Direttiva IVA 2006/112 “li prevede solo per le operazioni attive di vendita o prestazione, mentre gli elenchi completi per le operazioni passive erano stati adottati solo da alcuni Stati, tra cui l'Italia” (v. su questa rivista, R. Rizzardi, “IVA nell'era digitale: cosa prevede il nuovo schema di Direttiva UE”, su Quotidianopiù del 14.5.2024).

Il pacchetto di riforme persegue tre obiettivi (pilastri) principali relativi in particolare:

  • all'introduzione dei c.d. Digital Reporting Requirements (DRR) quali requisiti comuni standard, per tutti i soggetti IVA unionali, per la trasmissione in formato elettronico di informazioni sulle transazioni IVA, unitamente all'obbligo di fatturazione elettronica su tutte le transazioni B2B intra UE; 
  • al potenziamento del ruolo dei gestori delle piattaforme digitali che facilitano le transazioni, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica, quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, in particolare in relazione a quei soggetti IVA che forniscono servizi di trasporto passeggeri e di alloggio a breve termine, al fine ultimo di garantire da parte di tali soggetti la riscossione ed il versamento dell'IVA sulle operazioni da questi facilitate;
  • alla registrazione IVA con una partita IVA unica a livello UE, c.d. Single VAT Registration (SVR), insieme al miglioramento sia dei sistemi One-Stop Shop (OSS) e Import One-Stop Shop (IOSS) ed all'ampliamento dell'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge) per le transazioni B2B, per ridurre i casi di registrazione IVA in altri Stati membri.

Comunicazioni ai fini dell'IVA e obblighi di comunicazione digitale

Quanto al primo pilastro, la Commissione prende atto dell'arretratezza al riguardo della direttiva IVA che “risale agli anni settanta e pertanto gli obblighi di comunicazione previsti non sono digitali”, osservando al contempo una tendenza globale a passare dal tradizionale adempimento degli obblighi in materia di IVA alla condivisione in tempo reale con le amministrazioni fiscali dei dati per singola operazione (v. ad es. l'uso della fatturazione elettronica). La direttiva IVA “rappresenta un ostacolo significativo alla digitalizzazione” dal momento che impone agli Stati di ottenere una specifica deroga qualora questi vogliano adottare obblighi di comunicazione digitale.

Al contempo, gli Stati che hanno ottenuto tale deroga hanno dimostrato una riduzione del vat gap nella riscossione dell'IVA, come dimostrano i casi emblematici del Portogallo che introdusse la “e-fatura” nel 2012 nonché dell'Italia con l'introduzione graduale della e-fattura dal 2008 e con l'obbligo generalizzato dal 2019.

A fronte dell'ampio margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri dalla direttiva IVA nell'introdurre gli obblighi contabili che essi ritengono necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'IVA e ad evitare l'evasione, si osserva che gli obblighi di comunicazione digitale variano pertanto notevolmente da uno Stato membro all'altro, di modo che la fatturazione elettronica si presenta con diversi formati e modelli, nei singoli Paesi, a seconda delle singole norme e infrastrutture tecnologiche.

Nella relazione al progetto ViDA (par. 1) la Commissione riconosce che “la conseguente frammentazione del quadro normativo comporta costi di conformità supplementari per le imprese che operano in diversi Stati membri, e devono pertanto rispettare obblighi locali diversi, e crea barriere all'interno del mercato unico”.

A tal fine si procederà a definire uno standard unionale per tutti gli Stati membri per la raccolta di tutti i dati, a prescindere dai sistemi gestionali e tecnologici dei singoli Stati membri, e per l'emissione di una fattura che risponda ai parametri del nuovo art. 217 della direttiva IVA per il quale “per "fattura elettronica" si intende una fattura contenente le informazioni richieste dalla presente direttiva, emessa, trasmessa e ricevuta in un formato elettronico strutturato che ne consenta il trattamento automatico ed elettronico”.

La e-fattura europea standard diventerà il sistema predefinito per l'emissione delle fatture, mentre la fattura cartacea sarà utilizzabile solo previa autorizzazione da parte del singolo Stato membro, per effetto del nuovo art. 218 per il quale “2. Gli Stati membri possono imporre l'obbligo di emettere fatture elettroniche. Gli Stati membri che impongono tale obbligo autorizzano l'emissione di fatture elettroniche conformi alla norma europea sulla fatturazione elettronica e al relativo elenco delle sintassi ai sensi della direttiva 2014/55/UE…”.

