Il caso
Una contribuente, proprietaria di un appartamento di civile abitazione, lo concedeva in locazione ad una società al fine di adibirlo all'esclusivo uso abitativo temporaneo per i propri dirigenti e consulenti durante la loro permanenza nella città.
Le parti contrattuali avrebbero voluto avvalersi del cosiddetto regime della “cedolare secca” ma il software di registrazione dei contratti dell'Agenzia delle Entrate non consentiva l'utilizzo di tale regime laddove la parte locataria sia diversa da una persona fisica.
Conseguentemente, la parte locatrice registrava il contratto facendo ricorso al regime ordinario e successivamente, per poter recuperare l'imposta di registro pagata, presentava apposita istanza di rimborso dell'imposta di registro pagata.
Non avendo ricevuto alcuna risposta, la contribuente impugnava il silenzio-rifiuto sostenendo di essersi avvalsa dell'opzione per il predetto regime fiscale e che sussistessero i requisiti soggettivi e oggettivi in capo al proprietario/locatore per poter usufruire di detta agevolazione.
In sostanza, secondo la ricorrente, la norma di riferimento non prescriverebbe alcun requisito in capo al conduttore.
L'Ufficio difendeva la legittimità del proprio operato adeguato alla prassi (Circ. AE 1° giugno 2011 n. 26). I giudici di primo grado rigettavano il ricorso osservando che l'opzione per il regime della cedolare secca richiede che l'immobile locato sia destinato a uso abitativo e che i contraenti siano persone fisiche. Secondo i primi giudici, pertanto, non potendosi applicare interpretazioni estensive ad una norma agevolativa, la locazione in questione non poteva usufruire del citato regime di vantaggio per essere il conduttore esercente un'attività di impresa.
La prassi non è fonte del diritto
Di diverso avviso i giudici d'appello che hanno deciso di riformare la sentenza e, per l'effetto, di riconoscere il diritto al rimborso della contribuente.
La Corte tributaria lombarda ha focalizzato l'attenzione sull'art. 3 c. 6 D.Lgs. 23/2011 laddove prevede che “le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni”. Secondo la Corte, quando il legislatore parla di locazioni appare evidente che egli si riferisca all'attività del locatore (che indubbiamente è il principale destinatario delle agevolazioni previste dalla norma), volendo escludere espressamente dal beneficio le locazioni poste in essere “nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni”. In buona sostanza, hanno chiarito gli interpreti, il legislatore ha voluto escludere dal beneficio di una aliquota IRPEF progressiva solo chi svolga l'attività di locazione per professione non anche chi affitta in modo non professionale i propri immobili. Inoltre, il legislatore ha voluto escludere gli affitti relativi ad immobili che non abbiano quale destinazione quella caratterizzata da un uso abitativo. Pertanto, l'accesso al regime premiale della cedolare secca è limitato dalla legge al possesso di due requisiti:
il primo, di carattere soggettivo, in capo al locatore, ossia che la locazione dell'immobile non deve essere effettuata nell'ambito dell'esercizio di un'attività di impresa o di professione;
il secondo, di carattere oggettivo, che attiene alla destinazione ad uso abitativo dell'immobile oggetto di locazione, escludendo di conseguenza i contratti locativi che prevedono un uso diverso da quello abitativo.
Pertanto, ha concluso la Corte, «la condizione riguardante il profilo soggettivo del locatario non è in alcun modo prevista dalla norma, né la stessa può essere surrettiziamente introdotta da un atto interno amministrativo quale la circolare dell'Agenzia delle Entrate, che non costituisce fonte del diritto tributario, bensì mero atto interno regolatorio dell'attività dell'amministrazione, vincolante solo per i propri dipendenti e giammai per i contribuenti».
Fonte: CGT II Lombardia 8 novembre 2023 n. 3289