sabato 25/05/2024 • 06:00
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza 9 aprile 2024 n. 31, ha confermato la legittimità di un contratto d’appalto relativo a servizi di portineria, ritenendo irrilevante il fatto che gli addetti alla portineria ricevevano direttive anche da parte della committente. Si trattava infatti di direttive pienamente compatibili con la tipologia del servizio appaltato.
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Nell'attuale contesto economico – sempre più caratterizzato da processi di decentramento produttivo – le aziende si trovano molto spesso costrette a fronteggiare importanti contenziosi in materia di appalto; queste cause possono essere promosse alternativamente dai lavoratori (con lo scopo di entrare a pieno titolo nell'organico della committente, ovvero di percepire un trattamento economico migliorativo) oppure dagli enti previdenziali.
Nel caso specifico, il contenzioso nasce per iniziativa di alcuni dipendenti che, dopo aver lavorato per diversi anni alle dipendenze di varie società appaltatrici che si erano avvicendate nella gestione dei servizi di portineria e vigilanza svolti per conto della stessa società committente, hanno deciso di contestare la legittimità dell'appalto e chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro direttamente in capo a quest'ultima.
A sostegno delle loro pretese, i dipendenti hanno dedotto di aver sempre svolto la loro attività presso la sede della committente, di aver operato sotto le direttive e le indicazioni impartite dal personale di quest'ultima, di averne rispettato le procedure operative e di aver utilizzato mezzi, strumenti e risorse messi a disposizione della stessa committente.
Un classico caso di interposizione vietata “denunciata” per mano del dipendente.
Il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso, condannando i lavoratori al pagamento delle spese di lite. La questione è stata quindi sottoposta all'attenzione della Corte d'Appello di Torino.
Appalto lecito vs. interposizione vietata di manodopera: la posizione della giurisprudenza
Nel delineare la distinzione tra un appalto lecito e una interposizione vietata di manodopera, la giurisprudenza tende normalmente a concentrarsi sue due elementi: il fattore organizzativo e l'assunzione di un reale rischio economico da parte della società appaltatrice.
Va da sé, infatti, che un appalto può ritenersi lecito solo se:
Gli appalti “labour intensive”
Nel corso degli ultimi decenni, questi macro-principi hanno subito dei significativi adattamenti con riguardo agli appalti caratterizzati da un prevalente impiego di manodopera, cc.dd. appalti “labour intensive” (per una possibile definizione di questa categoria, si consiglia una lettura dell'Allegato I.1 del Codice dei Contratti Pubblici, che fa riferimento ai contratti “…nei quali il costo della manodopera è pari o superiore al 50% dell'importo complessivo dei corrispettivi”).
Per queste tipologie di appalti, come previsto dall'art. 29, c. 1, D.Lgs. 276/2003, il fattore organizzativo può derivare semplicemente dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori, mentre tende ad essere svalutato il fattore connesso all'impiego di macchinari o attrezzature, che ben possono essere dunque anche di proprietà del committente (così tra le tante Cass. 14 agosto 2019 n. 21413 nonché Cass. 8 luglio 2020 n. 14371, secondo cui “… negli appalti cd. “leggeri” in cui l'attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nel lavoro, è sufficiente che in capo all'appaltatore sussista una effettiva gestione dei propri dipendenti”).
I rischi connessi all'ingerenza del committente
Altro fattore “critico” è quello relativo alla possibile ingerenza del committente.
Infatti, nella pratica capita spesso che i referenti della società committente si interfaccino direttamente con i dipendenti dell'appaltatore, fornendo loro informazioni o indicazioni sull'attività da svolgere, che talvolta possono addirittura sfociare in vere e proprie direttive.
In questi casi, l'interprete si trova di fronte all'oggettiva difficoltà di capire se le “direttive” che il committente impartisce ai dipendenti dell'appaltatore siano solo funzionali a favorire l'integrazione tecnica-produttiva necessaria per realizzare il servizio appaltato (ed in tal caso, come chiarito dalla giurisprudenza, si tratterebbe di direttive del tutto fisiologiche e compatibili anche con un appalto lecito) o se invece esse nascondano una etero-direzione occulta dell'attività lavorativa dei dipendenti.
La giurisprudenza ha ormai da tempo chiarito che lo schema tipico dell'appalto non viene intaccato dalla circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore; in tal caso, infatti, è sempre necessario verificare “…se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto” (Cass. 6 giugno 2011 n. 12201). Per i Giudici di legittimità, in altri termini, si integra l'ipotesi di intermediazione vietata di manodopera soltanto qualora venga accertato che la società appaltante svolga un intervento direttamente dispositivo e di controllo sulle persone dipendenti dall'appaltatore del servizio, non essendo sufficiente - al contrario - il mero coordinamento necessario per l'esecuzione del contratto (Cass. 10 giugno 2019 n. 15557).
Per configurare un'ipotesi di intermediazione vietata, dunque, serve qualcosa di più del “coordinamento tecnico”: deve cioè ravvisarsi una vera e propria ingerenza gestionale del committente che sia tale da sfociare nell'esercizio di un vero e proprio potere direttivo e di controllo sui dipendenti dell'appaltatore.
L'eventuale ingerenza del committente va misurata in base alla specificità del servizio appaltato
La sentenza della Corte d'Appello di Torino sposa appieno questo orientamento di legittimità, fornendo però anche delle ulteriori (utili) coordinate interpretative.
Nella motivazione, infatti, viene dato ampio risalto alle peculiarità del servizio appaltato che, riguardando per l'appunto i servizi di portineria, rendeva normale e fisiologico un certo grado di interazione tra i dipendenti della società committente e quelli dell'appaltatore.
Per usare le parole della Corte, era normale e fisiologico che gli addetti alla portineria ricevessero indicazioni, “…verbalmente o via mail…”, circa il nominativo del visitatore esterno che avrebbe dovuto accedere alla sede, ovvero dell'operaio di cui era previsto l'intervento all'interno dei locali; si trattava infatti di “normali comunicazioni funzionali alla realizzazione del servizio … e che, per il regolar svolgimento di tale attività, non potevano che provenire dai ‘soggetti interni' in grado di manifestare le esigenze della committenza”.
Allo stesso modo, la Corte torinese ha ritenuto “normale” che i dipendenti dell'appaltatore fossero tenuti a rispettare le procedure operative della committente, che disciplinavano le modalità di accoglienza dei visitatori esterni, prevedendo, ad esempio, la predisposizione di moduli per la registrazione delle entrate e delle uscite “non potendo che questi essere impostati secondo le procedure che regolano gli accessi alle strutture da parte dei dipendenti e dei visitatori esterni”.
Secondo la sentenza, infatti, è del tutto legittimo “…che il committente impartisca direttive generali anche al fine di rendere omogenea la prestazione del servizio nelle varie sedi”.
La sentenza in conclusione conferma insomma il principio secondo cui ogni committente può avere non solo con la propria impresa appaltatrice, ma anche con i dipendenti della stessa, rapporti di carattere tecnico-operativo anche intensi e continuativi, senza che con ciò possa ritenersi configurata una interposizione vietata di manodopera. Questo principio deve essere poi coniugato con le peculiarità del servizio appaltato, al mutare delle quali può variare anche l'intensità del coordinamento tecnico richiesto per dare esecuzione al servizio.
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Pasquale Staropoli
- AvvocatoRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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