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venerdì 23/02/2024 • 06:00

Fisco DALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

IVA: rimborso senza interessi moratori in assenza di violazione del diritto UE

L'indisponibilità, in capo all'Ente pubblico locale, dell'importo corrispondente alla maggiore imposta versata, se non è dovuta a una violazione del diritto dell'Unione, dà luogo al rimborso dell'imposta ma non al pagamento degli interessi di mora.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCEC

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Con la sentenza di cui alla causa C-674/22 del 22 febbraio 2024, la Corte di giustizia UE si è espressa sull'obbligo, da parte degli Stati membri, di pagare gli interessi di mora in caso di restituzione di un'imposta riscossa in violazione del diritto dell'Unione, ove la restituzione sia riconducibile ad errori compiuti dal soggetto passivo o a nuovi calcoli derivanti da una modifica normativa.

Descrizione del caso

A seguito della correzione “a posteriori” delle dichiarazioni IVA presentate per gli anni dal 2012 al 2016, ad un Comune dei Paesi Bassi è stato riconosciuto un rimborso d'imposta.

La controversia verte sulla questione se, sull'imposta restituita, debbano essere pagati anche gli interessi moratori.

Per ciascuna fattura ricevuta, il Comune è tenuto a verificare se il bene/servizio acquistato è riconducibile ad un'attività non economica o ad un'attività economica e, in quest'ultimo caso, se ha diritto alla detrazione dell'imposta.

Le spese generali, che non possono essere direttamente imputate ad un'attività determinata, possono dare luogo, in parte, alla detrazione dell'imposta e, in parte, ad un contributo, i cui rispettivi importi sono stabiliti dal Comune sulla base della propria contabilità, applicando uno specifico criterio di ripartizione.

A seguito delle modifiche alla normativa nazionale sulla contabilità comunale, nonché della nuova classificazione fiscale di alcune delle sue attività, il Comune ha elaborato un nuovo criterio di ripartizione contabile dell'IVA pagata a monte, in base al quale il diritto alla contribuzione risulta ridotto e il diritto a detrazione dell'imposta aumentato.

Inoltre, dall'esame della contabilità, il Comune ha rilevato errori nella classificazione di alcuni servizi da esso forniti e nella registrazione di alcune voci di debito e di credito.

Le rettifiche apportate alla contabilità hanno comportato un nuovo calcolo dell'IVA dovuta e di quella a credito per gli anni dal 2012 al 2016, sicché il Comune, nell'anno 2017, ha chiesto il rimborso di una parte dell'IVA pagata.

Le Autorità fiscali hanno concesso il rimborso, negando però il pagamento degli interessi moratori, previsti dalla normativa olandese quando viene rimborsata un'imposta riscossa dallo Stato in violazione del diritto dell'Unione.

Il dubbio interpretativo del giudice nazionale è se l'indisponibilità, in capo al Comune, dell'importo corrispondente alla maggiore imposta versata sia riconducibile ad una violazione del diritto dell'Unione, tenuto conto che il rimborso discende, allo stesso tempo, sia da errori nella contabilità, per i quali l'Amministrazione finanziaria non può essere ritenuta responsabile, sia da un nuovo calcolo dell'IVA detraibile relativa alle spese generali.

Orientamento della Corte europea

Nell'esaminare la questione, la Corte ha ricordato che, qualora uno Stato membro abbia riscosso imposte in violazione delle norme del diritto dell'Unione, i contribuenti hanno diritto al rimborso non solo dell'imposta indebitamente riscossa, ma anche degli importi versati o trattenuti dallo Stato direttamente connessi all'imposta, comprese le perdite costituite dall'indisponibilità di somme di denaro a seguito del pagamento anticipato delle imposte.

Ne discende l'obbligo, per gli Stati membri, di rimborsare con interessi gli importi delle imposte prelevate in violazione del diritto dell'Unione.

Nell'ipotesi di restituzione di un'imposta riscossa dallo Stato membro in violazione del diritto dell'Unione, il principio di effettività esige che le norme nazionali relative, in particolare, al calcolo degli eventuali interessi dovuti non siano tali da privare il contribuente di un'adeguata compensazione per la perdita causata dall'indebito pagamento dell'imposta. L'entità della perdita dipende dalla durata dell'indisponibilità della somma indebitamente versata in violazione del diritto dell'Unione e si verifica, quindi, in linea di principio, nel periodo compreso tra la data dell'indebito pagamento dell'imposta in questione e la data della sua restituzione.

Ad avviso della Corte, non si può considerare che l'IVA sia riscossa “in violazione del diritto dell'Unione” solo perché il soggetto passivo non ha esercitato, per errore, il diritto di detrazione.

Allo stesso modo, l'IVA rimborsata a seguito della modifica, con effetto retroattivo, della modalità di calcolo dell'imposta detraibile relativa alle spese generali non può ritenersi riscossa “in violazione del diritto dell'Unione”.

A quest'ultimo riguardo, gli Stati membri devono garantire che la determinazione della quota-parte dell'imposta detraibile rispecchi oggettivamente l'effettiva ripartizione delle spese a monte tra ciascuna delle due attività, rispettivamente economica e non economica e, come osservato dalla Corte, gli Stati membri possono prevedere che il soggetto passivo stabilisca, mediante un criterio di ripartizione individuato sotto la sua responsabilità, la modalità di calcolo dell'IVA detraibile relativa alle spese generali.

Nella fattispecie in esame, il calcolo dell'IVA detraibile relativa alle spese generali risulta da un prospetto, elaborato dal Comune sulla base della sua contabilità, che consente di ripartire tali costi tra le attività economiche e non e, con riferimento alle prime, tra le operazioni imponibili che danno diritto alla detrazione e le operazioni esenti che non danno diritto alla detrazione.

Lo stesso Comune ha ottenuto il rimborso dell'IVA ammessa in detrazione per effetto dell'applicazione retroattiva, agli anni dal 2012 al 2016, del nuovo criterio di ripartizione che, al pari di quello precedentemente utilizzato, è stato elaborato sotto l'esclusiva responsabilità dell'ente pubblico, per cui la Corte ha affermato che l'importo dell'imposta detraibile così calcolato non può ritenersi riscosso “in violazione del diritto dell'Unione”.

In conclusione, l'indisponibilità, in capo al Comune, dell'importo corrispondente alla maggiore imposta versata, non essendo dovuta ad una violazione del diritto dell'Unione, non dà luogo al pagamento degli interessi di mora.

Fonte: CGUE 22 febbraio 2024 (C-674/22) 

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