martedì 26/03/2024 • 06:00
La CGUE, con la causa C-10/22 del 21 marzo 2024 ha dichiarato che la normativa italiana che esclude dalla gestione dei diritti d’autore le società indipendenti stabilite in un altro Stato membro è incompatibile con il diritto UE, poiché costituisce una restrizione ingiustificata e sproporzionata alla libera prestazione dei servizi.
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La Corte di Giustizia Europea (CGUE), Quinta Sezione, con la recente sentenza ECLI:EU:C:2024:254 pubblicata in data 21 marzo 2024, con riferimento alla causa C‑10/22 tra LEA – Liberi editori e autori (LEA) contro Jamendo SA (Jamendo), ha dichiarato che la normativa italiana che esclude dalla gestione dei diritti d’autore le società indipendenti stabilite in un altro Stato membro è incompatibile con il diritto dell’Unione, poiché costituisce una restrizione ingiustificata e sproporzionata alla libera prestazione dei servizi.
Questa pronuncia ha un impatto rivoluzionario sullo scenario italiano della gestione dei diritti d'autore, sfidando il duopolio (ancora) esistente in Italia tra la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) e la l’associazione italiana LEA. La sentenza non solo apre la strada a una maggiore concorrenza nel settore, ma solleva anche importanti interrogativi sulle regole che determinano chi gestisce e raccoglie i diritti d’autore sia in Italia che nell’Unione Europea.
Attualmente, in Italia, l’attività di intermediazione in materia di diritti d’autore è riservata in via esclusiva alla SIAE e ad altri enti italiani autorizzati, iscritti nell’elenco degli organismi legittimati all’intermediazione dei diritti d’autore, inclusa tra questi la LEA, organismo di gestione collettiva disciplinato dal diritto italiano e legittimato all’intermediazione di diritti d’autore su opere musicali nel nostro Paese. Al contrario, la piattaforma web Jamendo, società di diritto lussemburghese, che si configura come entità di gestione indipendente dei diritti d’autore, opera indipendentemente distribuendo e licenziando opere musicali indipendenti in Italia dal 2004, senza essere iscritta nell’elenco degli organismi autorizzati. Per tale ragione, la LEA ha chiesto al Tribunale di Roma di ordinare alla Jamendo di interrompere la sua attività di intermediazione in materia di diritti d’autore in Italia.
È fondamentale comprendere il contesto normativo e ripercorrere la vicenda processuale che ha portato a questa rilevante decisione per cogliere appieno le implicazioni che essa comporta per il futuro della gestione dei diritti d'autore in Italia.
Il procedimento principale e la normativa italiana
Nel 2021, poiché la Jamendo operava in Italia, la LEA ha avviato un procedimento cautelare dinanzi al Tribunale di Roma (giudice del rinvio), causa iscritta al N. 58708 del 2021, contro la piattaforma lussemburghese per inibire la stessa dal proseguire la sua attività. La LEA sosteneva che la Jamendo stesse esercitando illecitamente l'attività sul mercato italiano in quanto tale attività sarebbe da assimilare alla gestione collettiva dei diritti d'autore, e quindi da considerarsi illegittima ed anticoncorrenziale. Questo perché la Jamendo non era un organismo di gestione collettiva iscritto nell’elenco degli organismi legittimati all’intermediazione dei diritti d’autore in Italia e non era in possesso degli specifici requisiti necessari per operare, previsti dal D.Lgs. 35/2017 (“Decreto di Recepimento”, con il quale Governo italiano ha recepito la Direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multi territoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, lasciando tuttavia – come di dirà nel prosieguo – sostanzialmente immutato il contenuto dell’articolo 180 della legge italiana sul diritto d’autore, creando ostacoli alla corretta applicazione della suddetta Direttiva in Italia).
Secondo l’articolo 4, paragrafo 2, del Decreto di Recepimento n. 35/2017 «I titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un’entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’entità digestione indipendente o del titolare dei diritti, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 180, della legge sulla protezione del diritto d’autore, in riferimento all’attività di intermediazione di diritti d’autore».
L’articolo 180 della legge italiana sul diritto d’autore (LDA) prevendendo che “L’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo [del] 15 marzo 2017, n. 35”, limita dunque la possibilità di agire in qualità di intermediatori di diritti d’autore su opere musicali alla sola SIAE e agli organismi di gestione collettiva (come la LEA).
