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mercoledì 04/10/2023 • 06:00

Fisco Liti pendenti

Definizione agevolata: quali sono le prossime scadenze

Entro il 10 ottobre 2023, i contribuenti dovranno depositare in giudizio la copia della domanda di definizione tempestivamente trasmessa e la copia del modello F24 con quietanza attestante l'avvenuto pagamento degli importi dovuti. Entro il 30 settembre 2024 gli uffici dovranno verificare la correttezza delle domande presentate.

di Francesco Villante - Avvocato tributarista, esperto in accertamento e contenzioso

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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I contribuenti che hanno tempestivamente raggiunto il perfezionamento della procedura dovranno affrontare i seguenti ulteriori step procedurali – di cui il primo, obbligatorio, è posto a carico dei contribuenti ed il secondo, eventuale, di competenza degli uffici finanziari:

  • entro il 10 ottobre 2023 sarà necessario depositare in giudizio la copia della domanda tempestivamente trasmessa e la copia del modello F24 con quietanza attestante l'avvenuto pagamento degli importi dovuti. Trattasi di adempimento processuale mediante cui l'organo giurisdizionale dinanzi a cui pende la lite sarà messo nelle condizioni di potere appurare l'avvenuta sanatoria e declarare l'estinzione del procedimento;
  • entro il 30 settembre 2024 gli uffici dovranno verificare la correttezza delle domande presentate e, in presenza di gravi irregolarità, potranno notificare al contribuente il diniego di accesso alla procedura agevolata – provvedimento verso cui il contribuente potrà, a sua volta, presentare impugnazione.

Conseguenze del mancato adempimento

In assenza di esplicite disposizioni di legge, è lecito domandarsi quali conseguenze possano scaturire da un eventuale mancato adempimento del suddetto obbligo di deposito da effettuare entro il 10 ottobre 2023.

Invero, non sembra che ne possa scaturire l'invalidità dell'intera procedura il cui perfezionamento si è in precedenza formato con la presentazione della domanda e con l'avvenuto pagamento e potrà essere revocato esclusivamente da un successivo diniego dell'A.F. per mancanza dei presupposti di accesso.

Potrebbe tutt'al più accadere che, laddove l'ufficio legale dell'A.F. non si attivi per sanare l'inerzia del contribuente, il giudizio prosegua giungendo ad una pronuncia che, in ogni caso, dovrebbe qualificarsi come inutiliter data in considerazione della definizione liti ormai perfezionatasi.

Quanto al possibile diniego da notificare entro il 30 settembre 2024, è utile richiamare quanto precisato nel corso di un evento della stampa specializzata del 20 settembre 2023 dall'A.F. secondo cui, considerate le finalità deflattive del contenzioso della definizione agevolata, la notifica dei dinieghi di accesso alla procedura dovrà essere destinata alle sole irregolarità di maggiore gravità, tutelando le fattispecie in cui vengano commessi errori incolpevoli dovuti alla complessità del calcolo delle somme dovute ed all'incertezza interpretativa della normativa.

Invero, sono rimasti irrisolti molteplici dubbi applicativi in relazione ad alcuni dei quali sarebbe stato utile confrontarsi al momento di presentazione della domanda con gli uffici finanziari interessati per provare a concordare le eventuali modalità operative e per provare ad evitare l'innesco di future querelle.

Tra questi meritano menzione le ipotesi in cui, dopo avere definito una lite pendente avente ad oggetto un avviso di accertamento o un atto di recupero con cui era stato recuperato a tassazione un credito Iva (per indebito acquisto in sospensione d'imposta oltre i limiti del plafond o per indebita compensazione di credito inesistente e/o non spettante), il contribuente miri a recuperare (tramite detrazione, rimborso o compensazione) nelle annualità successive il credito contestato, invocando all'uopo l'avvenuto riversamento dell'imposta dovuta in sede di definizione liti quale legittima fonte rigeneratrice del credito stesso.

Senonché, l'A.F. potrebbe negare il successivo utilizzo del credito invocando i principi da essa già delineati (cfr. risposte AE n. 422 e n. 423 del 30 agosto 2023) secondo cui – sulla base di un univoco orientamento della Corte di Cassazione - la definizione della lite avrebbe un'autonomia giuridica propria ed una sua specifica funzione “senza che possa avere riflessi o interferenze con quanto dovuto sulla linea del procedimento fiscale ordinario”; ergo, i pagamenti avvenuti entro i perimetri della sanatoria non potrebbero avere alcun effetto in merito alla futura utilizzabilità dei crediti oggetto di contestazione.

Osservazioni

Per ottenere la rigenerazione del credito ed il diritto ad un successivo suo utilizzo, l'Agenzia delle Entrate esige che:

  • il contribuente riversi il credito dovuto al di fuori dal perimetro della definizione agevolata;
  • rinunci in tal modo alla lite per la parte di essa avente ad oggetto il solo tributo;
  • presenti, infine, una domanda di definizione liti afferente alle sole sanzioni collegate al tributo che, in quanto tale, potrà perfezionarsi con la sola domanda senza alcun pagamento.

Non può escludersi che alcuni contribuenti abbiano presentato la domanda di definizione liti in un momento antecedente all'emanazione dei predetti chiarimenti, ponendo affidamento nella possibilità di recuperare in ogni caso il credito riversato (in sede di sanatoria). In virtù dei principi che regolano i rapporti tra contribuente e A.F. sembra che tali posizioni risultino comunque meritevoli di tutela, previo confronto con gli uffici finanziari mirato all'individuazione di una soluzione operativa. A titolo esemplificativo, si potrebbe ipotizzare una rettifica del versamento già effettuato in sede di definizione liti con codice tributo ad hoc, facendo in modo che esso possa essere imputato al tributo ordinario ed essere qualificato come mera rinuncia alla lite per la parte avente ad oggetto il credito – tramutando così la domanda già presentata in una definizione liti avente ad oggetto solo la sanzione collegata al tributo.

In alternativa, è elevato il rischio che l'Agenzia delle Entrate neghi il successivo utilizzo del credito con possibilità di innescare ulteriori contenziosi.

Ulteriori dubbi sono sorti, altresì, in merito a rare fattispecie in cui, nell'ambito di un giudizio pendente in grado di appello - previa sentenza di primo grado favorevole al contribuente - sia stata emessa una sentenza (di mero rito) di estinzione del processo per cessazione della materia del contendere verso cui l'A.F. abbia presentato ricorso per revocazione ordinaria.

In tali particolarissimi (e rari) casi, sarebbe giusto domandarsi se il contribuente possa definire la lite pendente dinnanzi al giudice della revocazione ordinaria con il pagamento:

  • del 90% del valore della lite, equiparando la fattispecie ai casi in cui sia intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione con rinvio per i quali la controversia si considera pendente nel giudizio di primo grado;
  • del 40% del valore della lite, tenendo così conto dell'unica pronuncia di merito emessa in primo grado favorevole al contribuente;
  • del 15% del valore lite, qualificando la seconda pronuncia di rito emessa per l'estinzione del procedimento un secondo dispositivo comunque favorevole al contribuente.

È evidente come casi del genere possano essere fonte di futuri contenziosi per evitare i quali potrebbe essere stato utile avere avuto un preventivo confronto con l'ufficio competente a ricevere la domanda di definizione della controversia.

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