Il CNDCEC, con il pronto ordini n. 9 del 16 maggio 2024, ha chiarito che l'affitto di una stanza dello studio, vale a dire della sede di esercizio dell'attività professionale, non sembra produrre una modificazione della natura dell'attività del professionista e, di conseguenza, non determina l'insorgere di profili di incompatibilità in capo a quest'ultimo.
L'art. 4 c. 1 lett. c) D.Lgs. 139/2005 dispone l'incompatibilità tra l'esercizio della professione e l'esercizio, anche non prevalente né abituale dell'attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti.
Di conseguenza l'attività in questione (locazione/sublocazione di una stanza dello studio) può assumere rilievo ai fini dell'incompatibilità esclusivamente nel caso in cui la stessa configuri attività di impresa.
Occorre rilevare che la natura soggettiva del locatario non condiziona il tema della eventuale incompatibilità oggetto del quesito, posto che quest'ultima va inquadrata esclusivamente in relazione alla potenziale qualifica di imprenditore del professionista rispetto all'attività di locazione di una stanza facente parte del proprio studio.
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 2082 c.c. “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi”. Gli elementi distintivi sono: organizzazione, economicità e professionalità. In particolare, l'impresa è attività, intesa quale serie coordinata di atti unificati da una funzione unitaria ed è caratterizzata sia da uno specifico scopo – produzione o scambio di beni o servizi – sia da specifiche modalità di svolgimento, organizzazione, economicità, professionalità.
Tradizionalmente si esclude dal perimetro della predetta nozione l'attività di mero godimento, cioè quella che non dà luogo alla produzione di nuovi beni o servizi, come accade nel caso in cui il proprietario di un immobile decida di concederlo in locazione per goderne i frutti.
Dal quesito non si evince se il professionista locatore detenga l'immobile a titolo di proprietà (nel qual caso si tratterebbe di una locazione ad altro soggetto) o di locazione (ipotesi rispetto alla quale si tratterebbe invece di sublocazione). In entrambi i casi, tuttavia, l'attività sommariamente descritta non sembra dar luogo alla produzione di nuovi beni o servizi, apparendo piuttosto finalizzata a ristorare almeno in parte il professionista dei costi sostenuti per la locazione e/o delle altre spese per utenze e servizi comuni.
Fonte: PO CNDCEC 16 maggio 2024 n. 9