La direttiva 2014/26/UE (Direttiva Barnier) e l’errata trasposizione nel diritto italiano
Nel febbraio del 2014 il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva 2014/26/UE, nota come “Direttiva Barnier (dal nome del suo promotore, il commissario Ue al Mercato interno e Servizi finanziari Michel Barnier) che regola il diritto d’autore, sottolineando che i creativi possono scegliere liberamente la società a cui affidare la tutela dei propri diritti all'interno dell'Unione europea. La Direttiva stabilisce che “i servizi di gestione collettiva di diritti d'autore e di diritti connessi dovrebbero consentire a un titolare dei diritti di poter scegliere liberamente l'organismo di gestione collettiva cui affidare la gestione dei suoi diritti, sia che si tratti di diritti di comunicazione al pubblico o di riproduzione, o di categorie di diritti legati a forme di sfruttamento quali la trasmissione radiotelevisiva, la riproduzione in sala o la riproduzione destinata alla distribuzione online, a condizione che l'organismo di gestione collettiva che il titolare dei diritti desidera scegliere già gestisca tali diritti o categorie di diritti".
Come già accennato, tuttavia, nonostante con il Decreto di Recepimento n. 35/2017, il Governo italiano abbia recepito la Direttiva Barnier, prevedendo come soggetti abilitati a fornire servizi di intermediazione dei diritti d’autore, oltre alla SIAE, sia gli organismi di gestione collettiva che le entità di gestione indipendente, il legislatore ha sostanzialmente lasciato invariata la norma che prevede una riserva all’attività di intermediazione solamente a favore di SIAE e degli organismi di gestione collettiva (come la LEA), escludendo le entità di gestione indipendente come la Jamendo.
La legge italiana, di conseguenza, sarebbe di fatto rimasta ostativa alla corretta applicazione della Direttiva Barnier, come eccepito dalla Jamendo nel procedimento principale dinanzi al Tribunale di Roma.
La Jamendo, nello specifico lamentava l’errata trasposizione della Direttiva Barnier nel diritto italiano, sostenendo che il legislatore italiano avrebbe omesso di conferire alle entità di gestione indipendenti i diritti contemplati dalla direttiva, poiché l’articolo 180 LDA, il cui contenuto è fatto salvo dal Decreto di Recepimento, continua a precludere alle entità di gestione indipendenti di operare nell’ambito dell’intermediazione in materia di diritti d’autore, costringendole all’unica alternativa obbligata di concludere accordi di rappresentanza con la SIAE o comunque con altri organismi di gestione collettiva autorizzati.
La questione pregiudiziale
Il Tribunale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e chiedere alla Corte di Giustizia Ue un’interpretazione della Direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e se tale direttiva osti alle normative di uno Stato Ue che limitano l’accesso all’attività di intermediazione dei diritti d’autore ai soli organismi di gestione collettiva, con esclusione delle entità di gestione indipendente, come avviene attualmente in Italia.
Nello specifico, con l’ordinanza di rinvio del 5 gennaio 2022, il Tribunale di Roma ha formulato e sottoposto alla Corte il seguente quesito pregiudiziale: “Se la Direttiva 2014/26/UE debba essere interpretata nel senso che essa osti ad una legge nazionale che riservi l’accesso al mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore, o comunque la concessione di licenze agli utilizzatori, solo ai soggetti qualificabili, secondo la definizione della medesima Direttiva, come organismi di gestione collettiva, escludendo quelli qualificabili come entità di gestione indipendenti, costituiti sia nel medesimo stato sia in altri Stati membri”.
La pronuncia della Corte di Giustizia Ue sulla questione pregiudiziale
Con la sua sentenza del 21 marzo, la Corte di Giustizia Ue ha stavilito che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale “nella misura in cui non consente alle entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare in Italia i loro servizi di gestione dei diritti d’autore, costringendo in tal modo queste ultime a concludere accordi di rappresentanza con un organismo di gestione collettiva autorizzato in tale Stato membro, costituisce manifestamente una restrizione alla libera prestazione dei servizi garantita dall’articolo 56 TFUE”.
La Corte tuttavia ha aggiunto che sebbene tale restrizione possa (in linea di principio) essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale (che secondo giurisprudenza costante possono consistere nel tutelare i diritti di proprietà intellettuale), essa appare sproporzionata poiché preclude in modo generale e assoluto a qualsiasi entità di gestione indipendente stabilita in un altro Stato membro di svolgere la sua attività nel mercato di cui trattasi; misure meno lesive della libera prestazione dei servizi consentirebbero di conseguire l’obiettivo perseguito.
Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che la normativa italiana contestata non sia compatibile col diritto dell’Unione europea ha concluso dichiarando che l’’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la Direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso “osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri”.
Questa sentenza, oltre a garantire la piena libertà di scelta in capo ad autori e musicisti circa il soggetto a cui affidare l’intermediazione dei propri diritti, dovrebbe anche segnare finalmente la piena liberalizzazione del mercato dell’intermediazione musicale, con conseguente rivoluzione del quadro normativo italiano.
Fonte: CGUE 21 marzo 2024 causa C 10/22
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