In merito agli elenchi riepilogativi (INTRASTAT) si ribadisce come questi forniscano “solo dati aggregati per ciascun soggetto passivo e non dati per singola operazione”, non consentendo una “corrispondenza incrociata tra i dati delle cessioni e delle prestazioni e quelli relativi agli acquisti, in quanto nella direttiva IVA la comunicazione degli acquisti intracomunitari è facoltativa per gli Stati membri, e meno della metà degli Stati membri ha introdotto tale obbligo” (v. l'Italia).

Tale pilastro necessita la simultanea modifica delle regole di cooperazione amministrativa tra Stati, individuate dal Reg. 904/2010, data la scarsa accuratezza delle attuali modalità di raccolta e scambio (risalenti al 1993) tra gli Stati membri dell'UE dei dati aggregati (gli elenchi riepilogativi ed il Sistema di Scambio di Informazioni sull'IVA - VIES), mediante un aggiornamento delle “modalità di dichiarazione ai fini dell'IVA delle operazioni transfrontaliere all'interno del mercato unico al fine di ricorrere a tecnologie consolidate e contrastare le frodi in materia di IVA”.

A tal fine, nello schema di regolamento della Commissione si propone l'introduzione di un sistema centraleVIES (v. i nuovi artt. da 24 octies a 24 quaterdecies del Reg. 904/2010) unitamente all'infrastruttura informatica necessaria per disciplinare i nuovi scambi.

Trattamento IVA applicabile all'economia delle piattaforme elettroniche

L'art. 2 della proposta di modifica della direttiva IVA introduce numerose novità, tra le quali il nuovo regime del “fornitore presunto”, nei settori della locazione di alloggi a breve termine e del trasporto di passeggeri mediante il nuovo art. 28-bis, o in relazione alle cessioni di beni effettuate nell'UE da un soggetto passivo, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi per effetto del nuovo art. 14 bis, oltre ai nuovi artt. 46 bis, 135 par. 3, 136 ter, 172 bis, 242 bis e 306 della direttiva IVA.

Ciò per rimediare alla disparità in materia di applicazione dell'IVA per alcune tipologie di transazioni, tra le quali spiccano quelle realizzate dalle piattaforme elettroniche relative ai servizi di alloggio a breve termine ed al trasporto di passeggeri, estendendo l'obbligo di riscossione e versamento dell'imposta in capo alla piattaforma.

Questa, per espressa previsione del nuovo art. 28 bis, viene definita come “fornitore presunto”, disponendo che “si considera che un soggetto passivo che facilita, mediante l'uso di un'interfaccia elettronica quale una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, la prestazione di servizi di locazione di alloggi a breve termine … o di trasporto di passeggeri, abbia ricevuto e prestato esso stesso detti servizi…”.

In tal modo, se il fornitore indirettonon applica l'IVA perché, ad esempio, è una persona fisica o si avvale del regime speciale per le piccole imprese, l'IVA sulla prestazione sottostante è applicata e dichiarata dalla piattaforma (si vedano al riguardo le argomentazioni della Corte UE in C-695/20 sul rapporto tra l'art. 28 della direttiva IVA e l'art. 9-bis del suo regolamento di esecuzione, in relazione alla presunzione che indica nell'intermediario il soggetto passivo IVA tenuto alla riscossione in qualità di collettore d'imposta ed al versamento dell'IVA).

Circa i servizi di alloggio a breve termine viene introdotta una presunzione assoluta (art. 135, nuovo par. 3) per la quale la fornitura di tali servizi è considerata di natura simile a quella alberghiera e, quindi, non può essere esentata dall'IVA.

La norma prevede che “La locazione ininterrotta di alloggi per un massimo di 45 giorni, con o senza prestazione di altri servizi accessori, è considerata avente una funzione analoga a quella del settore alberghiero”, con conseguente applicazione dell'IVA (v. l'aliquota prevista per il settore alberghiero dal n. 120 della Tabella A, allegata al DPR 633/1972), a prescindere dalla gestione di un numero inferiore a quattro appartamenti, come previsto dall'art. 1, c. 595, Legge 178/2000, che riconosce il regime fiscale “solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d'imposta”.

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