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lunedì 23/10/2023 • 06:00

Caso Risolto Contrasto giurisprudenziale

Impugnativa del licenziamento e l’eventuale volontà implicita del lavoratore

L’impugnativa del licenziamento deve contenere espressioni precise, predefinite e/o sacramentali, oppure è sufficiente che si evinca la volontà del lavoratore di contestare la legittimità del provvedimento, anche in modo implicito?

di Maria Grazia Paba - Avvocato in Milano

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  • Tempo di lettura 8 min.
  • Ascolta la news 5:03

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L'art. 6 Legge 604/66, al primo comma, prevede che “il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”. Dunque, il licenziamento può essere impugnato con qualsivoglia comunicazione scritta che sia idonea a rendere nota la volontà del lavoratore di impugnare il provvedimento. Al secondo comma, inoltre, la norma stabilisce che “l'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo”. Il caso. Il Tribunale di Milan...

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