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martedì 24/10/2023 • 06:00

Impresa Nuove prospettive

Commercio internazionale: opportunità per il Made in Italy

La crescita dell’export dall’Italia pone in primo piano l’importanza dei processi di internazionalizzazione e delle competenze, soprattutto in materia doganale. Il tema del Made In Italy e del commercio internazionale risulta correlato alla normativa doganale, in relazione alla classificazione, valore e origine delle merci. Due riforme incideranno sugli scambi internazionali: la riforma del Codice doganale europeo e la riforma fiscale.

di Sara Armella - Avvocato, Studio legale Armella & Associati

di Tatiana Salvi - Avvocato, Studio legale Armella & Associati

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  • Tempo di lettura 10 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Nuove prospettive del commercio internazionale Negli ultimi anni il settore dell'import-export è stato interessato da numerosi cambiamenti. I nuovi scenari geopolitici, la lotta all'inquinamento, la necessità di ricercare nuove opportunità commerciali, proteggendo al tempo stesso il mercato interno, hanno portato l'Unione europea ad adottare diverse normative. La proliferazione di regolamenti europei, che impongono nuovi obblighi da rispettare in fase di import e di export rappresenta un fattore di complessità doganale per tutti gli operatori che operano nel commercio internazionale. Dai divieti ai dazi antidumping, fino alle autorizzazioni dual use e alle misure di export control: sono molteplici i fattori di complessità che devono essere attentamente valutati dalle imprese, attraverso un'accurata due diligence. Le misure di salvaguardia adottate dall'Unione europea sono in costante aumento. Alla fine del 2022 nell'Unione europea erano in vigore 177 misure definitive di difesa commerciale, di cui 117 misure antidumping definitive, 21 misure antisovvenzioni e una misura di salvaguardia, con un aumento di 14 misure rispetto al 2021. Secondo la quarantunesima relazione annuale della Commissione europea, pubblicata il 6 settembre scorso, il livello di attività d'inchiesta nel 2022 è stato in linea con gli anni precedenti, con 99 inchieste in corso. Lo strumento antidumping rimane, pertanto, il più utilizzato a livello unionale per la tutela del mercato interno. Sono in costante aumento anche i divieti e le misure protezionistiche. A seguito del conflitto russo-ucraino, l'Unione europea ha adottato undici diversi pacchetti di sanzioni, vietando l'importazione e l'esportazione di numerosi prodotti. L'Unione europea si classifica al quinto posto, dopo Stati Uniti, India, Russia, Brasile e Cina, tra i Paesi più protezionistici. Si stima che dal 2000 al 2020 siano state introdotte più di duemila misure restrittive. Sono sempre più diffuse, inoltre, le normative di settore che prevedono restrizioni agli scambi commerciali. Negli ultimi anni l'Unione europea ha adottato un approccio sempre più green, volto a ridurre l'inquinamento e a proteggere l'ambiente. Al fine di ridurre le emissioni di carbonio, l'UE ha introdotto il CBAM (Carbon tax adjustment mechanism, Reg. UE 956/2023), un vero e proprio tributo ambientale che interessa diverse tipologie di prodotti, quali il cemento, ferro e acciaio, idrogeno, alluminio ed elettricità. Il CBAM svolgerà la funzione di riequilibrare il dumping con riferimento a Paesi extra-Ue che esportano in territorio europeo merci prodotte con un livello di sostenibilità ambientale ritenuto non sufficiente. Dal 17 ottobre scorso è in vigore, inoltre, il divieto di importare nell'Unione europea le microplastiche, minuscoli frammenti di polimeri non solubili in acqua e dannosi per l'ambiente e la salute umana (Regolamento UE 2023/2055, che ha introdotto alcune importanti novità all'allegato XVII del Regolamento Reach, Reg. CE 1907/2006). Tra le misure a tutela dell'ambiente si segnala anche la normativa sulla deforestazione (Reg. UE 1115/2023), che introduce, dal 30 dicembre 2024, nuovi obblighi informativi e dichiarativi a carico delle imprese che operano nei settori interessati. Obiettivo di tali misure è combattere la deforestazione e ridurre il contributo dell'Unione europea alle emissioni di gas a effetto serra. È in costante aumento anche il numero di accordi di libero scambio. Nel mondo sono in vigore 356 accordi, che consentono di beneficiare di esenzioni o riduzioni daziarie. Secondo i dati della Commissione europea (aggiornati a ottobre 2022), nell'Unione europea sono in vigore 42 Accordi di libero scambio con 74 Paesi extra-UE. Oltre