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giovedì 18/04/2024 • 06:00

Fisco DALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA

Valore dell’immobile venduto in concordato: chiarimenti sulla rettifica

In analogia a quanto avviene nelle procedure coattive, non può dubitarsi della correttezza della base imponibile costituita dal prezzo di aggiudicazione di un immobile venduto in sede di concordato preventivo.

di Massimo Romeo - Esperto fiscale e pubblicista

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  • Tempo di lettura 1 min.
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Il caso

Due società, in veste di acquirente e venditrice di un complesso immobiliare costituito da un capannone industriale con annessa area cortilizia pertinenziale, impugnavano un avviso di rettifica e liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate, previa rettifica in aumento del valore venale rispetto a quello dichiarato, accertava un maggior imponibile con conseguente recupero delle imposte ipotecarie e catastali, oltre sanzioni. Con il ricorso, le società invocavano l'applicazione analogica della previsione di cui all'art. 44, comma 1 del D.P.R. nr. 131/1986 (TUR) - concernente il prezzo di aggiudicazione di un immobile in sede di espropriazione forzata - alle vendite in sede di procedure concorsuali, ivi inclusa la vendita eseguita in sede di concordato preventivo, in grado di offrire le medesime garanzie.

La posizione del Fisco

Secondo l'Ufficio, invece, la suddetta previsione normativa derogatoria è di carattere eccezionale e, come tale, insuscettibile di interpretazione analogica o estensiva. Peraltro, sia la prassi (Circolare A.E. n. 54/2007) che la giurisprudenza (Cass., nn. 3420/2002, 763/2001, 15743/2013, 25526/2018) hanno in passato chiarito che la suddetta disposizione eccezionale può applicarsi solo alle vendite effettuate nell'ambito del procedimento di espropriazione forzata(artt. 570 e ss. c.p.c.) e alle stipulazioni o aggiudicazioni di contratti che si svolgono - al di fuori del procedimento di espropriazione forzata - con la specifica modalità dell'asta pubblica o del pubblico incanto, che sono procedure di selezione ad evidenza pubblica, dirette da pubblici ufficiali o da persone legalmente autorizzate e contraddistinte dal carattere «aperto», cioè dalla garanzia di libera competizione tra più concorrenti. L'Ufficio ribadiva, quindi, che le cessioni operate in sede di concordato preventivo non possono essere ricomprese nell'alveo derogatorio poiché non presentano né la determinazione giudiziale del prezzo (atteso che il concordato e le cessioni hanno natura negoziale) né la finalità di realizzare il maggior prezzo possibile, atteso che l'istituto si prefigge piuttosto lo scopo di raggiungere la maggior convenienza economica per i creditori. In sostanza, secondo la tesi sostenuta dalla parte pubblica, la procedura concordataria, pur competitiva, non muterebbe la propria natura né si trasformerebbe in una vendita all'asta pubblica o in contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto, così esulando dalla previsione derogatoria e da ritenersi eccezionale. Nel merito, poi, a conferma che non si era pervenuti ad un prezzo il più vicino possibile al valore venale del bene, l'Agenzia aveva evidenziato come il prezzo di vendita fosse risultato ben inferiore sia al valore catastale che a quello determinato sia in base alle quotazioni OMI che al metodo del costo di costruzione deprezzato e finanche alla stessa perizia di parte.

Il “doppio si” all'applicazione analogica

Entrambi i giudici, di primo e secondo grado, hanno deciso di accogliere il ricorso propendendo per l'applicazione analogica alle vendite effettuate nell'ambito dei procedimenti di espropriazione forzata. Il dato decisivo, che ha indotto i primi giudici ad accogliere la tesi delle società ricorrenti, è stato quello della sostanziale assimilabilità della vendita eseguita in sede concordataria ad una vendita coattiva: come precisato nel bando per il caso di pluralità di offerte, la stessa era avvenuta all'esito di una competizione, con offerte in aumento, con aggiudicazione al miglior offerente. I giudici hanno sottolineato che la deroga prevista dal più volte citato comma 1° dell'art. 44 TUR faccia leva sulla circostanza che il trasferimento operi mediante un'asta competitiva aperta al pubblico con previa adozione dei mezzi di pubblicità idonei a garantire una scelta del contraente alle migliori condizioni possibili. In tal senso, i giudici territoriali hanno ritenuto che non vi sia ragione di escludere le vendite eseguite in sede concorsuale, ivi inclusa quella concordataria, atteso l'espresso rinvio alle disposizioni in materia di fallimento (art. 182 L.F.). Risultava, infatti, documentato che:

  • l'intero procedimento che aveva condotto alla vendita era avvenuto sotto la sorveglianza degli organi concordatari a ciò delegati dal Tribunale;
  • la vendita era avvenuta attraverso un'asta pubblica, previa adeguata pubblicità sui quotidiani.

Non poteva, pertanto, dubitarsi della correttezza della base imponibile costituita dal prezzo di aggiudicazione.

Fonte: CGT II Lombardia 8 aprile 2024 n. 1002

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