L'essenza della funzione organizzativa
La rapida diffusione dello smart working in occasione del periodo pandemico aveva fatto perdere di vista l'essenza stessa di questa particolare forma organizzativa della prestazione di lavoro, che, di fatto, si risolveva in una sorta di ammortizzatore sociale improprio, per consentire di lavorare tra le proprie mura domestiche e sfuggire così ai rischi di contagio. Esigenze che sono state confermate, con ripetuti rinvii, fino al 31 marzo, in riferimento a particolari categorie di lavoratori, da ultimo i c.d. “fragili”, per via di particolari patologie che ne mettevano a rischio le condizioni generali di salute in caso di contagio, ed i genitori di minori di 14 anni, per le esigenze di attenzione ai figli.
Il lavoro agile quindi, che nelle intenzioni del legislatore del 2017 era destinato ad incrementare la competitività ed agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, secondo l'organizzazione della prestazione che, rispetto al tempo ed al luogo di lavoro, è determinata dalle parti, si era trasformato in una misura anti-contagio o sostitutiva di altri strumenti di assistenza, risolvendosi in una organizzazione tutt'altro che agile, considerato che si trattava di riconoscere quello che era diventato un vero e proprio diritto di lavorare da casa propria. Conseguenza evidentemente lontana dalla ratio individuata con l'art. 1 Legge 81/2017, che pone quale presupposto della realizzazione dei propri fini la flessibilità organizzativa, fondata sulla determinazione delle parti, che si consolida nell'accordo scritto, con la specificazione dell'assenza di precisi vincoli quanto al tempo ed al luogo della prestazione lavorativa, che – espressamente – può svolgersi in parte (e non interamente) al di fuori dei locali aziendali, senza la necessità di individuare una postazione fissa. Il picco dell'applicazione del lavoro agile ha testimoniato come premesso ben altro: una prestazione lavorativa resa pressoché per intero fuori dal luogo di lavoro, normalmente a casa propria, indipendentemente dalla verifica delle conseguenze per la produttività, ma soltanto per ragioni “protettive”. L'abbandono delle proroghe che ormai venivano reiterate da tempo, consente di recuperare la natura effettiva del lavoro agile, e di verificarne, in proiezione futura, il tasso di applicazione e le modalità della sua utilizzazione, analizzando quelle potenzialità in termini di efficienza della produzione e miglioramento della conciliazione dei tempi di vita e lavoro che, al netto delle rigidità della previsione dei requisiti e della pretendibilità della sua adozione, possono costituire un valido riscontro della efficacia dello strumento.
La volontà delle parti e la centralità dell'accordo
In questo senso la volontà delle parti ritorna ad essere centrale per il ricorso al lavoro agile, e l'accordo scritto che ne deve costituire il compendio evidente, il momento essenziale della disciplina, nell'ambito di un ritorno della sua applicazione ontologica.
Non è escluso infatti, che anche dopo il 1° aprile lavoratori fragili, genitori di minorenni, ma anche care givers o portatori delle più varie esigenze anche non qualificate normativamente, possano manifestare l'esigenza di ricorrere al lavoro agile. In quel caso però, decaduta la previsione emergenziale, l'istanza non configurerà più la pretesa di un diritto riconosciuto ex lege, ma potrà costituire l'occasione per aprire il dialogo finalizzato all'accordo tra le parti per la disciplina della prestazione lavorativa fuori dai locali aziendali, con l'obiettivo, condiviso, di garantire l'incremento della competitività e l'agevolazione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, secondo la libera determinazione delle parti.
L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile, che l'art. 18 Legge 81/2017 pone al centro della disciplina della previsione, ai sensi dell'art. 19 è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova. Pertanto, non si tratta di una forma scritta richiesta ad substantiam, e quindi laddove mancasse l'accordo, la prestazione lavorativa agile sarebbe comunque validamente resa, sebbene evidentemente si porrebbero problemi circa la dimostrazione della convenzione delle modalità concordate, oltre alla irregolarità amministrativa (rappresentata ad esempio dalla mancanza della comunicazione dell'accordo medesimo) dichiarata dalla stessa norma.
L'accordo per lo svolgimento del lavoro agile, ricordiamo, può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni, che sono innalzati fino a novanta nel caso di lavoratori disabili (art. 19, c. 2, Legge 81/2017). Questa seconda opzione, ragionevolmente, è dichiarata in maniera esplicita dalla norma, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato. Tale ultima previsione induce a preferire, pragmaticamente, comunque la stipula di accordi a tempo indeterminato, perlomeno per i periodi di durata superiore, per la certezza delle modalità di risoluzione, che contemplano la sola concessione del preavviso, al confronto con la difficoltà di individuare in maniera inequivoca un non meglio qualificato “giustificato motivo” (oggettivo? Soggettivo? Considerato così come per i licenziamenti? E allora la giusta causa?), espressione con la quale verosimilmente il legislatore ha voluto ricomprendere qualsiasi ragione che induca alla cessazione della prestazione lavorativa fuori dei locali aziendali, ma sicuro ricettacolo di contenzioso attorno alla individuazione della sua effettiva “giustificatezza”.
