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sabato 17/02/2024 • 06:00

Fisco DALLA CASSAZIONE

Imposte sui redditi: accertamento basato su presunzioni legali

È legittima la determinazione sintetica del reddito in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori e autonomi indici contributivi.

di Gaetano Murano - Ufficiale della Guardia di Finanza

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la Corte di Cassazione - con la sentenza n. 3782 del 12 febbraio 2024 – nel solco di un orientamento ormai pacifico - ha sostanzialmente ribadito, in punto di legittimità – la possibilità per l'Amministrazione Finanziaria di determinare sinteticamente il reddito, ai sensi dell'art. 38 del DPR 600/73 (qui considerato nel testo applicabile ratione temporis ovvero prima delle modifiche apportate dal DL 78/2010) rispettivamente:

  • sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (Redditometro);
  • attraverso la rilevazione delle cd spese per incrementi patrimoniali, ossia quelle sostenute per l'acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente, stabilendo in tal caso una presunzione di imputabilità del reddito, in quote costanti, all'anno in cui la spesa è stata effettuata ed ai cinque precedenti, ed introducendo una disciplina di favore, adottata in base all'id quod plerumque accidit, ossia al fatto che la capacità di effettuare una determinata spesa ben può attribuirsi non al reddito prodotto nello stesso anno d'imposta cui l'accertamento si riferisce, bensì alla disponibilità di capitale accumulato negli anni precedenti.

In via contestuale, ricade, ovviamente, in capo al contribuente l'onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore, cui deve seguire - ove a quell'onere abbia adempiuto - un esame analitico da parte dell'organo giudicante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (in tal senso, vgs Cass., sentenza n. 37662 in data 01.12.2021).

La decisione del giudice

La pronunzia, per quanto qui di interesse, nasce sulla base di un avviso di accertamento con cui l'Ufficio ha, rispettivamente:   

  • rilevato il possesso da parte del contribuente di beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia incrementi patrimoniali (principalmente derivanti da somme a titolo di finanziamenti infruttiferi, redditi di capitale non dichiarati, l'ausilio di una collaboratrice domestica, quattro unità immobiliari e diversi box);
  • accertato in tal guisa, una (enorme) discrasia tra l'entità dell'esborso e le entrate asserite come giustificative, con conseguente rideterminazione – in rettifica - del reddito originariamente dichiarato per l'annualità in controllo.

L'accertamento de quo, è stato dichiarato illegittimo in sede regionale, ove però non è stata operata – secondo la Suprema Corte – una valutazione di quella che era la ratio dell'accertamento emesso dall'Ufficio ossia, soprattutto, la contrapposizione tra una potenzialità reddituale irrisoria accertata in capo al contribuente e i versamenti dalla stessa effettuati.

In tale ipotesi (vgs Cass., sentenza n. 26196 in data 13.09.200) l'accertamento deve riscontrare l'effettiva erogazione della spesa - costituente il fatto noto, manifestazione di ricchezza - da parte del contribuente in un determinato momento o arco di tempo (uno o più anni di imposta), e ferma restando, come detto, la prova contraria, che può consistere, a mero titolo esemplificativo, nella dimostrazione documentale circa:

  • la sussistenza ed il possesso di redditi esenti o soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta;
  • l'inesistenza del reddito presunto ovvero che lo stesso esista, ma in misura inferiore;
  • il mancato pagamento del prezzo e, quindi, l'acquisto effettuato non denota una reale disponibilità economica, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita, anziché quella onerosa apparente.

In termini più specifici, i confini della prova contraria ritengono non sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, il contribuente è onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere.

A mero titolo esemplificativo, la prova può essere fornita con l'esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (in tal senso, Cass., sentenza n. 19082 in data 14.06.2022).

Altresì, la formale intestazione a terzi dei beni-indice non rende di per sé inoperante la presunzione legale di capacità contributiva, ove la concreta posizione dei terzi intestatari (come per esempio il coniuge fiscalmente a carico o una società a base ristretta) consenta di riferire l'effettiva disponibilità di detti beni in capo al contribuente, sul quale incombe, di conseguenza, l'onere della prova contraria dell'inesistenza in concreto dei qualificati vincoli familiari o societari posti a fondamento dell'accertamento presuntivo (cfr, in merito, Cass., sentenza n. 6195 in data 14.03.2018).

Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso la rilevanza dell'intestazione di un cespite, ai fini dell'accertamento del reddito, sulla base della non riferibilità di esso alla contribuente che lo aveva acquistato in qualità di "trustee" - peraltro destinandolo a casa di abitazione per sé e la propria famiglia - senza compiere alcun accertamento in merito al sostenimento della spesa per l'acquisto e alla disponibilità dell'immobile)

Ai fini, inoltre, della “rettifica ” de qua, viene in rilievo il reddito complessivo netto del contribuente, costituito sia dalle poste attive, sia da quelle passive, senza che, in ordine alle singole poste, sia consentita alcuna indagine, con la conseguenza che, ove esso risulti inadeguato di fronte ad elementi certi acquisiti dall'Ufficio, ed occorra far luogo all'accertamento sintetico, non possano acquistare rilievo le singole parti passive emergenti dalle dichiarazioni (in tal senso, Cass., sentenza n. 7269 in data 04.03.2022).

Peraltro, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, con sentenza n. 36711 in data 15.12.2022, la prova contraria a carico del contribuente, avente ad oggetto la provenienza non reddituale dell'elemento accertato dal fisco come sintomatico di una maggiore capacità contributiva, non è normativamente tipizzata e, dunque, può essere data con qualsiasi mezzo.

Ne consegue che ove il contribuente alleghi e dimostri di avere acceso un mutuo presso un istituto di credito ed utilizzato la somma mutuata per effettuare un finanziamento a favore di una società di cui era socio e amministratore, ottenendone successivamente il rimborso ed usandola per estinguere il mutuo – operando così il versamento ritenuto dall'Amministrazione finanziaria sintomatico di maggiore capacità contributiva – l'onere della prova contraria deve ritenersi assolto.

In ogni caso, l'Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento dell'evasione fiscale può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di un diritto del contribuente (Cass., sentenza n. 25422 in data 20.09.2021).

Fonte: Cass. 12 febbraio 2024 n. 3782

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