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martedì 23/04/2024 • 06:00

Impresa Studio del Notariato

Riduzione capitale e scioglimento: norme sospensive del Codice della Crisi

Il  CCII  prevede la sospensione di alcuni obblighi previsti dal Codice Civile in situazioni di crisi aziendale. In particolare, degli obblighi di riduzione del capitale per perdite e della causa di scioglimento. In assenza di orientamenti giurisprudenziali, lo Studio 100/2023 del Consiglio Nazionale del Notariato prova a fare chiarezza sulla normativa.

di Gabriele Baschetti - Dottore Commercialista - Socio fondatore www.skema.it

di Fabio Pari - Avvocato - Resp. area legale www.skema.it

di Efrem Ceccaroli - Avvocato - Legal Junior presso Skema Legal di Rimini

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  • Tempo di lettura 7 min.
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Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza prevede, agli artt. 20, 64 e 89, la sospensione degli obblighi di riduzione nominale del capitale e di ricapitalizzazione per le società con perdite rilevanti. La ratio normativa è quella di voler consentire alle società in difficoltà finanziaria di adottare misure di ristrutturazione senza dover necessariamente ridurre il capitale sociale.

La nuova disciplina del CCII dà attuazione al principio già introdotto dal legislatore all'articolo 182 sexies della L.F., frutto dell'orientamento maggioritario secondo il quale, per una società in concordato preventivo, non vi fosse l'obbligo di procedere ad operazioni di riduzione del capitale per perdite. Medesimo principio è stato poi riproposto con altri interventi normativi, legati per lo più a esigenze di carattere temporaneo o straordinario, come ad esempio le misure adottate per le imprese coinvolte dal sisma del 2012 (DL 43/2013) o quelle emergenziali introdotte nel contesto pandemico (art. 6 DL 23/2020).

Occorre precisare che le disposizioni del CCII non prevedono la sospensione tout court delle norme del Codice Civile che disciplinano la riduzione del capitale sociale per perdite nelle società di capitali, selezionando le disposizioni per le quali viene prevista la non operatività "temporanea". In particolare, sono interessati dalla sospensione gli articoli riguardanti la riduzione del capitale per perdite nelle s.p.a. (art. 2446, commi 2 e 3; art. 2447 c.c., integralmente) e nelle s.r.l. (art. 2482 bis commi 4, 5 e 6; art. 2482 ter, integralmente). Conseguentemente, non trovando applicazione i menzionati articoli, il legislatore ha previsto la non operatività della causa di scioglimento di cui all'art. 2484 n. 4 c.c. (riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale).

Ferme le premesse sistematiche, lo Studio in commento si sofferma nella descrizione delle tre diverse fattispecie previste dal Codice e richiamate in premesse, con il fine di delinearne la finestra temporale di operatività (dies a quo e dies ad quem).

Passando ad un esame di dettaglio, viene osservato come la procedura di composizione negoziale della crisi non presenti particolari criticità. L'art. 20 CCII prevede infatti che le norme sospensive in commento non si applichino dall'atto del deposito della istanza di nomina dell'esperto (o dalla pubblicazione nel R.I. della dichiarazione ex art. 17 comma 1 CCII) sino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione.

Infine, ai sensi del secondo comma dell'art. 20 CCII, qualora siano state concesse le misure protettive del patrimonio ex artt. 18 e 19 CCII la sospensione cessa a partire dalla eventuale pubblicazione nel R.I. del provvedimento con il quale il Tribunale dichiari l'inefficacia delle stesse misure o ne disponga la revoca.

Gli accordi di ristrutturazione

Passando agli accordi di ristrutturazione, l'art. 64 CCII prevede che le norme sospensive si applichino automaticamente - o almeno così sembrerebbe - dalla data di deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione, ovvero (leggasi “ma anche”) dalla richiesta di misure cautelari e protettive ai sensi dell'art. 54 CCII, e sino alla sua omologazione. Dette misure, però, possono essere emesse dal Tribunale nel corso del procedimento per l'apertura del concordato o di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

Di qui nasce l'interrogativo, atteso che il dato letterale della norma induce il lettore a ritenere che la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione non si applichino automaticamente, altrimenti non si spiegherebbe la necessità di stabilirne la decorrenza anche da un momento successivo, ma solo eventuale, rispetto al deposito della domanda di omologazione.

