venerdì 08/03/2024 • 06:00
Il Decreto PNRR introduce un'esenzione contributiva per i nuovi rapporti di lavoro domestico a tempo indeterminato, tecnicamente perfettibile, economicamente coerente al fine dichiarato, ottima come indirizzo ma inefficace a causa della copertura di una platea di rapporti infinitesimale.
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L'art. 29 del DL 19/2024 (Decreto PNRR) è intitolato “Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare”, in questo contenitore troviamo sostanzialmente tre gruppi di disposizioni: revisione delle regole del lavoro negli appalti; esenzione contributiva biennale per i datori di lavoro domestico per gli anziani fragili; patente a punti per imprese con cantieri temporanei o mobili.
La misura di esenzione contributiva, prevista ai commi da 15 a 18, è quella che ora ci interessa. Pur essendo piccola cosa, sia all'interno dell'articolo 29 che di tutto il DL 19/2024, e pur essendo piccolissima cosa relativamente al numero complessivo di lavoratori del settore del lavoro domestico, è assolutamente importante per la novità assoluta che introduce in materia di esenzione contributiva.
Le caratteristiche dell'esenzione
Analizzando il decreto, si può criticare il finanziamento totale ed il limitatissimo numero di rapporti cui il provvedimento è destinato. L'importo finanziato è di 127,2 milioni di euro nel periodo 2024-2027. Importo decisamente limitato se verifichiamo il numero di lavoratori FTE (tempo pino equivalente) cui può rivolgersi l'esenzione. Al massimo, parliamo di 24.900 lavoratori nel biennio, su una platea di oltre 2 milioni di lavoratori di cui solo 894 mila in regola o parzialmente in regola.
Ma andiamo con ordine. L'esenzione opera “in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato di contratti di lavoro domestico con mansioni di assistente a soggetti anziani”. In fase di conversione varrebbe la pena di modificare il periodo inserendo il soggetto da assumere: “… a tempo indeterminato di contratti riferentesi a lavoratori domestici con mansioni …”.
Da quando e sino a quando? Il decreto è entrato in vigore il 2 marzo 2024, ma la disposizione prevede un differimento dell'entrata in vigore “a decorrere dalla data che sarà comunicata dall'INPS a conclusione delle procedure di ammissione a finanziamento sul Programma Nazionale Giovani, Donne e Lavoro 2021-2027 previste dal comma 18”, sarebbe il caso di definire la data attraverso una norma di legge piuttosto che delegare l'INPS a fissarne la decorrenza. Dalle prime indiscrezioni sembrerebbe che si tratti delle assunzioni e trasformazioni effettuate a decorrere dal 1° aprile 2024, l'Istituto avrebbe quindi tempo sino al 10 luglio 2024 per emanare la circolare applicativa della misura. È invece certa la scadenza “fino al 31 dicembre 2025”, quindi anche le assunzioni o trasformazioni effettuate con decorrenza 31 dicembre 2025 fruiranno del biennio di esenzione contributiva.
Assunti da chi? Soggetti anziani, con età anagrafica di almeno 80 anni (compiuti), già percipienti l'indennità di accompagnamento con ISEE sino ad un importo (compreso) di 6.000 euro.
A quanto ammonta l'esenzione? 3.000 euro/anno per 24 mesi, riparametrato e applicato su base trimestrale, dei contributi previdenziali ed assicurativi (sembrerebbe quindi INAIL compreso) a carico del datore di lavoro. C'è un problema sulla fruizione trimestrale per gli assunti in corso di trimestre o cessati in corso di trimestre, però la capacità di “copertura” contributiva c'è tutta, si può cioè ritenere completamente coperta l'intera contribuzione a carico delle famiglie. Infatti una “badante” full time (54 ore settimanali) costa alle famiglie, in termini di contributi, circa 2.555 euro/anno. Anche con eventuali ore di lavoro straordinario difficilmente si raggiungerà l'importo massimo di esenzione. Poiché la misura si riferisce al singolo lavoratore, è chiaro che in caso di assunzione o trasformazione di ulteriori lavoratori con rapporti a tempo indeterminato, ancorché in capo allo stesso datore di lavoro, lo stesso avrebbe diritto ad usufruire di altrettanti sgravi contributivi.