il 44% del commercio extra-UE è coperto da accordi di libero scambio. Oltre all'unione doganale con Andorra, Monaco, San Marino e Turchia e lo Spazio economico europeo con Norvegia, Islanda, Liechtenstein, l'Unione europea ha infatti concluso numerosi Accordi di libero scambio, suddivisi in trattati di vecchia e di nuova generazione. Tra i più recenti Accordi di nuova generazione, si segnalano quelli con Singapore, Corea del sud, Canada, Giappone, Vietnam e Regno Unito. La frammentazione delle regole di origine e delle condizioni di agevolazione rendono necessario una costante aggiornamento da parte delle aziende. Cambiano anche le dinamiche del commercio internazionale. L'incremento esponenziale degli scambi internazionali, favorita dallo sviluppo tecnologico e dei trasporti ha cambiato profondamente la geografia degli scambi, facendo crescere rapidamente il peso dei Paesi in via di sviluppo. Con la diffusione dell'e-commerce, e il conseguente coinvolgimento dei consumatori, si è passati, inoltre, da un approccio BTB (business to business) a BTC (business to consumer). Qualità e garanzia del marchio “Made in Italy” Nonostante i numerosi fattori di complessità doganale che interessano gli scambi internazionali, l'export italiano sta vivendo una fase di costante crescita. La capacità delle imprese italiane di espandersi nei mercati internazionali, la realizzazione di prodotti di qualità di indiscusso valore e la forza del marchio “Made in Italy” rendono l'Italia il sesto Paese al mondo per volumi di esportazioni. Il marchio “Made in Italy”, da sempre sinonimo di eccellenza, è considerato segno distintivo dei valori della tradizione, della cultura, del design e della creatività del nostro Paese. L'Italia conta, infatti, uno dei patrimoni storico-culturali più importanti al mondo e rappresenta un brand di crescente valore in un mercato internazionale sempre più frammentato e competitivo. Nonostante le crescenti misure protezionistiche e i sussidi introdotti in molti Paesi a sostegno della produzione nazionale, l'export italiano è riuscito a recuperare rapidamente, e a superare, i livelli pre-pandemici, affermandosi come settore trainante dell'economia italiana. Nello specifico, nel 2023 il nostro Paese registra una crescita delle vendite di beni oltreconfine che superano i 660 miliardi di euro; altrettanto positivo risulta il dato dell'export dei servizi, che conquista un +7% rispetto allo scorso anno, grazie soprattutto alla piena ripresa del settore turistico e ai servizi di trasporto. Inoltre, lo scorso maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Fondo sovrano sul Made in Italy. Il disegno legge, presentato il 27 luglio 2023 alla Camera (C. 1341), prevede il finanziamento di 700 milioni di euro a sostegno del marchio Made in Italy, nell'ottica di un maggiore rafforzamento e rilancio delle filiere strategiche nazionali. Tra le misure che tale progetto prevede si annoverano: l'istituzione della Giornata nazionale del Made in Italy per il 15 aprile, la creazione di un Liceo ad esso dedicato e di una fondazione “Imprese e competenze per il Made in Italy” che permetta un più vivo raccordo tra le aziende che operano nel settore, l'avvio della nuova “Esposizione nazionale del Made in Italy” in occasione della quale raccogliere ed esporre le eccellenze produttive e culturali italiane, nonché l'ideazione di un Voucher 3I (“Investire In Innovazione”) utilizzabile a sostegno delle principali attività innovative (servizi di consulenza, stesura di domande di brevetto ecc.). Quali scenari per il Made in Italy? Le prospettive macroeconomiche per il Made in Italy, seppur in un contesto di crescenti tensioni commerciali e geopolitiche e di sanzioni alla Russia, risultano tendenzialmente positive. Nel 2024 risulta, infatti, che le vendite all'esterno di beni, in valore, e di servizi cresceranno di un ulteriore 4,5% rispetto al 2023. Nello specifico, sulla base dei dati raccolti dal Report-Export 2023 di Sace, i c.d. beni di investimento (meccanica strumentale, mezzi di trasporto, apparecchi elettrici ecc.) saranno il raggruppamento di punta dell'export italiano nel 2024, quando il tasso di vendita oltreconfine si alzerà di circa il 5%. Questo soprattutto grazie all'attenzione sempre maggiore che il nostro Paese rivolge alla sostenibilità ambientale e alla transazione energetica. Proprio in questo senso, l'Italia, negli ultimi anni, ha mantenuto un vantaggio comparato rispetto agli altri Paesi, posizionandosi seconda solo alla Germania, per quanto riguarda l'export sia di beni ambientali, che di quelli a basse