La nascita e l'adozione del bilancio di sostenibilità
L'attuale scenario competitivo nazionale ed europeo, caratterizzato dalla ricerca costante di uno sviluppo economico sostenibile, ha spinto istituzioni internazionali e finanziarie, enti pubblici, investitori privati e attori sociali, a comprendere ed analizzare gli impatti ambientali e sociali delle imprese, generati dallo svolgimento delle loro attività. L'Unione Europea ha evidenziato questa esigenza nell'ambito del Green Deal Europeo che si pone come obiettivo ultimo la creazione di un'economia moderna, competitiva ed efficiente dal punto di vista delle risorse, senza trascurare più nessun luogo o persona.
Pertanto, accanto alla necessità di conoscere e rendicontare le performance economiche delle diverse realtà aziendali, emerge il bisogno di misurare e trasmettere le loro azioni, intraprese nell'ambito della responsabilità sociale d'impresa (“Corporate Social Responsiblity” – CSR), affinché le varie categorie di stakeholders possano avere una visione completa dell'operato delle imprese non solo dal punto di vista economico ma anche in relazione alle ripercussioni sul territorio e la comunità. Il bilancio di sostenibilità assolve la funzione di comunicare tali informazioni di carattere non finanziario.
Il bilancio di sostenibilità viene definito dall'Unione Europea, nel Libro Verde della Commissione (2001), come: “l'integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Trattasi di una rendicontazione annuale, di carattere non finanziario, essenziale per comunicare, in maniera equilibrata e ragionevole, le performance di sostenibilità della società agli stakeholders. Nel dettaglio, le performance di sostenibilità sono il risultato delle azioni (positive e negative), intraprese dal management aziendale, dal punto vista Environmental, Social e Governance (ESG).
Il primo passo significativo verso una maggiore comunicazione delle imprese in ambito ESG è avvenuto con l'adozione della Direttiva Europea 2014/95/UE (recepita in Italia con il D.Lgs. 254/2016) – denominata “Non Financial Reporting Directive” (NFRD) – che stabilisce le regole per la trasmissione delle informazioni di carattere non finanziario. Questa direttiva modifica la direttiva contabile 2013/34/UE.
La divulgazione di informazioni non finanziarie risulta di fondamentale importanza per fornire una visione completa delle imprese e contribuire allo sviluppo di un'economia globale sostenibile. La comprensione della redditività aziendale deve infatti essere accompagnata dalla misurazione delle politiche ambientali e sociali adottate al fine di garantirne il successo economico e la sostenibilità delle relazioni sociali e degli impatti ambientali nel lungo periodo. Lo scopo della NFRD è quello di migliorare ed incrementare la comunicazione delle informazioni legate alla performance di sostenibilità fornita dalle imprese di tutti i settori.
La Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) deve contenere le informazioni su rischi, politiche, performance e modalità di gestione relative alle tematiche di carattere ambientale, sociale, attinente alla gestione del personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta alla corruzione.
Ai sensi della Direttiva, sopra menzionata, la redazione della DNF è obbligatoria per gli enti di interesse pubblico di grandi dimensioni, mentre discrezionalità è lasciata alle PMI, per le quali rimane su base volontaria. In particolare, le società quotate in borsa, le banche, le compagnie di assicurazione ovvero altre aziende designate come enti di interesse pubblico dagli stati membri dell'UE, sono tenute a redigere il bilancio di sostenibilità qualora abbiano superato in media, durante l'esercizio, più di 500 dipendenti, e almeno uno dei seguenti due limiti:
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni = 40 milioni di euro; oppure
- totale attivo di stato patrimoniale = 20 milioni di euro.
Per quanto attiene alla pubblicazione, la DNF può essere alternativamente inserita all'interno della Relazione sulla Gestione oppure pubblicata come relazione distinta, secondo le stesse tempistiche previste per il bilancio d'esercizio. La DNF deve infine essere sottoposta ad assurance da parte di un soggetto abilitato alla revisione legale dei conti.
L'applicazione della NFRD ha tuttavia progressivamente evidenziato alcuni limiti nella comunicazione e nella rendicontazione del bilancio di sostenibilità. In primo luogo, la Direttiva lascia ampia discrezionalità alle imprese nelle linee guida da seguire per la redazione della DNF, poiché non prescrive l'utilizzo di uno standard di riferimento o di un quadro normativo per la rendicontazione non finanziaria. A tal proposito, si segnala che, la Global Reporting Initiative (GRI), il Sustainability Accounting Standards Board (SASB), l'International Integrated Reporting Framework (IIRC) sono alcuni tra gli standard internazionali che si possono impiegare per una rendicontazione di sostenibilità. Ne consegue che, le informazioni riportate nei Report di Sostenibilità spesso non sono sufficientemente affidabili e comprabili tra le diverse realtà aziendali, anche se dello stesso settore.
