lunedì 10/06/2024 • 06:00
La presunzione relativa di operatività della società di comodo viene vinta dalla prova di fatti oggettivamente idonei a rendere impossibile il conseguimento del volume minimo di ricavo.
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Il caso
L'Agenzia delle Entrate notificava, in relazione all'anno di imposta 2017, un avviso di accertamento (IRAP) ad una società in accomandita semplice nonché ai suoi soci, accomandanti e accomandatari. L'atto impositivo scaturiva dall'applicazione del regime previsto dall'art. 30, comma 3, della L. 724/94 in quanto la società non aveva superato il test di operatività ed era stata considerata come “società di comodo”, non essendosi la stessa adeguata al reddito minimo. L'Ufficio aveva riscontrato che la società aveva acquistato nel 2007 un capannone industriale il quale era stato concesso fino al dicembre 2015 in locazione ad altra sas che aveva fra i soci l'accomandante della ricorrente; successivamente, era stato dato in locazione ad altra società (srl) che, anche in questo caso, aveva quale socio unico e amministratore l'accomandatario della (sas) ricorrente. In particolare, l'Agenzia aveva messo in evidenza come nel periodo tra il 2009 e il 2017 non era stata avviata alcuna significativa attività di impresa (non potendo considerarsi tale la “locazione ai soci”) e non erano state assunte iniziative per una futura ed effettiva attività commerciale (“ossia nei riguardi di soggetti diversi dai soci”), sicché la ricorrente non aveva rappresentato quelle circostante oggettive di carattere “straordinario” che avevano impedito il raggiungimento del reddito minimo. Da qui la qualificazione quale “società di comodo” per effetto della presunzione legale relativa e poiché la contribuente non aveva, secondo la tesi di parte pubblica, fornito la prova contraria atta a dimostrare l'esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche e indipendenti dalla volontà del dichiarante che avessero impedito il raggiungimento dei ricavi attesi e del reddito minimo presunto. Con il ricorso, società e soci facevano presente come già nella fase del contraddittorio endoprocedimentale erano stata inviata all'Ufficio una relazione dettagliata e documentazione al fine di spiegare la natura e la finalità dell'investimento fatto nonché una perizia di un architetto sullo stato di inagibilità dell'immobile. Quali ulteriori elementi a conforto del ricorso veniva eccepita la parziale effettiva locazione dell'immobile nonché l'elevato punteggio conseguito in relazione agli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA), già di per sé causa di esclusione dall'elenco delle società di comodo; circostanza, quest'ultima, che l'Ufficio aveva ritenuto ininfluente in quanto il calcolo ISA si riferiva ad altra annualità d'imposta, diversa da quella in contestazione.
La modifica normativa
I giudici, nel propendere per l'accoglimento del ricorso, hanno ricordato come la “nuova” formulazione della disciplina in parola non faccia più riferimento a elementi di fatto consistenti in “situazioni oggettive di carattere straordinario” ma solo a “situazioni oggettive che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi”. È stato, altresì, fatto riferimento all'art. 41 della Costituzione che tutela la libertà della scelta imprenditoriale, scelta valutabile ex ante e non ex post, nonché sottolineata la liceità del contratto di locazione stipulato (anche se tra società con uguale compagine sociale).
L'indice di programmazione economica
Quale ulteriore elemento a sfavore della qualificazione della ricorrente come società di comodo, i giudici hanno evidenziato la circostanza che il capannone industriale in questione era stato suddiviso in due subalterni per aumentare le possibilità di utilizzo dello stesso - cosa poi avvenuta solo parzialmente – rendendo, quindi, evidente ed oggettiva l'attività imprenditoriale tendente al conseguimento di maggiori ricavi, indice quanto meno della programmazione di un'attività economica (cfr Cass. 24314/20). Peraltro, nella perizia prodotta si dava atto che le pratiche edilizie dell'immobile non erano state completate: la costruzione stessa non era completamente terminata, nella parte sia interna che esterna e persino nella recinzione sul confine dell'area prospiciente la strada pubblica, come dichiarato dal perito e facilmente desumibile dalle fotografie prodotte in giudizio. Il fatto che la società avesse suddiviso l'immobile per riuscire a locare almeno una parte dell'immobile - pur non avendo ultimato la costruzione di tutta la superficie disponibile – costituiva, secondo i giudici, una prova di fatti oggettivamente idonei a rendere impossibile il conseguimento del volume minimo di ricavo e, quindi, prova idonea a vincere la presunzione legale relativa di operatività della società di comodo. Da ultimo, la Corte tributaria milanese ha osservato che i calcoli ISA, riportando, ora per allora, i valori di cui al periodo di imposta 2017 e non del 2022, producevano un indice pari a 10; pertanto, anche a non volere considerare le risultanze con effetto retroattivo, supportavano, con tutti gli altri elementi nell'insieme considerati, quanto sostenuto dalla società ricorrente.
Fonte: CGT I Milano 29 maggio 2024 n. 2326
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