Il 6 dicembre 2023, a Milano, si è tenuto il convegno organizzato dagli ODCEC di Milano, Brescia, Lodi, Cremona, Pavia e Sondrio sull'adempimento collaborativo o cooperative compliance.
La cooperative compliance è una procedura premiale, ad accesso volontario, istituita con il D.Lgs n. 128/2015, che ha l'obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione finanziaria e contribuente per aumentare il livello di certezza su questioni fiscali rilevanti e riconosce ai contribuenti collaborativi e meritevoli una serie di vantaggi di natura sostanziale e procedurale.
Si fonda sulla collaborazione fra fisco e contribuente laddove il rapporto si articola in un'interlocuzione preventiva che si propone di:
accrescere la conoscenza e la comprensione della realtà aziendale ad opera del fisco;
ridurre per il Contribuente il rischio interpretativo (e reputazionale) legato alla variabile fiscale in un contesto di rilevante incertezza normativa.
Il vantaggio per l'amministrazione è quello di limitare perdite di gettito dovute a fenomeni di abuso, evasione ed elusione.
La delega fiscale di agosto scorso ha indicato la necessità di apportare variazioni alla normativa di cui sopra.
La più rilevante è l'ampliamento della platea dei contribuenti che possono accedere alla cooperative compliance (abbassano gradatamente i limiti quantitativi oggi pari a 1 miliardo di ricavi/volume d'affari fino a 100 milioni di ricavi/volume d'affari a partire dal 2028), nonché la possibilità di aderire volontariamente ad una procedura simile ma ancora da delineare anche per le società che non raggiungono tali limiti.
Il convegno dei commercialisti
Il convegno, a valle dell'approvazione da parte Consiglio dei ministri dello schema di decreto legislativo, è stata la sede ideale per mettere a fuoco lo stato del procedimento.
Sono intervenuti il vice ministro Maurizio Leo e per l'Agenzia delle Entrate il direttore, Ernesto Maria Ruffini, il Capo Divisione Contribuenti Vincenzo Carbone che ha inquadrato la normativa di riferimento e le sfide da cogliere e, infine, Marco Zonetti, responsabile dell'Ufficio adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale, che ha risposto a quesiti.
È stato sottolineato come una delle novità sarà l'emanazione di uno specifico codice di condotta che declinerà i reciproci obblighi e doveri di amministrazione finanziaria e contribuenti ammessi.
Hanno portato la loro testimonianza i rappresentanti di aziende che ormai da anni hanno aderito all'adempimento collaborativo (TIM, SNAM, Unicredit, Generali, Nestlè e Pirelli). Hanno condiviso la loro esperienza, il perché della scelta ma anche commentato tra le righe le speranze, le opportunità e i dubbi che derivano dalla lettura dello schema di decreto legislativo appena approvato dal Consiglio dei ministri.
Sono stati affrontati dai vari relatori temi quali il contraddittorio rafforzato, il ravvedimento, le sanzioni e l'autotutela, l'ampliamento del perimetro dei soggetti in procedura ai soggetti aderenti al consolidato Ires anche senza dei limiti dimensionali, l'esimente e l'opportunità di mantenere un interlocutore unico (l'Agenzia delle Entrate).
Nello specifico, viene introdotta l'obbligatorietà di un contraddittorio preventivo in caso di risposta negativa dell'Agenzie delle Entrate all'interpello abbreviato e alla comunicazione di rischio da parte del contribuente.
Con riferimento alle sanzioni viene prevista la possibilità, da disciplinare con prossimi decreti, di regolarizzare in via semplificata posizioni che richiederebbero un ravvedimento operoso. Le aziende hanno sottolineato la complicazione operativa che molte volte accompagna questa procedura auspicando che si possa procedere con una comunicazione periodica (annuale) delle posizioni da regolarizzare.
È statuito, inoltre, che l'originale riduzione delle sanzioni alla metà del minimo edittale viene ora riservata ai soli casi di:
comunicazione del rischio tramite suo inserimento all'interno della mappa dei rischi condivisa;
comunicazione di situazioni riguardanti annualità precedenti rispetto all'accesso al regime.
