lunedì 23/10/2023 • 06:00
Il report L’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile analizza l’impatto positivo e negativo che l’IA può avere sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dall’ONU in Agenda 2030 (SDGs) evidenziando gli indubbi vantaggi dell’IA ma anche la necessità di studiarne i costi ambientali.
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Se ne parla quasi tutti i giorni, ormai: l’intelligenza artificiale, infatti, è al centro di quasi tutti i dibattiti, compreso quello che riguarda la sfida della lotta al cambiamento climatico.
Se ne parla, tuttavia, in modo spesso confuso, come è stato sottolineato in un interessante report del giugno del 2021 (“L’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile”), realizzato dall’AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale), insieme ad altri enti, istituti, con il supporto del Ministero degli affari Esteri.
La complessità emerge dall’analisi post-lettura della “Strategia Nazionale per l’Intelligenza artificiale”, pubblicata un anno prima del report sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico.
Il report, infatti, esordisce affermando che “anche se la materia trattata è complessa abbiamo cercato di spiegarla in termini semplici adottando però la raccomandazione di Albert Einstein: «le cose dovrebbero essere rese più semplici possibile, ma non oltre» […] Questo è un momento di grande entusiasmo per la disciplina, che sta raggiungendo successi superiori alle aspettative in diverse applicazioni. Tuttavia, è importante che il lettore si renda conto dei limiti che ancora sono presenti e degli sforzi che la ricerca sta facendo per superarli”. |
La Strategia Nazionale per l’intelligenza artificiale pubblicata nel 2020
I quattro punti cardinali dell’IA |
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L’Europa |
La collaborazione internazionale (“i fori internazionali di discussione e negoziazione”) |
I principi dell’antropocentrismo, dell’affidabilità e della sostenibilità |
La consapevolezza della necessità di un grande patto tra pubblico e privato |
La Strategia, a dire il vero, pone l’accento soltanto sugli aspetti positivi dell’intelligenza artificiale, sorvolando – dopo avervi fatto soltanto un rapido cenno – sui costi del “più importante cambio di paradigma tecnologico dei nostri tempi”.
Il “piano” – che ha quattro precisi “ancoraggi” – individua, tenendo conto della specializzazione produttiva italiana e della società nel suo complesso, sette settori prioritari per le azioni contenute nella Strategia Nazionale:
Gli impatti positivi su ambiente, infrastrutture e reti
Il settimo settore prioritario della Strategia Nazionale è costituito dall’ambiente, dalle infrastrutture e dalle reti.
L’impiego di “soluzioni AI” può avere impatti (positivi) significativi per ottenere:
“I dati sono il carburante delle tecnologie AI. E sono i dati ad aver ‘cambiato le carte’ in tavola. È stata, infatti, la disponibilità di informazioni in formato digitale, più ancora che l’aumentata capacità di calcolo, a spiegare lo sviluppo dell’IA nell’ultimo decennio”. |
L’intelligenza artificiale, inoltre, viene utilizzata per creare modelli evolutivi attendibili relativi al climate change e permettere ai ricercatori, quindi, di comprenderne meglio i fenomeni scatenanti, integrando continui aggiornamenti sull’evoluzione della situazione reale nel pianeta.
Insomma, l’IA svolge e svolgerà sempre più un ruolo fondamentale nella transizione ambientale, ma…
I costi ambientali
…ma l’intelligenza artificiale, oltre a costituire un’opportunità, presenta anche dei rischi, dal punto di vita della sostenibilità ambientale: programmare un’intelligenza artificiale, infatti, richiede un elevato dispendio di energia.
Per funzionare, infatti, i sistemi di AI necessitano di data center: sebbene molti data center si siano spostati nel cloud, l’impatto non è diminuito, anzi, da una maggiore potenza di calcolo deriva un sempre maggiore impatto ambientale.
Con l’aumentare della complessità algoritmica e del suo utilizzo è necessario adottare nuove soluzioni atte a mitigare gli impatti negativi della tecnologia sull’ambiente. |
L’IA, in sostanza, inquina parecchio: secondo una ricerca pubblicata su “NewScientist”, “sviluppare una singola intelligenza artificiale determina l’emissione di 284 tonnellate di anidride carbonica. Cinque volte l’impatto ambientale medio di un’automobile durante il suo intero ciclo di vita”.
Di questi aspetti – anche di questi aspetti – si è occupato il report “L’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile”, che, nella convinzione che queste sfide rappresentino il vero traguardo da raggiungere per conseguire il benessere del genere umano e del pianeta intero, ha analizzato l’impatto positivo e negativo che l’IA può avere sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dall’ONU nell’Agenda 2030 (SDGs): nella ricerca di base (questo è l’assunto) “non sappiamo da dove verrà fuori una nuova idea che porterà successivamente a grandi risultati. Sappiamo che nessuna idea deve essere trascurata. I risultati negativi possono essere altrettanto importanti delle scoperte”.
È vero che l’inquinamento digitale può essere ridotto, con degli interventi strutturali a livello dei grandi data center aziendali, ad esempio, o con il massiccio utilizzo di energia rinnovabile o – ancora – di piattaforme che si servono di algoritmi più semplici ed efficienti e dotati di server posizionati in luoghi in cui la produzione energetica genera meno emissioni.
