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giovedì 29/02/2024 • 06:00

Impresa Crisi d'impresa

Liquidazione giudiziale: possibile restituire al curatore le somme sequestrate

La Corte d'Appello di Bologna ha chiarito che la delega sul conto corrente bancario della società in favore del suo legale rappresentante non è da sola sufficiente a legittimare il sequestro preventivo sulle somme giacenti: i beni della società si presumono, fino prova contraria, a garanzia dei creditori sociali.

di Fabio Pari - Avvocato - Resp. area legale www.skema.it

di Martina Crociani - Avvocato in Rimini e Bologna

+ -
  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Con l'ordinanza che si annota la Corte di Appello di Bologna è intervenuta in merito alla richiesta, presentata dal curatore di una liquidazione giudiziale quale terzo interessato avente diritto, di restituzione di beni già sottoposti a sequestro preventivo e successivamente confiscati dal Tribunale con sentenza non ancora passata in giudicato.

Il contributo si pone l'obiettivo di portare all'attenzione del lettore le due principali questioni affrontate dalla Corte felsinea: la legittimazione del curatore a proporre impugnazione o istanza di revoca avverso i provvedimenti cautelari reali che interessano il patrimonio sociale della liquidazione giudiziale e l'inidoneità delle deleghe bancarie a beneficio dell'amministratore della società in bonis a provare la disponibilità delle somme in capo al destinatario del provvedimento ablatorio. 

Nei fatti, il curatore della società XX s.r.l. in liquidazione giudiziale, una volta nominato, non ha potuto disporre delle somme giacenti sui conti correnti della società in quanto già oggetto di un precedente provvedimento di sequestro emesso quando la società era ancora in bonis dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti della persona fisica allora legale rappresentante della società, imputato nell'ambito di un procedimento penale per reati tributari dichiarativi commessi, però, quale legale rappresentante di altra società (la YY s.r.l.) e, pertanto, rispetto ai quali la società XX s.r.l. risultava del tutto estranea.

In fase di esecuzione del sequestro preventivo destinato alla confisca per equivalente tali somme (pur formalmente della XX s.r.l.) sono state sequestrate perché ritenute nella sostanziale disponibilità diretta del suo legale rappresentante e amministratore. Tale circostanza è stata desunta dalla presenza di una delega ad operare sui conti correnti bancari della società in favore dell'imputato il quale, appunto, ne ricopriva la carica di amministratore unico e legale rappresentante.

La legittimazione attiva del curatore

Anzitutto, ai nostri fini, occorre precisare che con l'introduzione dell'art. 320 del D.Lgs. 14/2019 (codice della crisi di impresa e dell'insolvenza) il legislatore ha riconosciuto una generale legittimazione al Curatore della liquidazione giudiziale per proporre impugnazione avverso i provvedimenti cautelari reali a tutela della garanzia del patrimonio sociale, nelle modalità previste dal codice di procedura penale.

Sul punto prima della novella si sono riscontrate in giurisprudenza diverse pronunce contraddittorie: in un primo momento, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 29951/2004 (c.d. Focarelli), avevano avallato la legittimazione del curatore a proporre l'istanza di riesame del provvedimento di sequestro preventivo; successivamente, le medesime Sezioni Unite, con sentenza n. 11170/2014, (cd. Uniland), hanno espresso un principio di senso opposto, affermando - in un caso di responsabilità da reato degli enti - la carenza di legittimazione del curatore ad impugnare il sequestro preventivo funzionale alla confisca dei beni della società fallita.

Infine, con la sentenza n. 45936/2019, le Sezioni Unite hanno riaffermato il primo orientamento, dando altresì atto che la legittimazione del curatore, poiché discendente dalla titolarità del diritto alla restituzione dei beni sequestrati, dev'essere riconosciuta anche in relazione ai beni caduti in sequestro prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, giacché anch'essi facenti parte della massa attiva che entra nella disponibilità della curatela.

L'ordinanza della Corte di Appello di Bologna, nel solco della più recente giurisprudenza di legittimità, dà applicazione ai principi richiamati dalle Sezioni Unite del 2019, riconoscendo al curatore la legittimazione ad agire anche in relazione a provvedimenti ablatori emessi prima della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

(In)disponibilità delle somme ai fini della confisca per equivalente: la delega ad operare sul conto corrente bancario

Chiarita la possibilità per il curatore di tutelare il patrimonio sociale della fallita dinanzi al giudice penale è ora necessario soffermarsi sul tema centrale della pronuncia in esame: l'impossibilità di ritenere le somme giacenti nei conti correnti bancari di una società terza estranea al reato nella disponibilità del suo legale rappresentante per il solo fatto che quest'ultimo fosse legittimato ad operare su tali conti correnti.

Ferma la distinzione tra il patrimonio dell'amministratore e quello della persona giuridica (soggetto dotato di una propria autonomia patrimoniale), si presume che quest'ultimo sia gestito, fino a prova contraria, esclusivamente nell'interesse dell'ente, così come il patrimonio della società destinato alla garanzia dei creditori sociali. Pertanto l'utilizzo della delega a operare sui conti correnti della società in favore del suo amministratore si presume avvenga, fino prova contraria, nell'interesse della persona giuridica nell'ambito del ruolo gestorio ricoperto e dei relativi obblighi contrattuali su di esso gravanti.

Salvo quindi che non sia concretamente dimostrato che la società non costituisca altro che uno schermo fittizio (attraverso indici che possano avvalorare l'effettiva e concreta commistione dei patrimoni della società e del suo amministratore, come il compimento da parte di quest'ultimo di atti di disposizione per finalità personali e/o del tutto estranee all'oggetto sociale), la gestione dei beni societari da parte del suo amministratore deve ritenersi nell'interesse dell'ente ed in ragione della funzione che lo stesso svolge.

Sulla scia di tale presupposto deve concludersi che la sola delega a beneficio dell'amministratore a operare sul conto corrente di una società non sia sufficiente a determinare la disponibilità giuridica del denaro giacente in capo allo stesso e dunque la relativa “sequestrabilità” per un fatto che non coinvolge la società medesima. Secondo il Supremo Consesso, infatti, “la delega non può da sé ritenersi elemento dimostrativo del potere di esercitare autonomamente le facoltà del proprietario o del possessore delle somme” (Cass. Pen., Sez. III, Sent. nr. 27702/2022), essendo sempre necessaria una verifica in concreto volta ad accertare se l'imputato abbia di fatto esercitato poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare dei rapporti bancari per finalità del tutto estranee alla normale attività gestionale della società.

Le conclusioni adottate dalla Corte di Appello di Bologna

La Corte di Appello di Bologna con ordinanza in commento, previo parere favorevole del Procuratore Generale, ha ritenuto illegittimo il sequestro delle somme rinvenute nei conti correnti della società XX s.r.l. estranea al reato, ritenendo che la mera delega ad operare sui conti correnti in favore dell'amministratore non valga ad attribuire la disponibilità del danaro in capo al medesimo e affermando che il patrimonio della persona giuridica deve ritenersi destinato alla garanzia dei creditori sociali.

In conseguenza di ciò ha revocato il sequestro accogliendo la richiesta di restituzione delle somme avanzata dal curatore della liquidazione giudiziale, che, rappresentando parte dell'attivo, devono essere (ri)messe a disposizione della massa creditoria.

Fonte: Corte Appello Bologna n. 8/2024

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