emissioni di carbonio. In merito, invece, alle esportazioni dei c.d. beni intermedi (chimica, metalli, gomma e plastica, estrattiva ecc.), che nell'ultimo biennio hanno conosciuto un ritmo di crescita decisamente sostenuto, nel 2024 si assisterà a un drastico indebolimento. Tali beni, infatti, sono quelli più esposti all'aumento dei prezzi degli input produttivi, essendo realizzati da industrie ad alta intensità energetica, che hanno potuto trasferire più “a valle” i rincari. Quanto, infine, ai c.d. beni di consumo (prodotti in legno, tessile e abbigliamento ecc.), le esportazioni nel prossimo anno risentiranno in maniera significativa della perdita di potere d'acquisto delle famiglie italiane, a causa di un tasso di inflazione più alto e persistente del previsto. Si tratterà, infatti, del raggruppamento con il minor ritmo di crescita nel 2024, registrando un aumento solo del 5%, anche se superiore a quello dell'export complessivo. Commercio internazionale: un fronte che richiede competenza La crescita dell'export del nostro Paese pone in primo piano l'importanza dei processi di internazionalizzazione e il tema delle competenze e della formazione. Vendere all'estero è un'operazione del tutto diversa rispetto alla vendita nel mercato nazionale: la buona riuscita di un piano di export dipende non solo dall'ottima qualità del prodotto, ma anche dalla capacità delle imprese di dotarsi di un'organizzazione aziendale preparata e aggiornata. Vi sono, infatti, complessi istituti e numerose norme di riferimento che devono essere prima di tutto conosciuti e, poi, concretamente applicati per poter realizzare un prodotto compliant con le regole e le agevolazioni internazionali. Di particolare importanza è, soprattutto, la conoscenza delle norme doganali: procedure di export control, prodotti dual use, accordi di libero scambio, sono tutti aspetti fondamentali da approfondire nell'ottica di un'adeguata strategia imprenditoriale. Il tema del “Made In” e del commercio internazionale risulta, infatti, fortemente correlato alla normativa doganale, in relazione soprattutto ai concetti di classificazione, valore e origine delle merci. Dalla pianificazione delle forniture alla conclusione del contratto di vendita, dalla scelta della clausola Incoterms allo studio degli standard tecnici dei Paesi di destinazione: per garantire un'efficace espansione nei mercati internazionali è richiesta competenza, preparazione e costante aggiornamento in settori in continua evoluzione, in particolare: divieti e limitazioni all'import, standard tecnici e tariffe doganali, regimi doganali da adottare, incidenza dei costi di trasporto internazionali, rischi in caso di inadempimento contrattuale, clausole arbitrali internazionali. Inoltre, la tutela degli interessi finanziari dell'Unione contro le pratiche sleali, la riduzione degli ostacoli al commercio e agli investimenti internazionali e l'accresciuta necessità di garantire la sicurezza alle frontiere esterne dell'Unione hanno trasformato il ruolo delle Dogane, assegnando loro una funzione di guida nella catena logistica e rendendole, nella loro attività di monitoraggio e gestione del commercio internazionale, un catalizzatore della competitività dei Paesi e delle società. A testimonianza di tale legame si pongono due ambiziosi “cantieri” di riforma che incideranno profondamente sugli scambi internazionali: la riforma del Codice doganale europeo, presentata lo scorso maggio dalla Commissione europea, e la riforma della disciplina doganale nazionale, prevista dalla riforma fiscale generale di cui alla legge 111/2023. Alla base di tali progetti si pongono l'incremento dei volumi commerciali, l'aumento delle norme UE che devono essere verificate alle frontiere, nonché l'evoluzione delle crisi geopolitiche. In questo contesto, le imprese e i professionisti che operano nel commercio internazionale hanno un ruolo di grande responsabilità nel definire le linee di azione che guideranno l'import-export verso le grandi riforme della normativa doganale. Il Forum di Milano ARcom Formazione organizza il primo “Forum del Commercio Internazionale in Italia”, che si terrà a Milano l'8 novembre e intende porsi come un'occasione di confronto con i principali esperti a livello globale, sui recenti sviluppi nel commercio internazionale, sui nuovi equilibri geo politici, sulle opportunità del friend shoring e sulle novità del settore doganale, anche alla luce della legge di riforma fiscale nazionale e del progetto di riscrittura del codice doganale europeo. ...

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