sabato 23/12/2023 • 06:00
Il membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni esercita un'attività economica che, per essere indipendente, e quindi soggetta a IVA, presuppone l'assenza di un rapporto di subordinazione, dovendo l'interessato svolgere la propria attività per conto proprio e sotto la propria responsabilità, sopportando altresì il relativo rischio economico.
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La controversia risolta dalla Corte di giustizia con la sentenza relativa alla causa C-288/22 del 21 dicembre 2023 è relativa all'interpretazione della nozione di “attività economica esercitata in modo indipendente” ai sensi dell'art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, ai fini della sussistenza del presupposto soggettivo dell'IVA.
Descrizione del caso
Un avvocato, membro del consiglio di amministrazione di diverse società per azioni di diritto lussemburghese, ha rilevato che gli amministratori non contraggono alcuna obbligazione personale in relazione agli impegni assunti dalla società e che la responsabilità personale del membro del consiglio di amministrazione potrebbe essere invocata solo laddove superi manifestamente i limiti del comportamento ammissibile, in modo che l'inadempimento sia separabile dalla sua funzione.
Inoltre, l'attuazione delle decisioni adottate dalla società verrebbe affidata, il più delle volte, a dipendenti della società e non a singoli membri del consiglio di amministrazione. Qualora questi ultimi svolgano missioni individuali al di fuori dell'attività dell'organo collegiale e siano retribuiti per queste specifiche attività, essi agirebbero in qualità diversa da quella di membro di tale organo. Per contro, il consiglio di amministrazione discuterebbe collegialmente le possibili opzioni e adotterebbe decisioni, fermo restando che la posizione del singolo membro potrebbe essere diametralmente opposta a quella assunta dall'organo collegiale.
Ad avviso dell'avvocato, i compensi percepiti quale membro del consiglio di amministrazione non sarebbero soggetti ad IVA, in quanto la sua attività non è esercitata in modo indipendente, ma in qualità di membro di un organo collegiale che rappresenta la persona giuridica, cosicché la prestazione resa collegialmente dovrebbe essere considerata resa dalla società stessa.
È vero che, secondo la giurisprudenza comunitaria (causa C-420/18), per valutare tale carattere indipendente si deve verificare se l'interessato svolga le sue attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se egli si assuma il rischio economico legato all'esercizio di dette attività. Tuttavia, il rischio economico dell'attività dei membri del consiglio di amministrazione sarebbe quello della società, così come la responsabilità nei confronti di terzi sarebbe quella della società.
L'Autorità fiscale lussemburghese non ha condiviso questa impostazione, ritenendo che il membro del consiglio di amministrazione di una società eserciterebbe un'attività economica in modo indipendente, siccome quest'ultima presenterebbe un carattere stabile e comporterebbe una retribuzione come corrispettivo per l'attività svolta.
Il carattere stabile dell'attività deriva dal fatto che i membri del consiglio di amministrazione sono nominati con un mandato massimo di sei anni e la loro retribuzione, versata in parte anche in forma di percentuale sugli utili, comporterebbe che i membri del consiglio di amministrazione, anche qualora non siano azionisti, avrebbero interesse al buon andamento degli affari della società.
Il giudice nazionale ha sospeso il procedimento per chiedere alla Corte europea, in primo luogo, se il membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni eserciti un'attività economica ai sensi dell'art. 9 della Direttiva n. 2006/112/CE e, più precisamente, se i compensi percepiti sotto forma di percentuale sugli utili debbano essere considerati una remunerazione ricevuta a titolo di corrispettivo per i servizi resi alla società.
In secondo luogo, alla Corte è stato chiesto se il membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni eserciti la propria attività in modo indipendente ai sensi degli artt. 9 e 10 della Direttiva n. 2006/112/CE.
Attività economica esercitata in modo indipendente
Un'attività è considerata economica quando presenta un carattere stabile ed è svolta a fronte del corrispettivo percepito dal prestatore.
Ne deriva che una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso, ai sensi dell'art. 2, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 2006/112/CE, soltanto quando tra il prestatore e il committente intercorre un rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio reso al destinatario.
