In data 12.02 Assonime ha pubblicato uno studio (“Studio”) sulla riforma del patto di stabilità e crescita (“Patto”).
Si ricorda innanzitutto che in data 10.02 è stato raggiunto un accordo politico provvisorio tra il Consiglio dell'UE (“Consiglio”) ed il Parlamento europeo (“Parlamento”) sulla riforma del Patto (“Riforma”).
Esigenze di riforma
Lo Studio evidenzia come l'esigenza di Riforma ha ragioni tanto variegate quanto profonde:
- le regole del Patto e la loro applicazione hanno manifestato nel tempo crescenti criticità e, in molti casi, è mancato l'enforcement minando la credibilità del Patto;
- il sistema si basa su regole molto complesse uguali per tutti gli stati membri, che per di più poggiano su variabili non osservabili (come l'“output gap” sulla cui base si calcola il saldo strutturale) e vincoli quantitativi difficilmente rispettabili (come la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL a un ritmo di un 1/20 l'anno), con incentivi limitati per le riforme e investimenti e una tendenza a generare aggiustamenti pro-ciclici;
- per fronteggiare la crisi generata dalla pandemia nel 2020, le regole sono state temporaneamente sospese per una durata successivamente prolungata alla fine del 2023 a causa della crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina;
- molto difficile tornare alle regole originarie anche considerando
- l'aumento generalizzato in molti paesi del debito pubblico e dei tassi di interesse; e
- la necessità di sostenere investimenti significativi in molti settori strategici.
- vi è forte esigenza di assicurare maggiore compatibilità fra i percorsi nazionali di riduzione del debito e di risanamento finanziario e la necessità di garantire adeguati finanziamenti pubblici a sostegno delle transizioni energetica e digitale.
Pilastri della Riforma
Giova, innanzitutto, sottolineare che
- l'accordo raggiunto sulla Riforma non si discosta troppo dalla proposta che la Commissione europea aveva presentato ad aprile 2023 ma, su richiesta di alcuni paesi, in particolare della Germania, introduce nel nuovo sistema dei vincoli quantitativi annuali (salvaguardie) per la riduzione del debito e il disavanzo pubblico;
- non sono stati modificati i valori di riferimento del 3% per il rapporto deficit/PIL e del 60% per il rapporto debito/PIL previsti dal Trattato sul funzionamento dell'UE.
In estrema sintesi, la Riforma si articola in 3 distinti provvedimenti legislativi:
- un nuovo Regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo al coordinamento e alla sorveglianza delle politiche fiscali che sostituisce il precedente Regolamento del Consiglio n. 1466/97 sul cosiddetto “braccio preventivo” e che contiene le novità più significative;
- un secondo Regolamento del Consiglio contenente modifiche relative al Regolamento del Consiglio n. 1467/97 relativo alla procedura dei disavanzi eccessivi (braccio correttivo);
- una Direttiva del Consiglio contenente delle modifiche alla normativa precedente sui requisiti per i quadri di bilancio nazionali (Direttiva 2011/85/UE).
Braccio Preventivo
Il braccio preventivo (“Braccio Preventivo”) è l'aspetto più qualificante della riforma e concerne il passaggio da un sistema di regole e obiettivi in principio uguali per tutti ad un sistema che si fonderà su percorsi di riduzione del debito negoziati fra la Commissione e il singolo Stato UE sulla base di obiettivi condivisi. Si sposta dunque l'enfasi dal monitoraggio dei disavanzi pubblici anno per anno alla valutazione in un orizzonte pluriennale. Tra le principali novità rientra inoltre l'abolizione, nel Braccio Preventivo, del criterio di convergenza del saldo strutturale verso l'obiettivo di medio termine (OMT) e, nel braccio correttivo, della regola di riduzione annuale di un ventesimo della differenza tra il rapporto debito/PIL e l'obiettivo del 60%, considerata troppo stringente.
