giovedì 04/04/2024 • 11:43
L’Agenzia delle Entrate, con Risp. a Interpello 4 aprile 2024 n. 86, precisa il corretto regime di tassazione dei rimborsi derivanti da periodi di doppia contribuzione a due diversi Enti previdenziali, in parte già dedotti in anni precedenti.
redazione Memento
L’Agenzia delle Entrate, con Risposta ad Interpello 4 aprile 2024 n. 86, precisa il corretto regime di tassazione dei rimborsi derivanti da periodi di doppia contribuzione a due diversi Enti previdenziali, in parte già dedotti in anni precedenti. Il caso Il caso esaminato è quello di un commercialista iscritto sia alla propria cassa di previdenza (CNPADC) sia all’INPS. Con decorrenza 31 dicembre dell'anno successivo, avendo cessato l'attività di dottore commercialista, questi ha chiuso la Partita IVA e la propria posizione presso la CNPADC; anni dopo, ha presentato le proprie dimissioni da lavoratore dipendente per riprendere l'attività professionale di dottore commercialista, con conseguente attribuzione di una nuova Partita IVA (con decorrenza 1° gennaio dell'anno delle suddette dimissioni) e reiscrizione alla CNPADC alla quale ha successivamente effettuato richiesta di ricongiunzione dei periodi di contribuzione. Nel 2023, la CNPADC gli ha restituito un importo corrispondente ai contributi relativi al periodo pluriennale in cui l'Istante era iscritto sia all'INPS che alla CNPADC, comprensivo dei relativi interessi calcolati al tasso del 4,50% annuo, in quanto non utili al ricongiungimento dei periodi di contribuzione. L'interessato chiede se: - l'importo corrispondente ai contributi restituiti che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente possa rientrare nella definizione per la tassazione sostitutiva dell'IRPEF; - l'importo corrispondente alla differenza tra i contributi restituiti, maggiorati degli interessi, e quelli che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente debba essere assoggettato a tassazione nell'anno di restituzione, vale a dire nel 2023 La soluzione dell'Agenzia delle Entrate La Legge di Bilancio 2023, limitatamente all'anno d'imposta 2023, ha introdotto un regime agevolativo opzionale, c.d. ''flat tax incrementale'', sostitutivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle relative addizionali regionale e comunale. Le Entrate hanno chiarito che per la verifica del maggior reddito del triennio 2020-2022 e la comparazione di quest'ultimo con il reddito del 2023, occorre prendere in considerazione il dato riportato in dichiarazione (al netto delle perdite pregresse) e che i dati rilevanti a tal fine sono quelli indicati nel modello ''Redditi persone fisiche'' ai quadri RE (reddito di lavoro autonomo derivante dall'esercizio di arti e professioni), LM (reddito d'impresa o di lavoro autonomo, derivante dall'esercizio di arti e professioni, conseguito dalle persone fisiche che fruiscono del regime forfetario o del regime c.d. ''di vantaggio'' per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità), RF (reddito d'impresa in contabilità ordinaria), RG (reddito d'impresa in regime di contabilità semplificata) e RD (Reddito di allevamento di animali e reddito derivante da produzione di vegetali e da altre attività agricole). In sostanza, dunque, ai fini dell'applicazione del regime agevolativo in commento, il reddito da confrontare è quello derivante dall'esercizio di attività d'impresa o di lavoro autonomo e non quello complessivo. Pertanto, con riferimento ai quesiti: - le somme in questione, concorrendo al reddito complessivo e non alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, non rilevano ai fini della applicazione della ''flat tax incrementale''; - le somme corrispondenti a contributi non dedotti nell'anno di versamento e restituite all'Istante nel 2023 non rientrano tra le somme da assoggettare a tassazione e, non essendo riconducibili a nessuna categoria reddituale, non hanno alcuna rilevanza. Fonte: Risp. AE 4 aprile 2024 n. 86
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