Dato, quindi, che una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso presuppone l'esistenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto, occorre esaminare se, nel caso di specie, i compensi percepiti da un membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni sotto forma di percentuale sugli utili costituiscano il controvalore effettivo del servizio reso al committente e se sussista un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto.
L'art. 10 della Direttiva n. 2006/112/CE esclude dall'imposizione i lavoratori dipendenti e qualsiasi persona vincolata al rispettivo datore di lavoro da un rapporto giuridico che preveda un vincolo di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.
Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che un vincolo di subordinazione non è configurabile dal momento che gli interessati si procurano ed organizzano direttamente e in modo autonomo, entro i limiti legali da loro fissati, il personale e i beni strumentali necessari all'esercizio delle loro attività (causa C-202/90).
I membri del consiglio di amministrazione di società per azioni non sono soggetti ad alcun obbligo riguardo agli orari e i luoghi di lavoro e sono liberi nell'organizzazione e nello svolgimento del proprio lavoro. Non sussiste, quindi, un vincolo di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro né ad altro titolo, con la conseguenza che è alla luce dell'art. 9 della Direttiva n. 2006/112/CE che occorre valutare, in un secondo tempo, la questione se un'attività come quella di cui trattasi debba essere considerata come esercitata in modo indipendente.
Per stabilire se una persona esercita un'attività economica in modo indipendente occorre verificare se la stessa, nell'esercizio delle proprie attività, si trovi in rapporto di subordinazione nei confronti della persona che l'ha nominata nelle sue funzioni (causa C-276/14).
A tal fine, è necessario verificare se l'interessato svolga le sue attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se egli si assuma il rischio economico legato all'esercizio delle predette attività.
Per constatare l'indipendenza delle attività in questione, la Corte ha quindi tenuto conto dell'assenza di vincoli di subordinazione gerarchica, nonché del fatto che l'interessato agisca per proprio conto e sotto la propria responsabilità, organizzi liberamente le modalità di svolgimento del proprio lavoro e percepisca egli stesso gli emolumenti che costituiscono le proprie entrate (causa C‑ 420/18, cit).
Orientamento della Corte europea
Nell'esaminare le questioni sollevate dal giudice interno, la Corte ha affermato che il membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni esercita un'attività economica ai sensi dell'art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE se fornisce un servizio a titolo oneroso alla società e se l'attività ha carattere permanente ed è svolta in cambio di una remunerazione le cui modalità di determinazione sono prevedibili.
In merito, in particolare, al carattere permanente dell'attività, la nomina di una persona fisica alla carica di membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni per un mandato della durata massima di sei anni, rinnovabili, conferisce all'attività di tale membro un carattere permanente. La circostanza che il mandato sia revocabile “ad nutum”, vale a dire in qualsiasi momento e senza giustificazione, e che il titolare possa anche rinunciarvi in qualsiasi momento non può, di per sé, escludere che l'attività abbia carattere permanente in quanto al mandato è annessa, “ab initio”, una durata massima di sei anni.
La predetta durata del mandato è idonea a conferire carattere permanente anche alla remunerazione attribuita sotto forma di compensi. Tuttavia, affinché tale carattere di permanenza sia preservato, è importante che i compensi, se ripartiti in base agli utili realizzati dalla società, siano attribuiti anche ai membri del consiglio di amministrazione durante gli anni nei quali l'azienda non ha realizzato profitti.
La Corte ha, invece, escluso che l'attività di membro del consiglio di amministrazione possa considerarsi esercitata in modo indipendente, ai sensi del citato art. 9, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, quando – nonostante il fatto che tale membro organizzi liberamente le modalità di esecuzione del proprio lavoro, riceva egli stesso gli emolumenti, agisca in nome proprio e non sia sottoposto ad un vincolo di subordinazione gerarchica – non agisce per conto proprio, né sotto la propria responsabilità e non sostiene il rischio economico legato alla sua attività.
Fonte: CGUE 21 dicembre 2023 causa C-288/22
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