La rilevanza di queste problematiche si è accompagnata ad una crescente consapevolezza degli investitori in merito alle performance ed agli impatti di sostenibilità delle imprese e alla conseguente richiesta di fornire informazioni maggiormente dettagliate e puntuali nelle relative Dichiarazioni.
In questo contesto, nel luglio 2020, la Commissione europea ha incaricato l'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) di sviluppare gli standard per la rendicontazione non finanziaria, necessari per permettere alle aziende di ottemperare agli obblighi che saranno introdotti dalla nuova CSRD; inoltre, nello stesso periodo, è entrato in vigore il Regolamento Taxonomy (2020/852/UE) che stabilisce i criteri secondo i quali un'attività può definirsi ecosostenibile e gli obblighi di rendicontazione per alcune imprese e per i partecipanti ai mercati finanziari.
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)
Nel novembre 2022, la Commissione europea ha approvato la Direttiva 2022/2464, denominata anche Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). La Direttiva CSRD nasce con l'obiettivo di affrontare le carenze rilevate dalla NFRD, ampliando l'ambito di applicazione e richiedendo requisiti più stringenti per la redazione delle informazioni non finanziarie. La Relazione di Sostenibilità dovrebbe contenere informazioni complete al fine di comprendere l'impatto dell'azienda sulle questioni di sostenibilità e il modo in cui queste influenzano lo sviluppo, le prestazioni e il Posizionamento dell'azienda in materia ESG, sulla base del principio della doppia materialità. In questo modo, si vuole migliorare l'informativa sulla sostenibilità, per comprendere in maniera dettagliata come il modello aziendale incide sul pianeta, e, in questa direzione, arginare il fenomeno del greenwashing.
In primo luogo, la CSRD, la cui applicazione sarà prevista a partire dal 2024, amplia la platea dei soggetti che saranno obbligati alla redazione della Relazione di Sostenibilità. Tutte le società quotate in UE (comprese le PMI ed escluse le microimprese), le compagnie di assicurazione, gli istituti di credito e tutte le aziende di grandi dimensioni, saranno tenute alla rendicontazione della DNF, qualora superino uno dei seguenti tre limiti:
- dipendenti = n. 250;
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni = 40 milioni di euro; oppure totale attivo di stato patrimoniale = 20 milioni di euro.
Per quanto concerne le società aventi sede legale al di fuori dell'Unione Europea ma con una notevole attività nel mercato dell'UE, il limite previsto dalla CSRD è il fatturato annuo pari a euro 150 milioni di euro per ognuno degli ultimi due esercizi consecutivi. Inoltre, condizione necessaria è la presenza di una succursale avente ricavi netti delle vendite e delle prestazioni non superiore ai 40 milioni di euro nell'esercizio precedente oppure di una società controllata (quotata nell'UE, a meno che non sia una microimpresa) nell'UE.
Le imprese, rientranti nell'ambito di applicazione della Direttiva, dovranno pubblicare un bilancio di sostenibilità secondo quanto previsto dagli Standard elaborati dall'EFRAG e dovrà altresì includere le informazioni relative al Regolamento Taxonomy.
Si segnala che, il primo set di standard (12) preliminare degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), approvato dall'EFRAG il 16 novembre 2022, si divide in due categorie: due cross-cutting standards e 10 topical sector-agnostic standards su ambiente, aspetti sociali e governance; un secondo set di standard ESRS è attualmente in fase di discussione.
L'informativa non finanziaria dovrà essere riportata all'interno della Relazione sulla Gestione e sottoposta ad assurance da parte di una società abilitata alla revisione legale dei conti.
Ai sensi dell'art. 5 della CSRD, gli Stati membri dell'UE dovranno recepire nella loro legislazione le disposizioni necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 6 luglio 2024.
La Direttiva prevede differenti tempistiche di pubblicazione del Report di sostenibilità in funzione della dimensione della società. In particolare, la CSRD prevede che le società quotate con oltre 500 dipendenti pubblichino la Relazione di sostenibilità da gennaio 2025 con riferimento all'anno fiscale 2024; a seguire, le grandi società non quotate dovranno procedere dal mese di gennaio 2026 con riferimento all'anno fiscale precedente. Le PMI quotate sui mercati finanziari avranno l'obbligo di pubblicazione dal 2027 con riferimento all'anno fiscale 2026. Infine, a partire da gennaio 2029 con riferimento all'anno fiscale 2028, l'obbligo sarà estero alle società extra-europee con fatturato minimo di 150 milioni nell'UE.