martedì 05/12/2023 • 06:00
In sede di conversione del DL 145/2023, il Senato ha approvato due emendamenti alle norme che modificano le modalità di riversamento dei crediti per R&S indebitamente utilizzati, prorogando il termine per la presentazione delle domande e consentendo di revocare le domande già presentate.
Prosegue in Senato l'iter dei lavori per la conversione del DL 145/2023 (c.d. decreto Anticipi), che prevede tra l'altro – all'art. 5 – varie modifiche alla procedura di riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni ed interessi, del bonus ricerca e sviluppo, da parte delle imprese che abbiano indebitamente percepito il credito di imposta, in violazione delle disposizioni contenute nell'art. 3 DL 145/2013, come sostituito dall'art. 1 c. 35 L. 190/2014. In questo contesto, le procedure del riversamento spontaneo continuano a subire variazioni.
In particolare, un emendamento approvato dalla Commissione referente del Senato nella riunione del 30 novembre 2023 fa ulteriormente slittare al 30 luglio 2024 il termine per presentare domanda di adesione alla procedura di riversamento (già prorogato al 30 giugno 2024 dal DL in fase di conversione). Nel contempo, un ulteriore emendamento approvato nella stessa riunione introduce nell'art. 5 DL 146/2021 il comma 1 bis, per il quale coloro che abbiano già presentato istanza di richiesta telematica di accesso alla procedura di riversamento e non abbiano ancora effettuato il versamento dell'unica soluzione o della prima rata, possono revocare integralmente la domanda proposta “entro la scadenza del 30 giugno 2024, secondo le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione”.
Cosa non è ancora stato modificato
Fino ad ora, i lavori parlamentari non hanno invece inciso sulle altre disposizioni del DL in fase di conversione, riguardanti:
Le ripetute oscillazioni normative rivelano che le grandi incertezze che hanno interessato la disciplina sostanziale dei crediti di imposta di cui trattasi, si riflettono sulle norme di sanatoria delle violazioni commesse. Le disposizioni in esame hanno peraltro natura ambivalente: per un verso l'ulteriore slittamento dei termini per la presentazione della domanda di adesione e l'esecuzione dei pagamenti sembra esprimere l'intento di prolungare (o differire) l'attività di accertamento degli Uffici (come induce a ritenere anche l'intervenuta proroga del relativo termine decadenziale); per altro verso, la contrapposta facoltà di ritirare l'istanza già presentata, introdotta dall'ultimo emendamento parlamentare, prospetta la possibilità di convergere verso strumenti di tutela giurisdizionale.
Cosa prevede la procedura di riversamento spontaneo
Si rammenta che, ai sensi dell'art. 5 c. 7-12 DL 146/2021, la procedura in esame è destinata ai soggetti che, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31.12.2019:
L'accesso alla procedura è invece precluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull'utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili. Inoltre, la procedura non può essere utilizzata qualora l'indebito utilizzo del credito di imposta sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi al momento di entrata in vigore della norma di sanatoria; invece, nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo a quella data, il citato art. 5 c. 12 DL 146/2021 prevede (con disposizione di dubbia ragionevolezza, mai modificata dai successivi interventi normativi) che il versamento deve obbligatoriamente riguardare l'intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione.
Si evidenzia infine che l'Agenzia delle Entrate è solita ricondurre nella categoria delle compensazioni di crediti “inesistenti” tutte le ipotesi di utilizzazione di crediti di imposta al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge, con conseguente applicazione dell'art. 27 c. 16 DL 185/2008, che prevede un termine di decadenza di otto anni per l'accertamento di simili violazioni. La prevalente giurisprudenza della Cassazione avalla questo indirizzo, nel presupposto che tale norma non distingue tra l'ipotesi di crediti “inesistenti” e “non spettanti”, ma intende garantire all'Amministrazione un adeguato ed indifferenziato margine di tempo per il compimento delle verifiche riguardanti la spettanza del credito d'imposta (cfr. Cass. nn. 10112/2017, 19237/2017; 24093/2020; 354/2021; 25436/2022). In senso contrario si esprime invece la sentenza della S. Corte n. 34445/2021, secondo cui il raddoppio dei termini di decadenza deve essere circoscritto ai soli casi di crediti effettivamente “inesistenti”, e cioè ancorati ad una dimensione "non reale" o "non vera", perché privi del proprio presupposto costitutivo e di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, emergenti dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente.
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Lelio Cacciapaglia
- Dirigente del Ministero dell'Economia e delle FinanzeRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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