In ogni caso, laddove le parti convengano di stipulare un accordo di lavoro agile a tempo determinato, questo non necessiterebbe di particolari giustificazioni oggettive, né del ricorso alle condizioni tipicamente previste dal D.Lgs. 81/2015 per il contratto di lavoro a tempo determinato. Ciò perché il lavoro agile non è che una forma organizzativa, parziale, di un rapporto, e di un contratto, di lavoro subordinato già stipulato nella sua essenzialità che pertanto, al netto di questo momento organizzativo, rimane intonso, ed è perciò sufficiente l'accordo delle parti, qualsiasi sia la ragione (ovviamente lecita) che le induce a circoscrivere la durata del lavoro agile, trattandosi di fatto dell'esercizio della loro volontà rispetto a diritti nella piena disponibilità del lavoratore.
Il contenuto dell'accordo
Detto della centralità della funzione dell'accordo scritto tra le parti per la disciplina dell'esecuzione della prestazione lavorativa “agile”, le norme della legge 81/2017 risultano piuttosto scarne di dettagli quanto al suo contenuto concreto, al netto delle affermazioni di principio che, in massima parte, esprimono evidenti preoccupazioni di garanzia o poco più. Sappiamo che non è necessario individuare il luogo di lavoro esterno né la collocazione oraria della prestazione (art. 18, c. 1), che deve avere riguardo delle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore (art. 19, c. 1, e art. 21). L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. (art. 19, c. 1).
È il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021, ad offrire nello specifico qualche indicazione più precisa. Secondo quanto previsto dall'art. 2 dell'atto sottoscritto dal Ministero del lavoro e le parti sociali, l'accordo deve contenere perlomeno le seguenti indicazioni:
durata dell'accordo, che può essere a termine o a tempo indeterminato;
l'alternanza tra i periodi di lavoro all'interno e all'esterno dei locali aziendali;
i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
gli aspetti relativi all'esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
gli strumenti di lavoro;
i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto sia dall'art. 4, legge 300/70 (Stat. Lav.) e s.m.i. sia dalla normativa in materia di protezione dei dati personali;
l'attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
La scelta del legislatore di non costringere a particolari vincoli la determinazione delle parti per la disciplina del lavoro agile è coerente con la ricercata flessibilità gestionale della soluzione. Tuttavia la necessità di riempire di contenuti concreti la formulazione dell'accordo è altrettanto evidente, ed anche possibile alla luce della stessa formulazione legislativa, che contempla tale eventualità sia esplicitamente, attraverso l'art. 19, che assegna proprio all'accordo tra le parti il compito di disciplinare l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, sia in maniera implicita, con l'art. 18, che individua la caratteristica essenziale della modalità organizzativa del lavoro agile nella assenza di “precisi” vincoli di orario “o” di luogo di lavoro, il che vale quanto dire che: innanzitutto luogo e orario di lavoro possono essere soggetti ad una qualche regolamentazione tra le parti, individuando dei limiti e/o delle prescrizioni, ad esempio per individuare canoni operativi di sicurezza e tutela della salute, senza perciò snaturare l'istituto così come previsto e la dote di autonomia che il legislatore ha individuato. In secondo luogo, la plausibilità, stando alla lettera della legge, di una prestazione di lavoro agile ex legge 81/2017 che possa prevedere la flessibilità anche soltanto di uno dei due elementi tipici rappresentanti dal luogo di lavoro e dal tempo della prestazione, possibilità che pare essere riconosciuta dalla formulazione disgiuntiva adottata. È lungo questo esercizio di autonomia guidata (anche dalla contrattazione collettiva) delle parti, che si gioca la partita ed il futuro del lavoro agile, quale forma di organizzazione flessibile di una prestazione lavorativa che rimane, dichiaratamente, di natura subordinata, ma che dovrà misurarsi anche con concetti nuovi nel rapporto lavoro/tempo/retribuzione, dovendosi organizzare anche per fasi, cicli e obiettivi, dando la stura, auspicabilmente, a quel ricercato equilibrio tra produttività e sostenibilità (dell'ambiente, non solo di lavoro, e della persona), occasione per la creazione di modelli organizzativi e ambienti lavorativi innovativi e perciò proiettati al futuro.