Prosegue in Senato l'iter dei lavori per la conversione del DL 145/2023 (c.d. decreto Anticipi), che prevede tra l'altro – all'art. 5 – varie modifiche alla procedura di riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni ed interessi, del bonus ricerca e sviluppo, da parte delle imprese che abbiano indebitamente percepito il credito di imposta, in violazione delle disposizioni contenute nell'art. 3 DL 145/2013, come sostituito dall'art. 1 c. 35 L. 190/2014. In questo contesto, le procedure del riversamento spontaneo continuano a subire variazioni.
In particolare, un emendamento approvato dalla Commissione referente del Senato nella riunione del 30 novembre 2023 fa ulteriormente slittare al 30 luglio 2024 il termine per presentare domanda di adesione alla procedura di riversamento (già prorogato al 30 giugno 2024 dal DL in fase di conversione). Nel contempo, un ulteriore emendamento approvato nella stessa riunione introduce nell'art. 5 DL 146/2021 il comma 1 bis, per il quale coloro che abbiano già presentato istanza di richiesta telematica di accesso alla procedura di riversamento e non abbiano ancora effettuato il versamento dell'unica soluzione o della prima rata, possono revocare integralmente la domanda proposta “entro la scadenza del 30 giugno 2024, secondo le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione”.
Cosa non è ancora stato modificato
Fino ad ora, i lavori parlamentari non hanno invece inciso sulle altre disposizioni del DL in fase di conversione, riguardanti:
la proroga di un anno dei termini di pagamento (dal 16.12.2023 al 16.12.2024 quello per il versamento dell'unica rata o, in caso di rateazione, della prima rata; dal 16.12.2024 al 16.12.2025 quello per il versamento della seconda rata; dal 16.12.2025 al 16.12.2026 quello per versamento della terza rata), con i conseguenti effetti sulle previsioni di entrata del bilancio;
la proroga (dal 17.12.2023 al 17.12.2024) del termine dal quale sono dovuti gli interessi (calcolati al tasso legale in caso di pagamento rateale, ed al tasso del 4% annuo in caso di mancato perfezionamento della procedura e di iscrizione a ruolo dell'importo non versato, ai sensi dell'art. 20 DPR 602/1973);
la sostituzione del secondo periodo dell'art. 5 c. 9 DL 146/2021 (che fissava il termine del 30.05.2022 per l'adozione di un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate per regolare il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura), con previsione della facoltà di adottare una pluralità di provvedimenti, senza limiti temporali (e così adeguando la norma di legge alla condotta dell'Agenzia, che ha dettato la disciplina di attuazione con provvedimenti direttoriali del 1.06.2022 e del 4.7.2022;
la proroga di un anno (in deroga all'art. 3 c. 3 L. 212/2000) del termine di decadenza per l'emissione degli atti di recupero e di ogni altro provvedimento impositivo, con riferimento ai crediti d'imposta per attività di ricerca e sviluppo utilizzati negli anni 2016 e 2017.
Le ripetute oscillazioni normative rivelano che le grandi incertezze che hanno interessato la disciplina sostanziale dei crediti di imposta di cui trattasi, si riflettono sulle norme di sanatoria delle violazioni commesse. Le disposizioni in esame hanno peraltro natura ambivalente: per un verso l'ulteriore slittamento dei termini per la presentazione della domanda di adesione e l'esecuzione dei pagamenti sembra esprimere l'intento di prolungare (o differire) l'attività di accertamento degli Uffici (come induce a ritenere anche l'intervenuta proroga del relativo termine decadenziale); per altro verso, la contrapposta facoltà di ritirare l'istanza già presentata, introdotta dall'ultimo emendamento parlamentare, prospetta la possibilità di convergere verso strumenti di tutela giurisdizionale.
Cosa prevede la procedura di riversamento spontaneo
Si rammenta che, ai sensi dell'art. 5 c. 7-12 DL 146/2021, la procedura in esame è destinata ai soggetti che, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31.12.2019:
abbiano svolto attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio del credito di imposta, nell'accezione adottata dagli ultimi orientamenti di prassi dell'Agenzia;
abbiano commesso errori nella quantificazione o nell'individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
in relazione al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31.12.2016, abbiano attribuito alla misura un ambito di applicazione non conforme alla diposizione d'interpretazione autentica recata dall'art. 1, comma 72, della legge di bilancio 2019. In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10 quater D.Lgs. 74/2000.
L'accesso alla procedura è invece precluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull'utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili. Inoltre, la procedura non può essere utilizzata qualora l'indebito utilizzo del credito di imposta sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi al momento di entrata in vigore della norma di sanatoria; invece, nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo a quella data, il citato art. 5 c. 12 DL 146/2021 prevede (con disposizione di dubbia ragionevolezza, mai modificata dai successivi interventi normativi) che il versamento deve obbligatoriamente riguardare l'intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione.
Si evidenzia infine che l'Agenzia delle Entrate è solita ricondurre nella categoria delle compensazioni di crediti “inesistenti” tutte le ipotesi di utilizzazione di crediti di imposta al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge, con conseguente applicazione dell'art. 27 c. 16 DL 185/2008, che prevede un termine di decadenza di otto anni per l'accertamento di simili violazioni. La prevalente giurisprudenza della Cassazione avalla questo indirizzo, nel presupposto che tale norma non distingue tra l'ipotesi di crediti “inesistenti” e “non spettanti”, ma intende garantire all'Amministrazione un adeguato ed indifferenziato margine di tempo per il compimento delle verifiche riguardanti la spettanza del credito d'imposta (cfr. Cass. nn. 10112/2017, 19237/2017; 24093/2020; 354/2021; 25436/2022). In senso contrario si esprime invece la sentenza della S. Corte n. 34445/2021, secondo cui il raddoppio dei termini di decadenza deve essere circoscritto ai soli casi di crediti effettivamente “inesistenti”, e cioè ancorati ad una dimensione "non reale" o "non vera", perché privi del proprio presupposto costitutivo e di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, emergenti dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente.