mercoledì 15/05/2024 • 06:00
Le Sezioni Unite Civili della Cassazione hanno stabilito che la società che gestisce un agriturismo può richiedere il rimborso IVA in caso di lavori di ristrutturazione anche se non è proprietaria della struttura purché sussista un nesso di strumentalità tra beni e attività.
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Rimborso e detrazione IVA: quale rapporto?
In passato, le Sezioni Unite avevano statuito che colui che eserciti attività d'impresa o professionale ha diritto alla detrazione IVA anche per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta, anche se potenziale o di prospettiva e pur se, per cause estranee al contribuente, detta attività non possa poi in concreto essere esercitata (Cass. SS.UU. 11533/2018).
Tale principio, come vedremo, è stato fatto proprio anche nell'ordinaria questione. Ma occorre però fare un passo indietro e soffermarsi sul rapporto tra rimborso e detrazione IVA.
Secondo il principio unionale di neutralità IVA esso non implica un rapporto biunivoco tra detrazione e rimborso dell'imposta, costituendo il secondo un modo non ordinario di garantire detto principio.
Al contempo vi è un orientamento della Cassazione che interpreta in termini più ampi, assegnando un valore tendenzialmente assoluto al principio unionale di neutralità, ritenendo che, in ogni caso, il soggetto passivo dell'imposta non possa esserne inciso al pari di un consumatore finale (Cass. 6200/2015; 215/2021; 27813/2022).
Va peraltro rammentato che la Corte di Giustizia UE ha sostanzialmente equiparato detrazione e rimborso, quali strumenti diretti entrambi a garantire il principio di neutralità. Infatti l'an del diritto alla detrazione trova la propria disciplina negli artt. 167 e 172 della Direttiva 2006/112/CE, mentre i successivi artt. 178-183 disciplinano esclusivamente le modalità di esercizio di tale diritto e di quello alternativo di rimborso (Commissione/Paesi Bassi, C-338/98; Terra, C-152/02; PORR, C-691/17). Il quomodo dell'esercizio del diritto al rimborso dell'IVA non deve mai ledere il principio di neutralità, dovendo rispettare i principi di proporzionalità ed effettività (Commissione europea/Repubblica di Ungheria, C-274/10; Enel Maritsa, C-107/10; Glencore Agriculture, C-254/16; Sea Chefs Cruise Services, C-133/18).
Planando nel panorama nazionale, l'espressione «acquisto .. di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (art. 30, terzo comma, lett. c), DPR 633/1972), va attribuito il significato -lato- di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall'acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria "strumentalità" dei beni stessi all'esercizio dell'impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell'IVA ex art. 19, comma 1, DPR 633/1972).
Più specificamente, va rimarcato che il concetto di "bene ammortizzabile" non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell'IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102,103, DPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili. Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione – ampia e sostanzialmente economica- di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva "rifusa" e che quindi risulta essere l'unico parametro al quale un'interpretazione "conforme" deve affidarsi. Ed allora appare chiaro che l'applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all'esercizio dell'impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali "investimenti" (beni strumentali).
Il caso deciso dalle SS. UU.
Nella vicenda in esame, un contribuente, titolare di un'impresa individuale, otteneva dall'Agenzia delle entrate un rimborso IVA inerente l'effettuazione di lavori di ristrutturazione di fabbricati ed impianti su un terreno che il contribuente deteneva in forza di un contratto di locazione. Per l'Amministrazione le opere di ristrutturazione, anche se inerenti edifici ed impianti strumentali all'attività imprenditoriale del contribuente, insistevano su di un terreno non di sua proprietà, ma detenuto in forza di un contratto di locazione con un soggetto terzo.
Quindi per l'Agenzia la fattispecie era da inserirsi al di fuori dell'applicabilità dell'art. 30, comma 3, lett. c), DPR 633/1972, il quale prevede appunto che il diritto al rimborso dell'IVA spetti esclusivamente se ci si riferisca all'acquisto o importazione di beni ammortizzabili, dovendosi ritenere tali quelli non solo strumentali all'attività d'impresa ma anche quelli di cui il contribuente ne abbia il possesso in virtù del diritto di proprietà o altro diritto reale.
Da qui il fisco notificava un atto volto al recupero della somma erogata a titolo di rimborso IVA, oltre sanzioni. Il contribuente ricorreva innanzi alla CTP che accoglieva il ricorso. Dello stesso tenore, la CTR rigettava l'appello dell'Ufficio che interponeva ricorso in cassazione.
La sezione semplice della Corte ha rilevato un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione se i presupposti della detrazione IVA siano sostanzialmente gli stessi del rimborso dell'imposta medesima, con specifico riguardo all'IVA afferente ad operazioni imponibili passive relative a beni di proprietà di un soggetto che è terzo rispetto al rapporto d'imposta. Prima del rinvio alle Sezioni Unite, la Corte ha appunto osservato come fosse esistente un orientamento che affermava l'equivalenza dei presupposti dei due diritti, con l'unica condizione della “strumentalità” dei beni interessati per il soggetto passivo (Cass. 27813/2022), mentre secondo un altro indirizzo, più restrittivo, tale equivalenza era negata (Cass. 24518/2020).
La questione nodale era se la previsione della norma unionale – prevista dall'art. 183 Direttiva IVA 2006/112/CE – induca a considerare che il legislatore italiano possa differenziare il trattamento giuridico della detrazione da quella del rimborso in termini sostanziali ovvero solo procedimentali.
Negare in concreto il diritto al rimborso IVA equivarrebbe a violare il principio generale di neutralità, secondo l'interpretazione tata dalla CGUE.
Le Sezioni Unite, destinatarie della questione, aderendo alla giurisprudenza unionale ma anche ai principi sanciti nella decisione, sempre a SS.UU. in tema di detrazione IVA (Cass. SS.UU. 11533/2018) – estendendola quindi al caso in esame – hanno enucleato il seguente principio di diritto «L'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto al rimborso dell'IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta».
Fonte: Cass. SU 14 maggio 2024 n. 13162
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Renato Portale
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