Quando non si può fruire del beneficio
Vi è poi una previsione – comma 17 – di tutela dei rapporti in essere e per prevenire comportamenti impropri. Non possono fruire del beneficio coloro che licenziano per poi riassumere lo stesso lavoratore (nel settore è da sempre ammesso il recesso ad nutum), a meno ché la cessazione sia intervenuta da più di sei mesi, il divieto vale anche per i rapporti che riguardano coloro che compongono il nucleo famigliare del precedente datore di lavoro. Il beneficio non si può richiedere nemmeno per assumere un parente o un affine, salva la previsione che tutela i datori di lavoro grandi invalidi, ciechi, sacerdoti o comunità religiose o militari di tipo familiare (come previste dall'articolo 1, comma 3, secondo periodo, numeri da 1 a 5, DPR 1403/71). È da annotare che, per il tenore testuale della norma, il licenziamento di una colf, per poi nuovamente assumerla come assistente alla persona, non sarebbe vietato: “… sia cessato un rapporto di lavoro domestico con mansioni di assistente a soggetti anziani …”. Rimane comunque accertato che il tenore di controllo sembrerebbe abbastanza “tenue”. Si pensi, per esempio, al figlio, dell'anziano con i requisiti, che potrebbe licenziare la lavoratrice per farla assumere dal padre il giorno seguente in presenza della semplice condizione di non essere componenti lo stesso nucleo familiare. A ben riflettere tale impostazione ha una logica, rispetto il fine dell'emersione di lavoro sommerso, ma forse alla logica non soccorre la quantità complessiva dell'importo – chi ha un lavoratore in nero nemmeno oggi paga i contributi, compresi quelli del lavoratore – e nemmeno la dimensione della platea cui il beneficio si riferisce – le stime parlano di 29 mila anziani fragili, ultraottantenni, con ISEE inferiore a 6 mila euro – si rischia che rimangano fondi non utilizzati visto che si parla di nuovi rapporti di lavoro per persone che sicuramente già avranno una assistente familiare. Per una concreta lotta al lavoro sommerso, non si può limitare la platea in base a vincoli di reddito o di fragilità, occorre una azione generale.
Anche le famiglie fruiscono di benefici contributivi
L'unico vero segnale positivo è la caduta di un tabù esistente da sempre: anche le famiglie possono fruire di benefici contributivi. Questa apertura, che sembrerebbe banale, in realtà non lo è per nulla. Tutti i precedenti provvedimenti di esonero o di agevolazione, riguardanti la contribuzione da versare all'INPS, vedevano il settore del lavoro domestico escluso. Giusto per fare esempi concreti, la riduzione del cuneo previdenziale (da ultimo prorogata a tutto il 2024 con L. 213 del 2023) e il c.d. bonus mamme (anch'esso regolato nella Legge 213/2024), due misure a favore delle lavoratrici e non del datore di lavoro, escludono le lavoratrici domestiche dalla fruizione. Ma anche norme con benefici più importanti destinati al datore di lavoro, come l'incentivo occupazione giovani (Manovra 2023 – Art. 1, c. 297, L.197/2022), o gli incentivi per l'assunzione di percettori misura di inclusione (art. 10 DL 48/2023).
Gli impatti della misura
In estrema sintesi, in attesa, da parte dell'INPS, della circolare applicativa della misura che verrà applicata a poche migliaia di datori di lavoro e che inciderà in modo insignificante sulla emersione del lavoro nero, pur notando alcune problematiche nell'individuazione dei rapporti ammissibili all'esonero contributivo e nella determinazione degli importi nei periodi trimestrali incompleti, rimane il parere positivo sulla quantificazione della dotazione massima annuale e della (tanto sospirata dai datori di lavoro) inclusione del settore tra le tipologie di rapporti ammissibili alla misura di sostegno all'occupazione, in questo caso addirittura unico settore destinatario. La grande delusione è la risicatissima platea che potrebbe fruire del beneficio. Su questo versante, per incidere sul lavoro irregolare come dichiarato dal titolo dell'articolo 29 del decreto in esame, occorrerà allargare gli incentivi a tutti i rapporti che si verranno a costituire, quindi anche per l'assunzione di colf e baby sitter, e per tutti i datori di lavoro che li costituiscono, e, più in generale, occorrerà pensare a misure fiscali di deducibilità totale del costo del lavoro domestico.
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