Le sanzioni saranno d'ora innanzi totalmente escluse, qualora il contribuente abbia comunicato il rischio (tramite interpello o comunicazione di rischio) e si sia comportato coerentemente alla comunicazione effettuata.
Sotto il profilo penale, si coglie con favore la causa di non punibilità relativamente alle fattispecie di reato previste dall'articolo 4 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (c.d. dichiarazione infedele).
Certificazione del TCF
La certificazione del TCF comporterà una riduzione dei termini di accertamento da parte dell'Agenzia che per i periodi di imposta a cui si applica il regime saranno ridotti di due anni con l'ulteriore riduzione di un anno in caso di ottenimento del c.d. visto pesante.
Per i soggetti già ammessi al regime, il comma 3 dell'art. 4 prevede che gli stessi non siano tenuti alla certificazione del TCF considerato che il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale è stato già validato dall'Agenzia delle Entrate in sede di ammissione al regime.
Per gli aderenti al consolidato fiscale nazionale (artt. 117 e seguenti del TUIR), indipendentemente dal volume d'affari o ricavi, se almeno un soggetto sia dotato dei requisiti dimensionali, sarà possibile accedere al regime in caso di adozione di un TCF integrato di gruppo e certificato.
Con riferimento all'interlocutore unico si legge all'art. 7 dello schema che viene previsto un coinvolgimento della Guardia di Finanza, che sulla base di specifici protocolli di intesa, coopererà e si coordinerà preliminarmente con l'Agenzia delle Entrate nell'esercizio dei poteri istruttori nei confronti dei contribuenti ammessi al regime.
Non vi è alcuna preclusione, ovviamente, e questa estensione di funzione appare apprezzabile nelle intenzioni del legislatore in considerazione del futuro ampliamento dei soggetti che potranno aderire all'adempimento collaborativo.
Ci si chiede comunque se sia davvero opportuno che la Guardia di Finanza destini proprie risorse all'istruito in esame con il rischio di depotenziare la sua naturale attività nella prevenzione, ricerca e denunzia delle evasioni e delle violazioni finanziarie, nella vigilanza sull'osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico, e lungo tutto l'intero asse del crimine economico-finanziario.
Sono intervenuti altresì i rappresentanti di aziende che adottano volontariamente, e che quindi hanno precorso il dettato della delega fiscale, il controllo del rischio fiscale (Renantis e Vodafone) senza però aderire alla procedura.
Hanno esplicitato che tale scelta è stata dettata da una specifica strategia aziendale che ha comportato un cambio dell'organizzazione oltre che del processo delle decisioni.
Sono seguiti interventi tecnici su cosa si deve intendere per matrice dei rischi e su quali sono i controlli che l'Agenzia delle Entrate mette in atto per validare il TCF.
A margine dell'evento sull'adempimento collaborativo la Presidente dei Commercialisti di Milano, Marcella Caradonna, ha riassunto la giornata sottolineando il vivo interesse delle imprese verso tale procedura in quanto: “fa dialogare l'Agenzia delle Entrate con le imprese" la Presidente evidenzia altresì che "riuscire a confrontarsi in maniera preventiva è sicuramente meglio che, a posteriori, vedere interpretazioni diverse" e che il problema "spesso è proprio un tema di interpretazione delle norme: se lo si sa in precedenza ci si comporta di conseguenza. Questo strumento ci ha dato un confronto: questo dialogo consente di ridurre il rischio fiscale".
Nell'attesa di leggere i testi definitivi e di comprendere appieno la portata delle modifiche, il convegno ha dimostrato che a parere di tutti gli attori coinvolti, la strada intrapresa è quella corretta. Si è quindi iniziato un cambio culturale che, per la riuscita concreta del processo, dovrà incidere con forza sull'amministrazione finanziaria, sui contribuenti e anche sui professionisti.