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mercoledì 27/09/2023 • 06:00

Impresa Successione d’azienda

Le buone prassi per il passaggio generazionale nell’impresa

Il passaggio generazione di impresa non può seguire mere logiche patrimoniali, ma deve favorire la leadership degli eredi più capaci. Ciò può portare a scelte dolorose, ma il coraggio è una virtù tipica dei capitani di impresa a cui devono attingere anche per l’ultima decisione, con chiarezza e tempestività.

di Marco Cristiano Petrassi - Avvocato, partner SZA Studio Legale, dottore di ricerca in diritto civile

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  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Quella a Silvio Berlusconi è solo una delle successioni di impresa apertesi tra le grandi famiglie italiane.

Nel corso del 2022 era, infatti, scomparso Leonardo Del Vecchio, mentre qualche anno fa era balzato agli onori delle cronache il testamento di Bernardo Caprotti.

Tre capitani di impresa e tre successioni molto diverse tra loro negli esiti.

Se la successione a Silvio Berlusconi si è chiusa in pochi mesi sulla scorta di un accordo tra gli eredi che, di fatto, conferma le indicazioni e le volontà espresse dal padre con il testamento, ancora aperte sono le trattative tra gli eredi di Leonardo Del Vecchio. 

Eppure, le due successioni presentavano elementi di forte analogia.

Sia Berlusconi che Del Vecchio avevano, tra i propri eredi, figli nati da diversi matrimoni o relazioni; entrambi i fondatori, inoltre, hanno anticipato ai figli una parte delle azioni o quote delle holding casseforti di famiglia. Infine, sia Berlusconi che Del Vecchio hanno optato per una divisione di quote che non favorisse nessun erede in particolare.

Gli elementi di una successione veloce

Ma quali sono allora gli elementi che hanno favorito una successione veloce e senza contraccolpi nel gruppo Fininvest e che, invece, sembrano mancare nella vicenda di Luxottica?

La successione ereditaria è vicenda delicatissima che tocca, prima di tutto, le corde personali degli eredi, per i rapporti, a volte irrisolti, con i genitori e tra i fratelli.

A ciò va aggiunto che l'impresa vive di una propria vita, che, come è stata coltivata e alimentata dall'intuito e dalla personalità del fondatore, può essere messa in pericolo dalle liti tra gli eredi e da una loro eventuale incapacità manageriale, il tutto con grave danno per coloro che, sulla continuità dell'impresa nel tempo, hanno fatto affidamento (fornitori, creditori e investitori, dipendenti).

È quindi difficile individuare una regola aurea o una soluzione giuridica valida per tutte le situazioni.

Piuttosto, quello che le due vicende suggeriscono è la fedeltà ad un metodo che guidi anche la scelta dello strumento giuridico per attuare la decisione del padre.

La leadership anticipata

In primo luogo, è opportuno che la leadership dell'impresa sia, in qualche modo, anticipata.

È questa la via seguita da Silvio Berlusconi che, forse costretto dall'impegno politico, fece di necessità virtù, affidando la guida dell'impresa ai due figli maggiori coadiuvati da un consigliere storico quale Fedele Confalonieri.

In sede testamentaria, Berlusconi ha poi rafforzato l'assetto, assegnando ai due figli maggiori la quota disponibile del proprio testamento.

Tuttavia, nel testamento, non sono state assegnate quote definite, ma il patrimonio, pur con le differenze sopra descritte, è stato lasciato in comunione ereditaria.

La scelta della comunione ereditaria è stata criticata da alcuni giuristi, ma, alla prova dei fatti, si sta rivelando vincente perché favorisce il mantenimento di un clima di dialogo tra gli eredi, pur nella differenza delle personalità.

Come detto, gli eredi di Silvio Berlusconi hanno recentemente confermato l'assetto, vincolandosi ad un patto reciproco di lock up per cinque anni, ossia il tempo massimo consentito dalla legge.

La successione Fininvest insegna quindi che, quando possibile, il passaggio generazionale nell'impresa deve essere anticipato, con l'individuazione chiara di una leadership che, al contempo sappia dialogare con gli altri eredi ottenendone l'appoggio.   

Si tratta di un metodo che, del resto, è suggerito dalla migliore letteratura aziendalistica, tanto da essere stato recepito anche dal Codice di Autodisciplina delle Imprese Non Quotata e Controllo Familiare che raccomanda la trasmissione della proprietà e della leadership sia ispirata “a criteri di responsabilità, meritocrazia, spirito di sacrificio, adattabilità al cambiamento, atteggiamento di umiltà, ascolto e ricerca del positivo da parte del successore o dei successori” e che “(…) soprattutto in compagini familiari più articolate (…) in presenza di più eredi, è necessario anche assicurare equità di trattamento, favorire la conoscenza reciproca e l'accettazione della leadership”.

Secondo il Codice di Autodisciplina è fondamentale che “in tutti i casi, (…) l'avvio dell'iter avvenga per tempo, ossia quando l'imprenditore o il leader siano in età tale da garantire un efficace presidio del processo, e comunque sotto la stretta supervisione degli organi di governo”, così da garantire l'efficacia del processo.

Passaggio a soggetti non legati dal sangue

Meno nitido è stato, in questo senso, il disegno di Leonardo Del Vecchio che, nel proprio testamento, ha addirittura incluso soggetti non legati tra loro da un vincolo di sangue (come nel caso del figlio avuto dall'ultima moglie in un precedente matrimonio).

Anche questo elemento ha probabilmente complicato i rapporti e il raggiungimento di un equilibrio di un asse ereditario suddiviso in otto parti uguali.

Una controprova è, a suo modo, il testamento di Bernardo Caprotti che, in un contesto familiare burrascoso, dispose delle quote aziendali favorendo la figlia nata dal secondo matrimonio, senza intaccare la quota di legittima degli altri due figli.

L'individuazione di soggetti capaci

Queste tre vicende successorie esemplificano bene le complicazioni cui può andare incontro il passaggio generazionale in un contesto sociale e culturale come quello attuale.

Che sia per testamento o per patto di famiglia o, ancora, mediante l'attribuzione dal de cuius in vita agli eredi dei diritti di nuda proprietà sulle azioni delle holding di famiglia, il tema principale rimane l'individuazione di coloro che abbiano le capacità, umane e manageriali, di continuare a gestire l'impresa.

Costoro dovranno essere chiaramente indicati dal fondatore e introdotti il prima possibile nella stanza dei bottoni, senza escludere del tutto gli altri eredi ma, anzi, valorizzandone il ruolo di stakeholders primari.

La marginalizzazione di alcuni degli eredi è una scelta coraggiosa che può determinare malumori, ma, sul lungo periodo, premia anche coloro che se ne siano sentiti sminuiti.

La conduzione dell'impresa richiede del resto sempre una buona dose di coraggio, anche per la decisione finale.

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