mercoledì 08/11/2023 • 06:00
Con ordinanza n. 199 del 3 novembre 2023, la Corte Costituzionale interviene sulle sanzioni in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali, richiedendo ai Tribunali una nuova valutazione sulla mancanza di proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione commessa, anche alla luce delle nuove disposizioni del Decreto Lavoro.
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Il caso del Tribunale di Verbania
Il Tribunale di Verbania con ordinanza del 13 ottobre 2022 (quindi risalente a una data antecedente la pubblicazione del decreto lavoro) ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 3 c. 6 D.lgs. 8 nella parte in cui era stata introdotta appunto la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali.
La questione nasce da un'ordinanza di ingiunzione emessa da parte dell'INPS relativa all'irrogazione di una sanzione amministrativa per omesso versamento delle ritenute previdenziali per un ammontare di euro 190,52 risalenti all'anno 2014. La sanzione irrogata dall'INPS era pari a euro 17.500.
La vicenda riporta alla ribalta il problema dell'irragionevole disparità tra infrazione (soli 190,52 euro) e sanzione irrogata (ben 17.500 euro), già evidenziata nel tempo dalla dottrina e giurisprudenza, nonché anche nelle precedenti pubblicazioni sulla rivista QuotidianoPiù, nella quale era stato evidenziato il principio della vicenda ad opera della segnalazione del Tribunale di Verbania e di cui in questa sede si analizzano gli sviluppi.
Il tribunale evidenzia la disparità di trattamento tra chi commette omissioni di lieve entità e chi commette omissioni più consistenti, per l'appunto superiori alla soglia dei 10.000 euro. Ad entrambi viene applicata una sanzione di simile entità, venendo meno il concetto di gradualità nel rapporto infrazione/sanzione.
La norma censurata consentirebbe, infatti, in caso di violazione del precetto normativo nel suo massimo valore sottosoglia, l'applicazione di una sanzione amministrativa che, nella previsione massima pari ad euro 50.000, rappresenta il quintuplo della violazione, mentre al trasgressore, per una minima omissione, sarebbe irrogata una sanzione di importo che potrebbe essere anche il centuplo della violazione, ossia della ritenuta non versata.
Di fronte all'ordinanza emessa dal Tribunale di Verbania, l'INPS si è costituito in giudizio chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile per insufficiente motivazione.
Evoluzione della norma in materia di omissioni
L'ordinanza ha evidenziato l'evoluzione della normativa relativa al tema delle sanzioni per omissioni contributive.
La prima norma interviene nel 2016 Ai sensi dell'art. 2, c. 1-bis, DL 463/83 introducendo due soglie economiche di omissione cui corrispondono due diversi regimi sanzionatori:
Si consideri che ancora prima del decreto legislativo 2016, l'omissione contributiva era punita con la sanzione penale che prescindeva dalla misura delle ritenute di cui veniva omesso il pagamento; pertanto, questo primo intervento legislativo era stato accolto come un tentativo di ripristinare equilibrio e gradualità, ma comunque non sufficiente, viste le distorsioni che ne sarebbero derivate.
Ad un dettato normativo già di per sé contraddittorio, anche l'INPS in una sua circolare, riferisce l'interpretazione del dicastero secondo cui alla depenalizzazione introdotta dal D.lgs. 8/2016 non può trovare applicazione l'art. 16 legge 689/81 che disciplina il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta, prevista nella misura di un terzo del massimo editabile. Ciò anche per il fatto che l'articolo 16 prevede che la misura ridotta trovi applicazione nel caso in cui la sanzione amministrativa venga pagata entro 60 giorni dalla contestazione, incompatibile con i tre mesi che erano previsti dalla norma in tema di depenalizzazione. Ulteriore causa di incompatibilità addotta dal Ministero risiede nel fatto che la misura ridotta sarebbe pari a € 16.666 (un terzo della misura massima pari a euro 50.000), risulterebbe comunque superiore alla sanzione minima editabile prevista in euro 10.000.
Da ultimo il Decreto Lavoro interviene per correggere quel disequilibrio che per anni ha generato opposizioni e contenziosi con le sedi INPS, l'ultimo dei quali contenuto nella presente trattazione, introducendo un'importante modifica al regime sanzionatorio secondo cui le sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali prima comprese tra euro 10.000 e 50.000, sono sostituite da una sanzione amministrativa pecuniaria di misura pari a una volta e mezzo l'importo omesso fino a 4 volte il medesimo importo.
Con riferimento alle tempistiche, per completezza si ricorda che ai sensi dell'art. 14 L. 689/81, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio italiano entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento.
La disposizione è stata modificata introducendo, una deroga al suddetto principio, con una previsione dei tempi per la contestazione della violazione più lunghi.
Per le violazioni riferite ai periodi di omissione dal 1° gennaio 2023, gli estremi della violazione devono essere notificati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'annualità oggetto di violazione.
Misura dell'omissione |
Misura della sanzione |
Nuove sanzioni post Decreto Lavoro |
---|---|---|
Inferiore a euro 10.000 (importo annuo) |
Sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 50.000 |
Da 1,5 a 4 volte la misura dell'omissione |
Superiore a euro 10.000 (importo annuo) |
Reclusione fino a tre anni e sanzione amministrativa fino a euro 1.032 |
Reclusione fino a tre anni e sanzione amministrativa fino a euro 1.032 |
Il contenuto dell'ordinanza
La Corte Costituzionale fornisce un excursus dell'evoluzione normativa e del caso sollevato dal tribunale, descrivendo anche gli elementi di innovazione introdotti sul tema.
L'ordinanza rileva anche la circostanza secondo cui il valore punitivo della sanzione amministrativa, consenta di assimilarla alla sanzione penale, con conseguente applicazione del principio di retroattività ai sensi dell'art. 2 c. 2 c.p. con potenziali importanti conseguenze anche sulle precedenti sanzioni irrogate dall'INPS e non ancora assolte dal contribuente (a tal proposito si ritiene che nel caso in cui il datore di lavoro abbia provveduto ad eseguire il pagamento delle sanzioni in data antecedente all'entrata in vigore del decreto, il rapporto con l'istituto si intende risolto e non potrà trovare applicazione il nuovo regime sanzionatorio).
Ciò, infatti, comporterebbe che anche in caso di notifica già avvenuta da parte dell'INPS dell'omissione contributiva si possa procedere con l'applicazione della nuova sanzione così come riformulata dal nuovo Decreto.
In definitiva la corte rimette ai tribunali il compito di valutare se e in che misura le novità introdotte nel 2023 dal Decreto Lavoro siano tali da incidere sulle questioni sollevate sul tema della proporzionalità. Non ci resta che attendere l'epilogo della vicenda per apprezzare concretamente la portata delle novità introdotte sul tema.
Fonte: C.Cost. 3 novembre 2023 n. 199
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