venerdì 01/12/2023 • 06:30
L'Agenzia delle Entrate ha fornito un chiarimento in merito all'acquisto di crediti d'imposta da bonus fiscali. Nel caso in esame, l'acquisto di crediti di imposta non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante.
redazione Memento
L'Agenzia delle Entrate ha fornito un chiarimento in merito all'acquisto di crediti d'imposta da bonus fiscali ex artt. 119 e 121 DL 34/2020 ed alla rilevanza reddituale derivante dal differenziale tra credito d'imposta spettante e costo d'acquisto. Il Fisco ha ricordato che ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, costituisce presupposto di imposta, ai sensi dell'articolo 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il TUIR, il ''possesso di redditi'', in denaro o in natura, appartenenti ad una delle categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6. Trattasi, precisamente delle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi d'impresa; f) redditi diversi. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dunque, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali specificatamente individuate dalla normativa, in linea di principio, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta. Per quanto riguarda la disciplina fiscale delle associazioni professionali, occorre far riferimento all'art. 5 c. 3 lettera c) TUIR, il quale assimila, ai fini della determinazione del reddito, le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi. Tale assimilazione alle società semplici comporta che le associazioni professionali non possano svolgere attività d'impresa e che il proprio reddito imponibile è costituito dalla sommatoria delle singole categorie di reddito indicate nel medesimo art. 6 TUIR, identificate in ragione della loro fonte di produzione. Il reddito complessivo così determinato è imputato per trasparenza, ai sensi del medesimo articolo 5, in capo a ciascun associato. Nel caso di specie, secondo quanto rappresentato il ''provento'' in questione è pari alla differenza positiva tra il valore nominale del credito di imposta acquisito ai sensi dell'art. 121 DL 34/2020 (convertito, con modificazioni, dalla L. 77/2020, cd. decreto Rilancio) e il corrispettivo pagato dallo Studio Associato, che si considera ''incassato'' al momento dell'effettivo utilizzo in compensazione, ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. 241/97, con le imposte e contributi dovuti, secondo le stesse modalità spettanti al beneficiario della detrazione. Nel caso di specie, secondo quanto affermato, l'Istante intende acquistare crediti di imposta corrispondenti alla detrazione nella misura del 110 per cento, da utilizzare in compensazione che non originano da prestazioni professionali rese dallo Studio e/o da soggetti associati né rappresentano il corrispettivo in natura di prestazioni professionali rese dai medesimi soggetti. Pertanto, alla luce di quanto illustrato, in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all'eventuale differenziale positivo tra l'importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, l'Agenzia ritiene che detto acquisto non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante. FONTE: Risp. AE 30 novembre 2023 n. 472
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