Con la circolare n. 27 del 12 ottobre 2023, Assonime ha espresso il proprio parere sul consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate secondo cui è necessario qualificare come royalties (e non come utili d’impresa) i pagamenti corrisposti a soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia a fronte della concessione del diritto di usare, riprodurre e distribuire il software.
Sulla base di questa posizione interpretativa, espressa da ultimo nel principio di diritto n. 5 del 2023, viene confermata la possibilità per l’Italia – qualora non sia diversamente previsto dalla specifica disciplina convenzionale che, di volta in volta, viene in rilievo nel singolo caso concreto – di esercitare la propria potestà impositiva (quale Paese della fonte) su tali pagamenti, con conseguente loro assoggettamento a imposizione mediante ritenuta alla fonte in uscita nella misura del 30% (ex art. 23 c. 2 lett. c DPR 917/86 e art. 25 c. 4 DPR 600/73 (fatta salva, ovviamente, l’applicazione di una ritenuta in misura ridotta, laddove prevista dalla relativa disciplina convenzionale applicabile).
Secondo le Associate, il principio di diritto n. 5 del 2023 desterebbe qualche preoccupazione, in quanto in esso l’Agenzia delle Entrate ometterebbe qualsiasi riferimento al par. 14.4 del Commentario all’art. 12 del Modello OCSE e, cioè, al paragrafo introdotto nel luglio 2008 proprio con il dichiarato intento di escludere dalla qualificazione come royalties i pagamenti che vengono effettuati a una software house estera (detentrice del copyright del software) da parte di un distributore che si qualifica in termini di mero “intermediario” nella commercializzazione del software stesso; distributore, quindi, privo di qualsiasi diritto attinente alla riproduzione o alla modifica del software. Questi pagamenti, in base al citato par. 14.4, dovrebbero essere qualificati in ogni caso come business profits e, pertanto, rientrare nella nozione di redditi di impresa contenuta all’art. 7 del Modello OCSE, con la conseguenza che lo Stato italiano non potrebbe esercitare su di essi la propria potestà impositiva e, quindi, non potrebbe operare alcuna ritenuta in uscita quale Paese della fonte.
Secondo Assonime, post 2008 non dovrebbero sussistere dubbi circa il fatto che i compensi versati a soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia per distribuire un software ai propri clienti (senza poter effettuare modificazioni di sorta e secondo le indicazioni del licenziante estero) non siano qualificabili come royalties e, pertanto, non debbano essere assoggettati a ritenuta in uscita, ma piuttosto essere qualificati come redditi d’impresa e, quindi, non soggetti alla potestà impositiva italiana in assenza di una stabile organizzazione in Italia del soggetto percipiente.