Nella procedura in parola:
- vi sarà una prima fase di indirizzo in cui la Commissione dovrà definire, per gli Stati UE con un debito pubblico superiore al 60% del PIL o un disavanzo superiore al 3% del PIL, “traiettorie di riferimento” per la spesa netta della durata di 4 anni, estendibile a sette. Si tratta della spesa pubblica al netto della spesa per interessi, della componente ciclica per le indennità di disoccupazione, di entrate discrezionali, della spesa relativa ai programmi dell'UE interamente finanziata con fondi europei e di misure una tantum e temporanee;
- le traiettorie di riferimento dovrebbero consentire agli Stati UE di avviare o mantenere il rapporto debito/PIL su un percorso di riduzione “plausibilmente decrescente” o di mantenerlo a un “livello prudente sotto il 60% del PIL” alla fine del periodo di aggiustamento, nell'ipotesi di politiche invariate e di portare e far rimanere il rapporto disavanzo/PIL al di sotto del 3%;
- su richiesta della Germania, regole sono stati aggiunti due vincoli addizionali su debito e deficit nella formulazione della traiettoria tecnica allo scopo di renderla meno soggetta a discrezionalità da parte della Commissione e/o degli Stati UE. La prima salvaguardia riguarda tutti i Paesi con un rapporto debito/PIL superiore al 90% che, durante il periodo di aggiustamento, sono tenuti a ridurre tale rapporto di almeno 1 punto percentuale di PIL all'anno in media. La seconda salvaguardia richiede a tutti gli Stati UE con un rapporto debito/PIL superiore al 60% o un disavanzo sopra il 3% del PIL, un miglioramento, “durante i periodi di crescita”, del deficit primario strutturale pari allo 0,4% annuo su un periodo di aggiustamento di 4 anni o dello 0,25% su un periodo di 7 anni, fino a raggiungere un deficit strutturale dell'1,5% del PIL per lasciare margini sufficienti ad accomodare eventuali shock finanziari senza superare la soglia del 3% di Maastricht
Braccio Correttivo
Minori modifiche rispetto alla parte preventiva del Piano, ma non per questo meno rilevanti, sono state introdotte alle procedure per la correzione dei disavanzi eccessivi (“Braccio Correttivo”), con lo scopo di rendere l'applicazione delle regole “ex post” più rigorosa e garantire che gli stati membri rispettino gli impegni assunti.
La procedura per disavanzi eccessivi (“PDE”) basata sul criterio del debito viene rafforzata e incentrata sulle deviazioni dal percorso concordato della spesa primaria netta. Nel dettaglio, eventuali deviazioni registrate nel conto di controllo dello stato membro che superino 0,3 punti percentuali del PIL ogni anno o 0,6 punti percentuali del PIL complessivamente comporteranno l'avvio della PDE per i paesi con un rapporto debito/PIL superiore al 60% e un saldo di bilancio non “vicino al pareggio o in avanzo”. Tra i “fattori rilevanti” ai fini della valutazione dell'esistenza di un deficit eccessivo da parte della Commissione figurano, oltre al livello dei problemi di debito pubblico e l'entità della deviazione, gli investimenti nella difesa e i progressi nell'attuazione degli investimenti e delle riforme intrapresi nell'ambito di Next Generation EU
Conclusioni
Lo Studio sottolinea:
- come nel complesso le nuove regole rendono più flessibili i vincoli annuali sulla politica di bilancio, con parametri da rispettare meno stringenti in termini di aggiustamento richiesto rispetto alle norme precedenti;
- occorre una politica fiscale restrittiva in quasi tutti gli Stati UE contemporaneamente, con possibili ripercussioni negative per la crescita dell'intera area;
- le nuove regole sembrano assoggettare i paesi ad alto debito a un significativo controllo da parte della Commissione non solo sulle politiche di bilancio, ma sull'intero quadro delle politiche economiche;
- è auspicabile che la nuova Commissione si orienti rapidamente su come migliorare il funzionamento e la competitività delle economie dell'UE, a partire dal completamento dell'unione bancaria, dalla creazione di un mercato dei capitali europeo che finanzi grandi investimenti necessari per la doppia transizione verde e digitale, la difesa comune, la politica industriale europea.