giovedì 12/10/2023 • 06:00
Dopo l’entrata in vigore delle disposizioni del Decreto Lavoro sui contratti a termine e la somministrazione di lavoro, il Ministero del Lavoro è intervenuto chiarendo che i contratti collettivi devono individuare le concrete condizioni per il ricorso del contratto a termine. Si forniscono inoltre esempi di computo del periodo acausale di utilizzo, anche ai fini di proroghe e rinnovi.
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Ancora utilizzabili le condizioni previste dai contratti collettivi prima dell'entrata in vigore del Decreto Lavoro per la stipulazione dei contratti a termine.
È questa l'interpretazione del Ministero del lavoro contenuta nella circolare n. 9 del 9 ottobre 2023, nella quale vengono forniti anche ulteriori chiarimenti sulle novità introdotte in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e sulla somministrazione di lavoro.
Come noto, l'art. 24 DL 48/2023 conv. in Legge 85/2023 ha apportato alcune modifiche ai due istituti, intervenendo su alcuni aspetti che, dopo l'intervento in materia ad opera del DL 87/2018, il c.d. Decreto Dignità, presentavano maggiori criticità applicative.
Il nuovo ruolo dei contratti collettivi
Tra gli interventi apportati dal legislatore quello indubbiamente più significativo ha riguardato le condizioni che consentono la stipulazione per un periodo superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 mesi, senza le condizioni previste dall'art. 19, c. 1, D.Lgs. 81/2015.
La filosofia che ha ispirato il legislatore è stata quella di assegnare il ruolo principale alle parti sociali alle quali è affidata l'individuazione dei casi mediante i contratti collettivi di cui all'articolo 51.
Invero, fino al 4 maggio 2023, cioè prima dell'entrata in vigore del Decreto Lavoro, l'articolo 19 assegnava già ai contratti collettivi l'individuazione delle specifiche esigenze con le medesime finalità derogatorie indicate.
Come si può notare, tuttavia, le due previsioni non hanno il medesimo tenore letterale in quanto quella oggi vigente amplia la prerogativa assegnata ai contratti collettivi.
Potranno infatti indicare i casi e non invece dover individuare le specifiche esigenze, ipotesi più limitativa rispetto a quella che poteva derivare dalla disciplina previgente.
La disciplina transitoria
Orbene, considerando la disciplina prevista dai contratti collettivi già vigenti alla data del 4 maggio 2023, un dubbio riguarda l'applicabilità o meno anche dopo le modifiche introdotte dal richiamato Decreto Lavoro.
Le diverse interpretazioni non sono di poco conto in quanto dall'applicabilità o meno dei suddetti contratti collettivi deriva la possibilità per le parti del contratto individuale di poter applicare la disciplina transitoria prevista dall'art. 19, c. 1, lett. b), D.Lgs. 81/2015.
Segnatamente, è previsto che in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) del medesimo articolo nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.
Le concrete condizioni di ricordo al contratto a termine
Su questo aspetto la circolare n. 9/2023 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ritiene che restino utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata.
L'applicazione delle suddette condizioni per il Ministero potrà continuare e quindi le ipotesi individuate dalle parti sociali potranno essere utilizzate in sede di stipulazione del contratto individuale per il periodo di vigenza del contratto collettivo.
Il computo del periodo acausale
Altro aspetto su cui la circolare fornisce chiarimenti riguarda il computo della durata di occupazione a tempo determinato senza il ricorso alle condizioni previste dal più volte richiamato art. 19, c. 1, D.Lgs. 81/2015, anche ai fini delle proroghe e dei rinnovi.
La questione dei rinnovi, regolata dall'art. 21 D.Lgs. 81/2015 assume oramai una notevole importanza a seguito delle modifiche apportate dal DL 48/2023.
La stipulazione del contratto a tempo determinato acausale entro il limite massimo di durata ed alle condizioni previste si applica non solo in sede di stipulazione o di proroga ma anche ai rinnovi.
Tornando al computo del periodo della durata in parola, in sede di conversione del Decreto Lavoro, all'art. 24 è stato inserito il c. 1-ter che prevede, ai fini del computo del termine di 12 mesi previsto dall'art. 19, c. 1, e dall'art. 21, c. 01, D.Lgs. 81/2015, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (5 maggio 2023).
In buona sostanza, le parti possono liberamente stipulare, prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato c.d. acausali tenendo conto dei periodi di occupazione e tenendo conto dei contratti stipulati da tale data.
La circolare n. 9/2023 puntualizza che l'espressione “contratti stipulati” utilizzata al comma 1-ter dell'articolo 24 è riferita sia ai rinnovi di precedenti contratti di lavoro a termine sia alle proroghe di contratti già in essere. Tale lettura risulta, peraltro, coerente con il nuovo testo del comma 01 dell'art. 21 D.Lgs. 81/2015 - come modificato proprio dal Decreto Lavoro - ove è stato sostanzialmente uniformato il regime delle proroghe e dei rinnovi nei primi dodici mesi del rapporto di lavoro a termine.
2 esempi
Per il Ministero se successivamente al 5 maggio 2023 sia venuto a scadenza un contratto di lavoro a termine instaurato prima di tale data, lo stesso contratto, in virtù della disposizione entrata in vigore il 4 luglio 2023, potrà essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori 12 mesi.
Diversamente, sempre a titolo di esempio, se nel periodo intercorrente tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 - data di entrata in vigore del comma 1-ter - le parti abbiano già rinnovato o prorogato un rapporto di lavoro a termine per 6 mesi, le stesse avranno la possibilità di fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo non superiore a 6 mesi “senza condizioni”.
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