Per sostenere il contrario è necessario operare una “interpretazione ortopedica” dell'articolo, il quale manterrebbe una sua coerenza solo se il riferimento si potesse limitare alle misure protettive previste dal terzo comma, ossia in caso di istanza "preventiva".

Detta soluzione consente di superare una ulteriore questione applicativa: tenuto conto, infatti, dello spostamento delle competenze, se la sospensione degli effetti non si determinasse automaticamente al deposito della domanda e se tale effetto potesse decorrere anche solo da un momento successivo, ossia da una successiva richiesta di misure cautelari o di protezione, si avrebbe una fase in cui gli obblighi di operare sul capitale permarrebbero, ma sarebbe difficile comprendere come l'organo gestorio potrebbe mai provvedervi (salvo non coinvolgere i soci, ovviamente).

Se dubbi vi possono essere sul dies a quo per l'operatività della sospensione degli obblighi in questione, nessun dubbio invece pare doversi segnalare con riferimento al dies ad quem: con

l'omologazione degli accordi le norme del Cod. Civile tornano pienamente efficaci.

Il concordato preventivo

Infine, nel concordato preventivo la disapplicazione delle norme in materia di riduzione del capitale per perdite ed il conseguente operare della causa di scioglimento è prevista nell'art.89 CCII, nel quale è fissato un dies a quo coincidente esclusivamente con il deposito della domanda.

Secondo lo Studio in commento detti effetti si produrrebbero anche quando la domanda dovesse esser presentata con riserva ai sensi dell'art. 44 CCII, nonostante potrebbe darsi diversa lettura alla luce delle previsioni vigenti in materia di accordi di ristrutturazione.

La scelta ha rilevanti ricadute applicative poiché, ove si dovesse ritenere, come appare preferibile anche alla luce di una ricostruzione sistematica, che per effetto del solo deposito della domanda anche se "con riserva" si determini la sospensione degli effetti di cui si discute, un tale approdo consentirebbe di superare ogni dubbio anche per gli accordi di ristrutturazione. Detta soluzione appare a maggior ragione preferibile in quanto consentirebbe all'istituto di operare anche nelle ipotesi in cui nella domanda con riserva non dovesse essere indicato lo strumento di regolazione della crisi (come si ritiene consentito).

Quanto al dies ad quem, anche in questo caso è coincidente con l'omologazione del concordato. Tuttavia, con riferimento alla possibilità di arresto del procedimento ante omologa potrebbe forse ipotizzarsi una sorta di effetto retroattivo, ovvero una reviviscenza degli obblighi senza alcuna "sospensiva".

Infine, occorre chiedersi se, nelle ipotesi concordatarie, sia possibile procedere volontariamente al ripianamento delle perdite nonostante la sospensione prevista dalla normativa in commento. Secondo lo Studio tali operazioni non sembrerebbero più di competenza dei soci, ma dell'organo gestorio, con la precisazione che la compressione dei diritti assembleari debba essere limitata unicamente al divieto di interferenza con le misure che riguardano la soluzione del concordato (inclusa la ricapitalizzazione, ad essa funzionale), ma non si estendono alla generale capacità deliberativa dell'assemblea.

Si tratterà, quindi, di definire gli esatti contorni delle competenze residue dei soci sulla base del contenuto del piano, potendo ritenersi legittime, oltre le delibere previste nel piano, anche quelle che risultino non in contrasto con lo stesso strumento di regolazione della crisi.

Mentre nella domanda di concordato “piena” si ravvisano minori difficoltà applicative, considerando che il controllo di coerenza può essere demandato ai creditori ed agli organi della procedura sulla base della documentazione in atti, diverso è il discorso nel caso di concordato con riserva. In questa ipotesi, mancando i documenti a corredo della domanda di accesso, è difficile individuare elementi concreti che consentano di valutare se un apporto di capitale di rischio da parte dei soci sia strumentale o di intralcio all'opera degli amministratori.   

Il giudizio, in questo caso, potrebbe essere parametrato solamente ai potenziali effetti "negativi"

che una ricapitalizzazione operata dai soci potrebbe determinare (es. esempio, influenza sulle "trattative" con soggetti terzi interessati al "salvataggio").

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