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venerdì 27/10/2023 • 06:00

Lavoro Omissioni contributive

Riders: il Tribunale di Milano conferma la subordinazione

Con la sentenza del 19 ottobre 2023 n. 3237, il Tribunale di Milano si è pronunciata sulle omissioni contributive nei confronti di una nota azienda del mercato delle consegne a domicilio mediante i riders. La sentenza si inserisce in un chiaro solco per il quale è la piattaforma digitale che comprime l’autonomia del lavoratore al punto da ricadere nell’eterodirezione.

di Alessandro Marchese - Avvocato, studio Ichino Brugnatelli e associati

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  • Tempo di lettura 7 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La causa trae origine da un ricorso proposto da uno dei principali player del settore della consegna del cibo a domicilio avverso i verbali di accertamento e di diffida ad adempiere ricevuti da parte degli Enti (INPS, INAIL e ITL di Milano). Nella specie, gli Enti, nel corso della loro attività ispettiva, avevano accertato che tra i “riders” e la Società sarebbe intercorso un rapporto lavorativo assoggettabile alla disciplina del lavoro subordinato in virtù della configurazione del requisito della etero-organizzazione previsto dall'art. 2, D.Lgs. 81/2015. Tale norma “di disciplina”, infatti, prevede che nei rapporti di collaborazione, al ricorrere del predetto requisito, “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”. E per tale per tale ragione gli enti accertatori avevano ravvisato la relativa omissione contributiva.

Il Tribunale di Milano, nel decidere la controversia, ha, in primo luogo, fornito un sintetico, ma puntuale, riepilogo delle argomentazioni difensive delle parti. In particolare, la società ricorrente ha precisato che:

  • la piattaforma informatica consentirebbe ai collaboratori la possibilità di offrire o meno la propria prestazione per il trasporto di pasti e che quindi la loro opera sarebbe del tutto eventuale e non continuativa;
  • ciascun rider firmerebbe un contratto che espliciterebbe i termini e le condizioni applicabili alle eventuali attività che dovessero essere di volta in volta concordate;
  • ciascun rider riceverebbe delle credenziali (login e password) per accedere all'applicazione scaricata sul proprio smartphone attraverso la quale sarebbe offerta la possibilità di inserirsi in uno slot di consegna che potrebbe essere accettato dal corriere;
  • i riders potrebbero lavorare anche per altri committenti;
  • anche dopo la prenotazione di uno slot di consegna, il rider avrebbe la facoltà di consegnare o non nell'ambito dello stesso;
  • i riders sarebbero liberi di decidere il tragitto per la consegna;
  • l'eventuale estensione della disciplina del lavoro subordinato prevista dall'art. 2, riguarderebbe solo il piano lavorativo e non quello previdenziale.

Gli Enti, in risposta alle tesi della società, in sintesi, hanno osservato che, dagli accertamenti effettuati, sarebbero emersi questi elementi di fatto:

  • la gestione dell'ordine da parte di un rider sarebbe composta da fasi scandite dall'azienda, tutte tracciate, tramite l'app, dal sistema: accettazione dell'ordine; segnalazione di arrivo al ristorante; segnalazione di ritiro merce; segnalazione di arrivo presso il cliente; segnalazione di ordine consegnato al cliente;
  • I dati relativi all'ordine nel suo complesso sarebbero conservati nel sistema aziendale;
  • La localizzazione del rider e la sua posizione nello specifico momento sarebbero utilizzate dal sistema in fase di assegnazione dell'ordine;
  • al rider connesso che non abbia un numero minimo di ordini, spetterebbe comunque un corrispettivo minimo;
  • il rider, inoltre, avrebbe poca autonomia in ragione della costante geolocalizzazione ad opera della piattaforma;
  • il rider in caso di difficoltà si rapporterebbe continuamente con l'operatore della società;
  • i riders riceverebbero in dotazione dall'azienda uniformi e attrezzature con il logo aziendale;
  • l'App, poi, prevederebbe un sistema di turnazione per il quale ogni rider, per poter essere ammesso ad effettuare la prestazione lavorativa, dovrebbe prenotare la fascia oraria in cui si ponga a disposizione della piattaforma per la consegna.