Ma non basta: a monte, infatti, servono forti decisioni (e ancora prima, prese di posizione) politiche, tant’è che il report – dopo un lungo excursus (324 pagine) che va dalla definizione di AI all’analisi dell’«avatar negoziale nei negoziati internazionali», passando per lo studio dell’Intelligenza Artificiale per lo sviluppo sostenibile e la comprensione delle strategie nazionali di IA nei Paesi del mondo – ha elencato una serie di «raccomandazioni di indirizzo politico» all’Italia, all’Europa e al mondo intero sulla modalità in cui dovrebbe essere portata avanti la ricerca e “dovrebbero essere promosse le applicazioni nel campo dell’Intelligenza Artificiale evitando effetti distopici ed esaltando i risultati benefici per l’umanità ed il pianeta”.
Si tratta di raccomandazioni che “forniscono suggerimenti innovativi, non banali e spesso trascurati nella narrazione corrente”, e “dovrebbero essere poste a base dello sviluppo e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte del genere umano”.
Il decalogo di raccomandazioni per l’IA
Sono dieci le raccomandazioni che il report ha formulato.
Si parte dalla ricerca, in una triplice accezione:
In ogni caso occorre creare una catena di trasmissione che consenta di far passare le conoscenze fra le tre aree individuate.
La seconda raccomandazione riguarda la necessità di avere – e di migliorare – un approccio multidisciplinare, che necessita di una cultura diffusa dell’Intelligenza Artificiale fra gli specialisti delle diverse discipline, senza la quale “non saremo in grado di accogliere nello stesso tavolo esperti delle diverse discipline del sapere”.
Le infrastrutture per l’intelligenza artificiale rappresentano la terza tipologia di raccomandazioni:
Architetture a più livelli: fog computing e EDGE computing (calcolo realizzato in device distribuiti). |
Per promuovere le infrastrutture per l’IA (terza raccomandazione) abbiamo bisogno di “realizzare architetture a più livelli dove le infrastrutture cloud possano essere coniugate con server aziendali […] di realizzare protocolli aperti per far colloquiare entità di fornitori diversi […] di puntare su sistemi a risparmio energetico, sia attraverso fonti di energia rinnovabile sia attraverso l’ottimizzazione dei sistemi di apprendimento (sistemi capaci di astrazione)”.
Uno degli obiettivi che il mondo della ricerca si sta ponendo, particolarmente in Europa, è quello di arrivare a sistemi di Intelligenza Artificiale che siano capaci di spiegare il proprio comportamento: la quarta raccomandazione parte da questa considerazione, e sottolinea la necessità di comprendere che “questa esigenza deve essere bilanciata e raccomandata, senza però demonizzare sistemi che emulano la parte intuitiva e meno cosciente della nostra intelligenza”.
Quindi (e siamo alla quinta raccomandazione) occorre indirizzare l’IA verso il benessere: occorre mettere l’ambiente ed il pianeta Terra al centro dell’attenzione, perché “l’ambiente è la vera risorsa scarsa da prendere in considerazione da un punto di vista economico”. Per far ciò, è necessario mettere a punto una serie di indicatori di benessere condivisi a livello mondiale e misurare il progresso con questi, “superando una visione della crescita legata alla distruzione dell’ambiente, allo spreco, al consumo e a condizioni di lavoro e di vita non sostenibili”.
Il benessere è richiamato anche nella settima raccomandazione, nella quale il report afferma che “le scelte della politica non possono procedere in una direzione virtuosa senza consenso dei cittadini. Se le persone sono dotate di scarsa cultura e sensibilità verso i temi del benessere e della sostenibilità nessun governo potrà assumere decisioni virtuose, senza decisioni dittatoriali. Le persone devono essere informate, ed avere accesso alle conoscenze, competenze e capacità di comprensione che permettono loro di sopravvivere e migliorare le proprie condizioni nel contesto in cui vivono. Altrimenti non saranno nemmeno in grado di giudicare i propri governanti e questo porterà ad una diminuzione di democrazia nei paesi e peggioramento delle condizioni di vita per tutti”. |
La seconda parte del decalogo si apre con una raccomandazione “particolare”, quella che ribalta il modus operandi finora utilizzato: occorre, infatti, superare la cultura dei regolamenti come unico mezzo di contrasto ai rischi.
L’intelligenza artificiale, nelle sue varie declinazioni e paradigmi, “è una tecnologia dichiarativa”, nella quale – a differenza dei programmi tradizionali, dove il programmatore descrive un algoritmo che porta alla soluzione del problema – “il programmatore descrive il problema, i vincoli, gli strumenti che abbiamo a disposizione ed il contesto in cui dovrà operare”, e sarà poi la macchina ad inventare l’algoritmo.
Le ultime tre raccomandazioni riguardano le necessità di:
Sullo sfondo, la necessità di semplificare, ma attenzione: la materia è complessa, e occorre spiegarla in termini semplici, adottando però la raccomandazione di Albert Einstein: «le cose dovrebbero essere rese più semplici possibile, ma non oltre».
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