lunedì 18/09/2023 • 06:00
La Dir. 2008/118, letta unitamente al principio di proporzionalità, non osta ad una norma nazionale che prevede la revoca di una licenza per l’esercizio di un deposito fiscale per violazioni gravi del regime delle accise cumulativamente ad una sanzione pecuniaria per i medesimi fatti, purché tale revoca non sia sproporzionata rispetto alla gravità della violazione.
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I fatti di causa
La domanda pregiudiziale alla Corte UE ha riguardato l'interpretazione dell'art. 16, par. 1 Dir. 2008/118, relativa al sistema generale delle accise (sostituita dal 13.2.2023 dalla Dir. 2020/262), in relazione ad un depositario bulgaro che si era visto ritirare la licenza del deposito fiscale unitamente all'irrogazione da parte della Dogana della sanzione pecuniaria.
La domanda era collegata alla compatibilità o meno alla Dir. 2008/118 della norma interna che prevede la revoca obbligatoria dell'autorizzazione per il futuro, a tempo indeterminato, in aggiunta ad una sanzione amministrativa per i medesimi fatti.
Ciò alla luce sia del c. 2, par. 1, dell'art. 16 citato, che delega ai singoli Stati membri l'individuazione delle “condizioni” dell'autorizzazione al fine di impedire frodi e/o abusi, sia della Racc. 2000/789 della Commissione UE, recante orientamenti sulle autorizzazioni dei depositari dei prodotti soggetti ad accisa, che richiede equilibrio tra l'applicazione dei “criteri rigorosi per la concessione delle autorizzazioni” e “l'agevolazione degli scambi e l'efficacia dei controlli” (art. 2), prevedendo l'annullamento o la revoca soltanto per gravi motivi, e dopo un attento esame della situazione del depositario da parte dell'autorità (art. 7).
Le argomentazioni della Corte UE
L'analisi dei giudici si sono orientate alla verifica del rispetto in primo luogo del principio del «ne bis in idem» di cui all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) e poi di quello di proporzionalità della sanzione (v. art. 49, par. 3 e 52 par. 1).
Quanto al primo (p. 36-80), la Corte UE ricorda che il principio del “bis in idem” vieta un cumulo tanto di procedimenti quanto di sanzioni di natura penale per gli stessi fatti e nei confronti di una stessa persona (C‑117/20, p. 24).
Per stabilire l'applicabilità dell'art. 50 della Carta, occorre determinare se la sanzione pecuniaria e la revoca della licenza possano essere qualificate come “sanzioni di natura penale”.
La Corte richiama i propri precedenti in materia (C‑412/21, p. 27 e C‑97/21, p. 38) che ribadiscono la lettura sostanzialistica del ne bis in idem subordinandolo ai tre criteri della qualificazione giuridica della violazione nel diritto nazionale, della sua natura e del grado di severità della stessa.
La Corte UE, brevemente, ha di fatto mutuato nella propria giurisprudenza i cd criteri Engel inaugurati dalla Corte EDU (Engel c. Paesi Bassi, 8.6.1976), per definire il carattere “sostanzialmente penale” di una sanzione inquadrata “formalmente” dall'ordinamento interno come non penale, applicando poi tali criteri anche ad altri campi, tra cui quello tributario.
Così ragionando, con alcuni precedenti (C‑537/16, C‑596/16 e C‑524/15 Menci) la Corte UE ha formalizzato il passaggio del piano di indagine dal cumulo processuale a quello sostanziale/punitivo, proponendo un principio di “ne bis in idem” neutro ed ibrido, la cui chiave di lettura è il principio di proporzionalità (v. art. 49, par. 3 e 52 par. 1 della Carta) delle sanzioni cumulativamente irrogate, aspetto che può quindi giustificare un doppio binario cumulativo sanzionatorio.
Quanto ai criteri secondo e terzo, ha ritenuto che la sanzione pecuniaria e la revoca della licenza fiscale perseguano obiettivi sia di dissuasione sia di repressione, senza tendere a riparare il danno causato, potendo costituire sanzioni di natura penale tutelate dalla Carta.
Il giudice del rinvio dovrà verificare se il cumulo delle due misure costituisca una limitazione della regola che vieta il bis in idem ai sensi dell'art. 50 della Carta ed altresì se “tale limitazione possa nondimeno essere considerata giustificata sulla base” dell'art. 52, par. 1 della stessa (proporzionalità delle sanzioni, v. C‑117/20, p. 40, C‑412/21 p. 58 e 59).
Anche supponendo che la sanzione o la revoca non abbiano natura penale (art. 50 della Carta), cionondimeno la revoca “dovrebbe comunque rispettare il principio di proporzionalità” (p. 81 e ss) quale principio generale del diritto dell'UE.
Detto principio (v. l'art. 42 del Reg. 952/2013 - CDU) impone agli Stati membri di avvalersi di mezzi che non eccedano quanto necessario al fine previsto dalla norma interna e “qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti” (v. C‑331/88, p. 13; C‑412/21, p. 71).
Ciò anche alla luce del fatto che la revoca non è limitata nel tempo e non consente all'interessato di ottenere successivamente una nuova licenza di esercizio (p. 89), per cui la “proporzionalità” dovrà essere vagliata dal giudice del rinvio.
La normativa interna e le indicazioni della prassi agenziale
Le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione al “regime del deposito fiscale” sono state recepite internamente negli artt. 5 e 23 D.Lgs. 504/1995 (TUA - Testo unico accise).
L'art. 5 ricalca le indicazioni richieste dall'art. 16 par. 2 Dir. 2008/118, richiedendo al depositario di a) prestare cauzione (10 %) sui prodotti che possono ivi essere detenuti, b) conformarsi alle prescrizioni per l'esercizio della vigilanza sul deposito, c) tenere una contabilità dei prodotti ivi detenuti e movimentati, d) introdurre nel deposito fiscale e a iscrivere nella contabilità tutti i prodotti ricevuti sottoposti ad accisa e e) presentare i prodotti ad ogni richiesta e sottoporsi a controlli o accertamenti.
L'art. 23, invece, che costituisce “specificazione quanto ai depositi fiscali di prodotti energetici”, richiede che l'istante sia in possesso di alcuni “requisiti soggettivi”, la cui mancanza o perdita costituisce, rispettivamente, causa di diniego della richiesta di autorizzazione (depositi commerciali) o di licenza di esercizio (stabilimenti di produzione), di sospensione dell'istruttoria per il loro rilascio, di sospensione o di revoca del provvedimento autorizzativo emesso.
L'istante deve quindi dichiarare di:
Fonte: CGUE 14 settembre 2023 (C-820/21)
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