Le motivazioni del Tribunale di Milano

Il Giudice milanese, dopo aver respinto alcune questioni preliminari sollevate dagli Enti sull'inammissibilità del ricorso, ha rigettato l'argomento della società secondo cui l'estensione della disciplina del lavoro subordinato ex art. 2 D.Lgs. 81/2015 non riguarderebbe la sfera previdenziale. La sentenza richiama infatti, il principio del “parallelismo ed automatismo” tra l'applicazione della disciplina lavoristica e quella previdenziale riflettendo sul fatto che: “la relazione di lavoro è il presupposto che giustifica l'insorgenza del rapporto giuridico, che, una volta qualificato, con individuazione della sua disciplina giuridica, determina, in conseguenza, quella previdenziale. Cosicché, qualora si debba fare applicazione, sussistendone i presupposti, del primo comma dell'art. 2, con estensione ai collaboratori eterorganizzati della disciplina del lavoro subordinato, evidentemente, ne seguirebbe, per il descritto parallelismo, l'applicazione della relativa normativa stabilita per i lavoratori eterodiretti dal lato previdenziale.”

Circa il nocciolo della vicenda, il Tribunale di Milano, ha subito richiamato l'interpretazione del “lavoro etero organizzato” fornita dalla Cassazione con la nota sentenza n. 1663/2020 secondo cui l'art. 2 cit. sarebbe una “norma di disciplina” attuativa di una precisa scelta di politica legislativa protettiva verso il lavoratore. In buona sostanza, la mera configurazione dei requisiti previsti della norma basterebbe per l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato non avendo senso, secondo la Corte: “interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell'autonomia, perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l'ordinamento ha statuito espressamente l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina”.

La sentenza ha poi analizzato l'esito dell'istruttoria testimoniale dalla quale, a dire del Giudice, emergerebbe “etero-direzione” configurandosi quindi la fattispecie dell'art. 2 D.Lgs. 81/2015. Il Giudice, si è soffermato, con una robusta trattazione (la sentenza si compone di 48 pagine), sulla fase genetica del rapporto e sulla successiva fase esecutiva funzionale. In particolare, la sentenza ha accertato che:

“ciascun rider, oltre all'autonomia nella fase genetica del rapporto circa la scelta di se e quando lavorare per la opponente, non conserva un'autonomia di alcun rilievo nella fase funzionale della relazione giuridica, nella quale non solo sono vincolati i luoghi e i tempi di lavoro dopo la scelta del lunedì per la settimana successiva dei turni nella piattaforma, ma soprattutto, nella fase poi esecutiva di tali prestazioni programmate, perde ogni possibilità di autonomia a causa della guida vincolata dell'App SSB che lo impegna a presentarsi entro 15 minuti dall'inizio del turno e, poi, lo controlla nell'intera prestazione, inducendolo non solo a attestare con un pulsante l'accettazione dell'ordine, ma, dopo di ciò, a cliccare il tasto di arrivo al ristorante, quello di recezione del cibo, quello di consegna al cliente, con continua geolocalizzazione del suo operato) e senza possibilità di organizzarsi diversamente (…) Sicchè, si può osservare come l'unica autonomia restata al collaboratore, nella fase funzionale, è quella di scegliere il tragitto da effettuarsi (una strada piuttosto che un'altra)”.

La portata della sentenza e l'indirizzo consolidato della giurisprudenza

La sentenza è innegabilmente severa e potrà comportare significative ricadute economiche in caso gli eventuali successivi gradi di giudizio confermino la correttezza dell'accertamento. Va detto però che il percorso logico argomentativo sembra in effetti chiaro ed appare ancorato ad una precisa valorizzazione delle concrete effettive modalità di svolgimento del lavoro “gestite” attraverso la piattaforma digitale. Ormai sembra comunque delineato un orientamento univoco ben definito dei giudici di merito: la sentenza in esame si inserisce in un chiaro solco (ex pluris Trib. Torino, 7 maggio 2018 n. 778; Trib. Milano, 10 settembre 2018, n. 1853App. Torino, 4 febbraio 2019, n. 26; Trib. Palermo, 24 novembre 2020, n. 3570) per il quale è proprio la piattaforma digitale, che, per quanto gestita da un algoritmo “autonomo”, a comprimere l'autonomia del lavoratore al punto da ricadere nell'eterodirezione.

Fonte: Trib. Milano 19 ottobre 2023 n. 3237

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