sabato 07/10/2023 • 06:00
Per la Corte UE, il conferimento in omaggio di un tablet, del valore unitario inferiore ad euro 50, ai nuovi abbonati per la consultazione della versione digitale delle riviste acquistate in abbonamento e come corrispettivo della sottoscrizione, costituisce ai fini IVA una prestazione accessoria alla principale di fornitura delle riviste e rientra nella nozione di cessione di beni a titolo oneroso.
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I fatti di causa
La ricorrente è una società commerciale portoghese che commercializza riviste vendute esclusivamente per mezzo di un sistema di abbonamenti. Per incrementare le vendite, nell'ambito di campagne promozionali questa offre un omaggio ai nuovi abbonati, consistente in un tablet di valore unitario inferiore ad euro 50. Tali omaggi erano acquistati da società stabilite nell'UE e si inseriscono nell'ambito degli acquisti intra UE per i quali si applica il regime di inversione contabile dell'IVA.
L'omaggio è spedito per posta ai nuovi abbonati unitamente alla rivista ed a seguito del pagamento della prima rata mensile dell'abbonamento, il cui importo è identico a quello delle rate mensili successive. Non essendo previsto un periodo minimo di abbonamento, gli abbonati possono conservare l'omaggio senza incorrere in penalità, dopo aver pagato la prima rata mensile, anche nel caso decidano di annullare l'iscrizione.
L'erario portoghese, a seguito di controllo, constatava che le fatture emesse dalla società in relazione ai nuovi abbonamenti evidenziavano un'aliquota IVA ridotta pari al 6% senza alcun riferimento agli omaggi.
Ritenuto che questi costituissero regali e dal momento che il loro importo complessivo superava il limite normativo di quello Stato di cinque millesimi del volume d'affari dell'anno civile precedente, l'autorità fiscale assoggettava ad IVA la cessione degli omaggi, utilizzando come base imponibile il loro prezzo di acquisto ed applicando un'aliquota del 23%.
La società dopo aver regolarizzato la propria posizione IVA proponeva successivamente un reclamo amministrativo (respinto) volto al rimborso di tale importo.
Dinnanzi al giudice del rinvio investito del ricorso, sosteneva che il conferimento di omaggi ai nuovi abbonati non costituiva una liberalità, in assenza di animus donandi, trattandosi di un pacchetto commerciale consistente in una prestazione di servizi (l'abbonamento), connessa ad una cessione di beni (l'omaggio ai nuovi abbonati), a fronte di un corrispettivo economico incluso nel valore dell'abbonamento.
Il giudice del rinvio si è chiesto, in primo luogo, se si potesse considerare che l'omaggio ai nuovi abbonati fosse conferito come corrispettivo di un valore, sebbene non identificato o individualizzato, e se tale conferimento dovesse essere considerato:
a) come una cessione a titolo gratuito, distinta dall'operazione di abbonamento alle riviste o
b) come parte integrante di un'unica operazione effettuata a titolo oneroso o
c) come parte integrante di un pacchetto commerciale costituito da un'operazione principale (l'abbonamento) e da un'altra accessoria (il conferimento dell'omaggio), considerandosi quest'ultima una cessione a titolo oneroso e strumentale all'abbonamento alla rivista.
I precedenti della Corte UE
La questione in oggetto, affrontata in passato dalla Corte UE da altre angolature, verte sulla necessità, nel sistema IVA, di considerare sempre ogni operazione come normalmente distinta ed indipendente.
Tale esigenza è ricordata dall'Avv. gen. J. Kokott in apertura delle proprie conclusioni al caso C‑581/19, precedente richiamato dalla Corte a sostegno della soluzione della vicenda odierna.
In quelle conclusioni si poneva l'accento sul fatto che la Dir. IVA 2006/112 prevede un sistema differenziato di norme relative al luogo della prestazione, alle esenzioni o all'aliquota.
Qualora si procedesse, in modo indifferenziato, ad una valutazione unitaria ai fini dell'IVA per la presenza di una connessione ratione loci, temporis oppure materiae, si assisterebbe all'aggiramento della differenziazione del sistema (v. C‑231/19, p. 23; C‑463/16, p. 22; C‑432/15, p. 68; C‑497/09, p. 53).
Ne consegue che, in linea di principio, ogni singola prestazione deve essere assoggettata di per sé a una valutazione a fini dell'IVA, anche nel caso in cui sussista una certa connessione tra più prestazioni, in quanto dirette ad un unico obiettivo economico.
Di contro, però, il principio dell'autonomia di ciascuna prestazione non è assoluto (v. concl. C-581/19, p. 20 e ss.), non potendosi procedere ad una divisione artificiale delle prestazioni in presenza di operazioni uniche complesse.
Si registrano al riguardo due forme di deroghe, elaborate dalla Corte UE nel tempo, al principio dell'autonomia della prestazione.
La prima è inerente alle prestazioni uniche complesse, che si prospettano qualora due o più elementi o atti sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, un'unica prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (C‑231/19, p. 23; C‑17/18, p. 33; C‑463/16, p. 22; C‑432/15, p. 70; C‑111/05, p. 23).
L'indagine, al riguardo, deve individuare gli elementi caratteristici dell'operazione di cui trattasi, in particolare collocandosi dal punto di vista del consumatore medio (v. C‑44/11, p. 21).
La seconda, invece, riguarda le prestazioni accessorie dipendenti (come quella in commento) da una prestazione principale, considerate tali quando costituiscono per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore.
Qui la divisione tra le due prestazioni non determina una scomposizione artificiale, dato che in tali casi la prestazione accessoria assume un'importanza secondaria (servente/ausiliaria) rispetto alla prestazione principale ed alla prima si applica la medesima disciplina IVA della seconda (v. C‑231/19, p. 29; C‑44/11, p. 19; C‑41/04, p. 21; C‑34/99, p. 45; C‑349/96, p. 32).
Uno degli elementi di indagine in tali ipotesi è l'assenza di un autonomo interesse economico da parte del consumatore medio, destinatario dell'operazione, dato che lo scopo economico della prestazione accessoria può realizzarsi solo in combinazione con quella principale (v. C‑153/17, p. 33; C‑208/15, p. 29; C‑42/14, p. 35).
La soluzione al caso
Ciò premesso, qui la Corte UE ha osservato che la cessione di omaggi ai nuovi abbonati, quale incentivo all'abbonamento, ha incrementato notevolmente le sottoscrizioni di nuovi abbonamenti, evidenziando un nesso evidente tra le due controprestazioni.
Tuttavia tale nesso non risulta “sufficientemente stretto da consentire di considerare tali prestazioni come inscindibilmente connesse”, dato che il rinnovo dell'abbonamento non dà luogo ad un ulteriore omaggio, la ricorrente ha effettuato campagne promozionali senza offrire omaggi e l'omaggio non persegue alcuna finalità autonoma dal punto di vista del consumatore medio, il quale accetta di pagare almeno un mese di abbonamento per ricevere detto regalo (evidenza della dissociabilità delle prestazioni).
Dato che è proprio l'omaggio a consentire ai nuovi abbonati di beneficiare del servizio principale del fornitore, ovvero la lettura delle riviste in abbonamento, la prestazione accessoria seguirà la principale quale cessione a titolo oneroso.
Fonte: CGUE 5 ottobre 2023 n. C-505/22
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Renato Portale
- Dottore commercialista in LeccoRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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