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venerdì 08/03/2024 • 06:00

Fisco DALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

Società di comodo: illegittime le limitazioni alla detrazione IVA

È illegittima, sul piano comunitario, la disciplina delle società di comodo, laddove esclude il diritto di detrazione, di rimborso e di compensazione del credito IVA nel caso in cui le operazioni attive siano di importo inferiore a una predeterminata soglia.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCEC

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  • Tempo di lettura 1 min.
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Con la sentenza relativa alla causa C-341/22 del 7 marzo 2024, la Corte di Giustizia UE ha valutato la compatibilità, sul piano comunitario, delle limitazioni al diritto di detrazione e di rimborso dell'IVA previste dall'art. 30, L. 724/94, per le società di comodo, confermando, soltanto in parte, le conclusioni presentate dall'Avvocato generale il 28 settembre 2023.

Soggettività passiva IVA

Il primo aspetto esaminato dalla Corte è relativo alla soggettività passiva IVA delle società di comodo.

Ad avviso dei Giudici comunitari, l'art. 9, par. 1, Direttiva 2006/112/CE, non esclude la soggettività passiva IVA in capo al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d'imposta, effettua operazioni rilevanti ai fini IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia prevista dall'art. 30, L. 724/94, che corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone.

Si tratta di una conclusione coerente con il dato normativo, in quanto la soggettività passiva è collegata all'esercizio di un'attività economica, definita dallo stesso art. 9, par. 1, Direttiva 2006/112/CE con un taglio oggettivo, ossia in sé considerata, indipendentemente dai suoi scopi e risultati.

Ciò che rileva, al riguardo, è esclusivamente il fatto che l'operatore eserciti effettivamente un'attività economica e, come specificato dalla norma in esame, che sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità, a prescindere dalla misura dei proventi.

Del resto, è il caso di osservare che la soggettività passiva è riconosciuta anche per le spese propedeutiche all'attività d'impresa, in particolare quando risultano del tutto assenti i ricavi e quand'anche l'attività dovesse cessare senza che siano stati conseguiti ricavi.

Diversa è, invece, la situazione delle società di mero godimento, rispetto alle quali l'art. 4, c. 5, D.P.R. 633/72, nega la soggettività passiva in considerazione del fatto che la loro attività non è rivolta al mercato e, quindi, allo specifico fine di escludere la detraibilità dell'IVA a monte, relativa a quei beni - nella specie, unità immobiliari classificate o classificabili nella categoria catastale “A” e le loro pertinenze, a esclusione delle unità classificate o classificabili nella categoria “A/10”, unità da diporto, aeromobili da turismo o qualsiasi altro mezzo di trasporto a uso privato, complessi sportivi o ricreativi, compresi quelli destinati all'ormeggio, al ricovero e al servizio di unità da diporto - che vengono utilizzati, a titolo personale o familiare, gratuitamente o verso un corrispettivo inferiore al valore normale.

Detrazione IVA

Il secondo aspetto analizzato dalla Corte è relativo ai limiti alla detrazione dell'IVA per le società di comodo.

Ad avviso dei Giudici comunitari, le limitazioni al riguardo previste dall'art. 30, L. 724/1994, nei confronti del soggetto che, nel corso di un determinato periodo d'imposta, effettua operazioni rilevanti ai fini IVA il cui valore economico non raggiunge una prefissata soglia, si pongono in contrasto con l'art. 167, Direttiva 2006/112/CE e con i princìpi di neutralità e di proporzionalità.

Dall'art. 168, Direttiva 2006/112/CE, si desume che, per esercitare il diritto di detrazione, devono essere soddisfatte due condizioni. In primo luogo, il cessionario/committente deve essere un soggetto passivo e, in secondo luogo, i beni/servizi acquistati devono essere utilizzati dallo stesso soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni imponibili e, a monte, i predetti beni/servizi devono essere ceduti/resi da un altro soggetto passivo.

Pertanto, la Direttiva 2006/112/CE non subordina il diritto di detrazione al requisito che l'importo delle operazioni attive, rilevanti ai fini dell'IVA, effettuate a valle dal soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una predeterminata soglia.

Il diritto alla detrazione dell'IVA può essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente e, al riguardo, le misure che gli Stati membri possono adottare, ai sensi dell'art. 273, Direttiva 2006/112/CE, per assicurare l'esatta riscossione dell'IVA ed evitare le evasioni, non devono eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. Esse, quindi, non possono essere utilizzate in maniera tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione e, dunque, la neutralità dell'imposta.

Sul punto, il Giudice del rinvio ha rilevato che l'art. 30, L. 724/94, mira a contrastare le evasioni disincentivando la costituzione di società di comodo e lo specifico meccanismo istituito a tal fine si basa sulla presunzione secondo cui, quando l'importo delle operazioni effettuate a valle nel corso di un determinato periodo d'imposta non raggiunge la soglia calcolata applicando i criteri previsti dalla norma, la società non è considerata operativa, a meno che sia in grado di dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, l'impossibilità di raggiungere la soglia di cui trattasi. La società considerata non operativa non può più esercitare il diritto alla detrazione dell'IVA per le operazioni attive poste in essere nel periodo d'imposta controverso.

La presunzione introdotta dall'art. 30, L. 724/94, in quanto fondata esclusivamente sulla valutazione del volume delle operazioni attive, non si basa sui criteri definiti dalla giurisprudenza comunitaria per verificare se la detrazione è operata fraudolentemente o abusivamente, consistenti nella valutazione della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini dell'IVA effettuate dal soggetto passivo.

Pertanto, ha concluso la Corte, la presunzione in esame non è idonea a dimostrare che il diritto alla detrazione sia stato invocato in modo fraudolento o abusivo, proprio perché la detrazione può essere negata solo quando gli elementi presi in considerazione per dimostrare l'evasione o l'abuso siano stati sufficientemente dimostrati senza ricorrere a supposizioni.

In definitiva, la normativa italiana in materia di società di comodo, che nega il diritto alla detrazione, al rimborso o alla compensazione dell'IVA, è illegittima sul piano comunitario.

Fonte: CGUE 7 marzo 2024 (C-341/22)

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